Language of document : ECLI:EU:C:2024:552

Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

27 giugno 2024 (*)

Indice


I. Contesto normativo

A. Il regolamento n. 1/2003

B. Linee direttrici sugli accordi di trasferimento di tecnologia del 2004

C. Linee direttrici sugli accordi di trasferimento di tecnologia del 2014

II. Fatti all’origine della controversa

A. Il Perindopril

B. Le controversie relative al Perindopril

1. Le decisioni dell’UEB

2. Le decisioni dei giudici nazionali

C. Gli accordi transattivi delle controversie relative al Perindopril

1. Gli accordi Niche e Matrix

2. L’accordo di Teva

3. Gli accordi Krka

4. L’accordo Lupin

III. Decisione controversa

IV. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

V. Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

VI. Sull’impugnazione

A. Osservazioni preliminari sulla ricevibilità

B. Sul primo e sul secondo motivo, relativi ai criteri di valutazione delle nozioni di restrizione della concorrenza per oggetto e di concorrenza potenziale

1. Sulla ricevibilità

2. Nel merito

a) Osservazioni preliminari

b) Sui criteri relativi alla concorrenza potenziale (secondo motivo)

1) Argomenti delle parti

2) Giudizio della Corte

c) Sui criteri relativi alla qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto (primo motivo)

1) Argomenti delle parti

2) Giudizio della Corte

C. Sul terzo e sul sesto motivo, relativi agli accordi Niche e Matrix

1. Sul terzo motivo

a) Sulla prima parte, relativa alla concorrenza potenziale

1) Argomenti delle parti

2) Giudizio della Corte

b) Sulla seconda parte, relativa alla qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto

1) Argomenti delle parti

2) Giudizio della Corte

2. Sul sesto motivo, relativo alla qualificazione degli accordi Niche e Matrix come infrazioni distinte

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio della Corte

D. Sul quarto motivo, relativo all’accordo Teva

1. Sulla prima parte, relativa alla concorrenza potenziale

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio della Corte

2. Sulla seconda parte, relativa alla qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto

a) Sugli obiettivi dell’accordo Teva

1) Argomenti delle parti

2) Giudizio della Corte

b) Sull’ambivalenza degli effetti dell’accordo Teva

1) Argomenti delle parti

2) Giudizio della Corte

c) Sulla nocività delle clausole dell’accordo Teva.

1) Argomenti delle parti

2) Giudizio della Corte

d) Sull’ inversione contabile

1) Argomenti delle parti

2) Giudizio della Corte

E. Sul quinto motivo, relativo all’accordo Lupin

1. Sulla prima parte, relativa alla concorrenza potenziale

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio della Corte

2. Sulla seconda parte, relativa alla qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto

a) Sull’inversione contabile

1) Argomenti delle parti

2) Giudizio della Corte

b) Sulla nocività delle clausole dell’accordo Lupin

1) Argomenti delle parti

2) Giudizio della Corte

c) Sull’ambito di applicazione dell’accordo Lupin

1) Argomenti delle parti

2) Giudizio della Corte

3. Sulla terza parte, relativa alla data di cessazione dell’infrazione

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio della Corte

F. Sul settimo motivo, relativo alle ammende

1. Sulla prima parte, relativa alla violazione del principio di legalità dei reati e delle pene

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio della Corte

2. Sulla seconda parte, relativa alla violazione del principio di proporzionalità

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio della Corte

G. Conclusioni sull’impugnazione

VII. Sul ricorso dinanzi al Tribunale

Sulle spese



«Impugnazione – Concorrenza – Prodotti farmaceutici – Mercato del Perindopril – Articolo 101 TFUE – Intese – Concorrenza potenziale – Restrizione della concorrenza per oggetto – Strategia intesa a ritardare l’immissione sul mercato di versioni generiche del Perindopril – Accordo transattivo di controversie in materia di brevetti – Durata dell’infrazione – Nozione di infrazione unica – Annullamento o riduzione dell’ammenda»

Nella causa C‑201/19 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 28 febbraio 2019,

Servier SAS, con sede in Suresnes (Francia),

Servier Laboratories Ltd, con sede in Stoke Poges (Regno Unito),

Les Laboratoires Servier SAS, con sede in Suresnes,

rappresentate da O. de Juvigny, J. Jourdan, T. Reymond, A. Robert, avocats, J. Killick, advocaat, e M.I.F. Utges Manley, solicitor,

ricorrenti,

procedimento in cui le altre parti sono:

Commissione europea, rappresentata inizialmente da F. Castilla Contreras, B. Mongin, e C. Vollrath, successivamente da F. Castilla Contreras, F. Castillo de la Torre, B. Mongin, J. Norris e C. Vollrath, e infine da F. Castilla Contreras, F. Castillo de la Torre, J. Norris e C. Vollrath, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

sostenuta da:

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato inizialmente da D. Guðmundsdóttir, in qualità di agente, assistita da J. Holmes, KC, successivamente da L. Baxter, F. Shibli, D. Guðmundsdóttir e J. Simpson, in qualità di agenti, assistiti da J. Holmes, KC, e P. Woolfe, barrister, e infine da S. Fuller, in qualità di agente, assistito da J. Holmes, KC, e P. Woolfe, barrister,

interveniente in sede d’impugnazione,

European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations (EFPIA), con sede in Ginevra (Svizzera), rappresentata da F. Carlin, avocate,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Arabadjiev (relatore), presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Prima Sezione, P.G. Xuereb, A. Kumin e I. Ziemele, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: M. Longar e R. Şereş, amministratori

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 e del 21 ottobre 2021,

dopo aver sentito le conclusioni dell’avvocata generale all’udienza del 14 luglio 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la loro impugnazione, la Servier SAS, la Servier Laboratories Ltd e la Les Laboratoires Servier SAS chiedono l’annullamento parziale della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 12 dicembre 2018, Servier e a./Commissione (T‑691/14; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2018:922), con la quale quest’ultimo ha parzialmente respinto il loro ricorso volto all’annullamento della decisione C(2014) 4955 final della Commissione, del 9 luglio 2014, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 102 [TFUE] [caso AT.39612 – Perindopril (Servier)] (in prosieguo: la «decisione controversa»), nella parte in cui le riguarda e, in subordine, alla riduzione dell’importo dell’ammenda loro inflitta con tale decisione.

I.      Contesto normativo

A.      Regolamento (CE) n. 1/2003

2        L’articolo 2 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] del trattato (GU 2003, L 1, pag. 1), reca il titolo «Onere della prova» e dispone quanto segue:

«In tutti i procedimenti nazionali o comunitari relativi all’applicazione degli articoli [101] e [102 TFUE] del trattato, l’onere della prova di un’infrazione dell’articolo [101], paragrafo 1, o dell’articolo [102 TFUE] del trattato incombe alla parte o all’autorità che asserisce tale infrazione. Incombe invece all’impresa o associazione di imprese che invoca l’applicazione dell’articolo [101], paragrafo 3, [TFUE] del trattato l’onere di provare che le condizioni in esso enunciate sono soddisfatte».

B.      Linee direttrici sugli accordi di trasferimento di tecnologia del 2004

3        Il punto 209 delle linee direttrici della Commissione europea, del 27 aprile 2004, sull’applicazione dell’articolo [101 TFUE] agli accordi di trasferimento di tecnologia (GU 2004, C 101, pag. 2; in prosieguo: le «linee direttrici del 2004 sugli accordi di trasferimento di tecnologia»), prevede quanto segue:

«Nel contesto di un accordo di composizione transattiva e di un accordo di non rivendicazione, le clausole di non contestazione sono in genere considerate come non rientranti nel campo di applicazione dell’articolo [101], paragrafo 1, TFUE]. È insito in tali accordi il fatto che le parti convengano di non contestare a posteriori i diritti di proprietà di beni immateriali oggetto dell’accordo. Del resto, l’obiettivo dell’accordo è proprio di porre fine alla controversia e/o evitare l’insorgere di controversie in futuro».

C.      Linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101 [TFUE] agli accordi di trasferimento di tecnologia

4        I punti 242 e 243 delle linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101 [TFUE] agli accordi di trasferimento di tecnologia (GU 2014, C 89, pag. 3) sono così formulati:

«Clausole di non contestazione negli accordi transattivi

242.      Nel contesto di un accordo di composizione, le clausole di non contestazione sono in genere considerate come non rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, [TFUE]. È insito in tali accordi il fatto che le parti convengano di non contestare a posteriori i diritti di proprietà di beni immateriali oggetto della controversia. Del resto, l’obiettivo dell’accordo è proprio di porre fine alla controversia e/o evitare l’insorgere di controversie in futuro.

243.      Tuttavia, le clausole di non contestazione negli accordi transattivi possono, in determinate circostanze, produrre effetti anticoncorrenziali e possono rientrare nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, [TFUE]. La restrizione della libertà di contestare un diritto di proprietà di bene immateriale non costituisce oggetto specifico di un diritto di proprietà di beni immateriali e può causare restrizioni della concorrenza. Una clausola di non contestazione può costituire una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, per esempio quando un diritto di proprietà di beni immateriali è stato concesso a seguito di informazioni inesatte o fuorvianti (…). È necessario sottoporre tali clausole a controllo nel caso in cui il licenziante, oltre a concedere in licenza diritti tecnologici, induca il licenziatario, con mezzi finanziari o altri mezzi, ad accettare di non contestare la validità dei diritti tecnologici o se tali diritti sono indispensabili ai fini della produzione del licenziatario (…)».

II.    Fatti all’origine della controversa

5        I fatti, quali risultano dai punti da 1 a 73 della sentenza impugnata, possono essere sintetizzati come segue.

A.      Perindopril

6        La Servier SAS è la società madre del gruppo farmaceutico Servier che comprende la Les Laboratoires Servier SAS e la Servier Laboratories Ltd (in prosieguo, individualmente o congiuntamente: la «Servier»). La società Les Laboratoires Servier è specializzata nello sviluppo di medicinali originari, la sua controllata Biogaran SAS in quello dei medicinali generici.

7        La Servier ha messo a punto il Perindopril, farmaco principalmente destinato a combattere l’ipertensione e l’insufficienza cardiaca. Tale medicinale fa parte degli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina. Il principio attivo del Perindopril si presenta sotto forma di sale. Il sale inizialmente utilizzato era l’erbumina.

8        Il brevetto EP0049658, relativo al principio attivo del Perindopril, è stato depositato da una società del gruppo Servier dinanzi all’Ufficio europeo dei brevetti (UEB) il 29 settembre 1981. Tale brevetto doveva scadere il 29 settembre 2001, ma la sua tutela è stata prorogata in vari Stati membri dell’Unione europea, tra cui il Regno Unito, fino al 22 giugno 2003. In Francia la tutela del medesimo brevetto è stata prorogata fino al 22 marzo 2005 e, in Italia, fino al 13 febbraio 2009.

9        Il 16 settembre 1988, la Servier ha depositato presso l’UEB diversi brevetti relativi a processi di fabbricazione del principio attivo del perindopril, scaduti il 16 settembre 2008, vale a dire i brevetti EP0308339 (in prosieguo: il «brevetto 339»), EP0308340 (in prosieguo: il «brevetto 340»), EP0308341 (in prosieguo: il «brevetto 341») e EP0309324.

10      Il 6 luglio 2001 la Servier ha depositato presso l’UEB il brevetto EP1296947 (in prosieguo: il «brevetto 947»), relativo alla forma cristallina alfa del Perindopril erbumina e al suo processo di fabbricazione, che è stato rilasciato dall’UEB il 4 febbraio 2004.

11      Il 6 luglio 2011 la Servier ha inoltre presentato domande di brevetti nazionali in vari Stati membri prima che essi aderissero alla Convenzione sul rilascio di brevetti europei, firmata a Monaco di Baviera il 5 ottobre 1973 ed entrata in vigore il 7 ottobre 1977. La Servier ha presentato, ad esempio, domande di brevetti corrispondenti al brevetto 947 in Bulgaria (BG 107 532), nella Repubblica ceca (PV2003-357), in Estonia (P200300001), in Ungheria (HU225340), in Polonia (P348492) e in Slovacchia (PP0149-2003). Tali brevetti son stati rilasciati il 16 maggio 2006 in Bulgaria, il 17 agosto 2006 in Ungheria, il 23 gennaio 2007 nella Repubblica ceca, il 23 aprile 2007 in Slovacchia e il 24 marzo 2010 in Polonia.

B.      Controversie relative al Perindopril

12      Tra il 2003 e il 2009, diverse controversie contrapponevano la Servier a fabbricanti che si apprestavano a commercializzare una versione generica del Perindopril.

1.      Decisioni dellUEB

13      Nel corso del 2004, dieci produttori di medicinali generici, tra cui la Niche Generics Ltd (in prosieguo: la «Niche»), la KRKA, tovarna zdravil, d.d. (in prosieguo: la «Krka»), la Lupin Ltd e la Norton Healthcare Ltd, controllata della Ivax Europe (in prosieguo: la «Ivax»), successivamente fusasi con la Teva Pharmaceuticals Ltd, società madre del gruppo Teva, specializzata nella produzione di medicinali generici, proponevano opposizione contro il brevetto 947 dinanzi all’UEB, al fine di ottenerne la revoca, deducendo motivi riguardanti l’assenza di novità e di attività inventiva nonché l’insufficiente esposizione dell’invenzione.

14      Il 27 luglio 2006 la divisione di opposizione dell’UEB ha confermato la validità del brevetto 947 (in prosieguo: la «decisione dell’UEB del 27 luglio 2006»). Tale decisione è stata contestata dinanzi alla commissione di ricorso tecnico dell’UEB. Dopo aver concluso un accordo transattivo con la Servier, la Niche ha rinunciato al procedimento di opposizione il 9 febbraio 2005, la Krka e la Lupin hanno rinunciato al procedimento dinanzi alla commissione di ricorso tecnico dell’UEB, rispettivamente l’11 gennaio 2007 e il 5 febbraio 2007.

15      Con decisione del 6 maggio 2009 la commissione di ricorso tecnica dell’UEB ha annullato la decisione dell’UEB del 27 luglio 2006 revocando il brevetto 947. La domanda di revocazione depositata dalla Servier avverso tale decisione della commissione di ricorso tecnico è stata respinta il 19 marzo 2010.

2.      Decisioni dei giudici nazionali

16      La validità del brevetto 947 è stata contestata dinanzi a taluni giudici nazionali da produttori di medicinali generici e la Servier ha proposto azioni per contraffazione nonché domande di provvedimenti inibitori provvisori nei confronti di tali produttori. La maggior parte di questi procedimenti si è conclusa prima che i giudici aditi potessero prendere una decisione definitiva sulla validità del brevetto 947, a causa di accordi transattivi stipulati tra il 2005 e il 2007 dalla Servier con la Niche, la Matrix Laboratories Ltd (in prosieguo: la «Matrix», la Teva, la Krka e la Lupin.

17      Nel Regno Unito, la controversia tra la Servier e la Apotex Inc. dava luogo all’accertamento, in via giudiziaria, dell’invalidità del brevetto 947. Il 1° agosto 2006, infatti, la Servier ha intentato un’azione in contraffazione presso la High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division (patents court), [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione della Chancery (sezione dei brevetti), Regno Unito], per violazione del brevetto 947 contro la Apotex, che aveva iniziato a commercializzare una versione generica del perindopril sul mercato del Regno Unito. L’8 agosto 2006 la Servier otteneva la pronuncia di un provvedimento ingiuntivo provvisorio nei confronti della Apotex. Il 6 luglio 2007, a seguito di una domanda riconvenzionale della Apotex, tale ingiunzione provvisoria veniva revocata e il brevetto 947 veniva annullato, consentendo così a tale impresa di immettere in commercio nel Regno Unito una versione generica del Perindopril. Il 9 maggio 2008 la decisione di annullamento del brevetto 947 è stata confermata in appello.

18      Nei Paesi Bassi, il 13 novembre 2007, la Katwijk Farma BV, una controllata della Apotex, adiva un giudice di tale Stato membro chiedendo l’annullamento del brevetto 947, come convalidato nei Paesi Bassi. La Servier adiva tale giudice con una domanda di ingiunzione provvisoria, che veniva respinta il 30 gennaio 2008. Lo stesso giudice, con decisione dell’11 giugno 2008 in un procedimento avviato il 15 agosto 2007 dalla Pharmachemie BV, una società del gruppo Teva, annullava il brevetto 947 per i Paesi Bassi. A seguito di tale decisione, la Servier e la Katwijk Farma rinunciavano alle loro domande.

C.      Accordi transattivi delle controversie relative al Perindopril

1.      Accordi Niche e Matrix

19      La Niche è una filiale della Unichem Laboratories Ltd (in prosieguo: la «Unichem»), società di diritto indiano specializzata nella fabbricazione di medicinali generici. Il 26 marzo 2001, le società cui la Niche e la Matrix succedevano, concludevano un accordo di cooperazione per lo sviluppo di una versione generica del Perindopril. Ai sensi di tale accordo, la società cui è subentrata la Matrix era incaricata della produzione del principio attivo di tale medicinale, mentre l’altra società parte di tale accordo era responsabile dell’ottenimento delle autorizzazioni all’immissione in commercio e della distribuzione di detto medicinale.

20      Il 25 giugno 2004, la Servier proponeva un’azione per contraffazione dei brevetti 339, 340 e 341 dinanzi alla High Court of Justice (England Wales), Chancery Division (patents court) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione della Chancery (sezione dei brevetti)] contro la Niche, la quale, in via riconvenzionale, chiedeva l’annullamento del brevetto 947. La Matrix ha partecipato a tale procedura effettuando deposizioni. La data dell’udienza in detto procedimento era stata fissata al 7 e all’8 febbraio 2005.

21      L’8 febbraio 2005 la Servier concludeva due accordi transattivi di tali controversie nonché procedimenti dinanzi all’UEB relativi al brevetto 947, il primo con la Niche e la Unichem (in prosieguo: l’«accordo Niche») e il secondo con la Matrix (in prosieguo: l’«accordo Matrix»).

22      Ciascuno di tali accordi conteneva, da un lato, clausole cosiddette di «non commercializzazione», con le quali tali imprese si impegnavano, fino alla scadenza dei brevetti pertinenti della Servier relativi al Perindopril, ad astenersi dal fabbricare, dal fornire o dal commercializzare qualsiasi forma generica del Perindopril fabbricato secondo i procedimenti protetti da tali brevetti e, dall’altro, clausole dette di «non contestazione», con le quali dette imprese si impegnavano ad astenersi e a rinunciare a qualsiasi azione volta a contestare la validità di detti brevetti o ad ottenere dichiarazioni di non contraffazione.

23      A titolo di contropartita, la Servier si impegnava, da un lato, a non proporre azioni per contraffazione nei confronti di dette imprese e, dall’altro, a indennizzarle per i costi che potevano derivare dalla cessazione del loro programma di sviluppo di una versione del Perindopril fabbricato secondo i procedimenti protetti dai brevetti della Servier. Tale indennizzo doveva dar luogo a due pagamenti a favore, il primo, della Niche, e il secondo, della Matrix, della somma di 11,8 milioni di lire sterline (GBP) ciascuna. Tali accordi riguardavano, in particolare, tutti gli Stati membri dello Spazio economico europeo (SEE) nei quali erano in vigore i brevetti 339, 340, 341 e 947.

24      Ai sensi di un terzo accordo anch’esso concluso l’8 febbraio 2005, la Niche si impegnava a trasferire alla Biogaran taluni progetti di autorizzazioni all’immissione in commercio per tre medicinali diversi dal Peridonpril, nonché un’autorizzazione all’immissione in commercio ottenuta in Francia per uno di questi tre medicinali (in prosieguo: l’«accordo Biogaran»). In cambio, la Biogaran doveva versare alla Niche la somma di GBP 2,5 milioni, la quale non era rimborsabile, anche in caso di mancato ottenimento di tali autorizzazioni all’immissione in commercio.

2.      Accordo Teva

25      Il 9 agosto 2005 la Ivax ha adito la High Court of Justice (England Wales), Chancery Division (patents court) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione della Chancery (sezione dei brevetti)], chiedendo l’annullamento del brevetto 947. Tale procedimento è stato sospeso in attesa dell’adozione della decisione che poneva fine al procedimento dinanzi all’UEB relativo alla revoca di tale brevetto.

26      Il 13 giugno 2006 la Servier e la Teva UK Limited concludevano un accordo transattivo (in prosieguo: l’«accordo Teva»). Tale accordo, che copriva unicamente il Regno Unito, aveva una durata di tre anni, rinnovabile per una durata supplementare di due anni. Ai sensi di tale accordo, la Teva si impegnava a rifornirsi esclusivamente dalla Servier per il Perindopril destinato ad essere distribuito nel Regno Unito. Oltre a tale clausola di approvvigionamento esclusivo, lo stesso accordo conteneva altresì una clausola di non contestazione dei brevetti 339, 340, 341 e 947, di cui la Servier era titolare, nonché una clausola di non commercializzazione, avente come ambito di applicazione il territorio del Regno Unito. In forza di quest’ultima clausola, la Teva era tenuta ad astenersi dal produrre o dal commercializzare in tale ex Stato membro qualsiasi forma generica del Perindopril che la Servier considerava costituire una contraffazione dei suoi brevetti. A titolo di corrispettivo, la Servier versava alla Teva la somma 5 milioni di GBP.

27      L’accordo Teva conteneva peraltro una clausola di indennizzo forfettario. Secondo tale clausola, se la Servier non fosse riuscita a fornire Perindopril alla Teva a partire dal 1º agosto 2006, essa sarebbe stata allora tenuta a versare alla Teva un risarcimento forfettario di un importo di GBP 500 000 al mese, non disponendo quest’ultima di alcun diritto di ricorso contro la Servier né del diritto di risolvere l’accordo Teva.

28      Non avendo fornito la Teva in Perindopril alla data del 1º agosto 2006, conformemente all’accordo Teva, la Servier ha versato alla Teva un indennizzo forfettario di un importo di 5,5 milioni di GBP, portando così l’importo totale dei pagamenti effettuati in esecuzione dell’accordo Teva a 10,5 milioni di GBP.

29      Il 23 febbraio 2007 la Servier e la Teva stipulavano una clausola addizionale all’accordo Teva. Pur confermando la clausola di approvvigionamento esclusivo, tale clausola aggiuntiva prevedeva che la Teva potesse iniziare a distribuire il Perindopril della Servier a una data fissata da quest’ultima o alla data di revoca o di scadenza del brevetto 947, ovvero alla data a partire dalla quale la Apotex avrebbe iniziato a distribuire una versione generica del Perindopril nel Regno Unito.

3.      Accordi Krka

30      Il 3 ottobre 2006 la High Court of Justice (England Wales), Chancery Division (patents court) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione della Chancery (sezione dei brevetti)], ha emesso, nell’ambito di azioni per contraffazione dei brevetti 340 e 947, un’ingiunzione provvisoria nei confronti della Krka e ha respinto la domanda di procedimento sommario con la quale quest’ultima contestava, in via riconvenzionale, la validità del brevetto 947.

31      A seguito di tale decisione e della precedente decisione dell’UEB del 27 luglio 2006, la Servier e la Krka concludevano tre accordi (in prosieguo: gli «accordi Krka»). Il 27 ottobre 2006 esse hanno concluso un accordo transattivo di controversie in materia di brevetti 340 e 947 nonché un accordo di licenza e, il 5 gennaio 2007, un accordo di cessione e di licenza.

32      Con tale accordo transattivo, la Servier rinunciava alle proprie azioni per contraffazione di tali brevetti contro la Krka e quest’ultima rinunciava a contestare la validità di detti brevetti in tutto il mondo e a commercializzare una versione generica del Perindopril che violava il brevetto 947.

33      Con l’accordo di licenza, la Servier concedeva alla Krka una licenza esclusiva e irrevocabile sul brevetto 947 nella Repubblica ceca, in Lettonia, in Lituania, in Ungheria, in Polonia, in Slovenia e in Slovacchia. A titolo di contropartita, la Krka s’impegnava a riconoscere alla Servier un diritto di licenza pari al 3% dell’importo netto delle proprie vendite nell’insieme di tali territori.

34      In forza dell’accordo di cessione e di licenza, la Krka trasferiva due domande di brevetti alla Servier relative al Perindopril. Quale corrispettivo di tale cessione, la Servier versava alla Krka la somma di EUR 30 milioni.

4.      Laccordo Lupin

35      Il 18 ottobre 2006, la Lupin proponeva dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division (patents court) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione della Chancery (sezione dei brevetti)] un’azione di invalidità del brevetto 947 e di dichiarazione di non contraffazione del brevetto medesimo con riguardo alla versione generica del Perindopril che essa intendeva commercializzare nel regno Unito.

36      Il 30 gennaio 2007, la Servier e la Lupin ponevano fine a tale controversia e al procedimento che le opponeva dinanzi all’UEB relativo al brevetto 947, mediante un accordo transattivo (in prosieguo: l’«accordo Lupin»).

37      Tale accordo conteneva una clausola di non contestazione con la quale la Lupin si impegnava a non rimettere in discussione i brevetti della Servier relativi al Perindopril. Esso conteneva altresì una clausola detta di «non commercializzazione». In forza di tale ultima clausola, la Lupin si impegnava ad astenersi dal vendere una versione generica del «Perindopril erbumina (…) e qualsiasi sale di quest’ultimo». Dal punto 54 della sentenza impugnata risulta che «la Lupin era tuttavia autorizzata a commercializzare prodotti forniti dalla Servier o il proprio Perindopril nei paesi in cui fosse in commercio una versione generica del Perindopril autorizzata dalla Servier o in caso di scadenza di tutti i brevetti pertinenti della Servier o nei paesi in cui un terzo avesse immesso in commercio una versione generica del Perindopril e in cui la Servier non avesse presentato alcuna domanda di provvedimento ingiuntivo provvisorio diretta a ottenere che ne venisse vietata la vendita». Tali clausole di non contestazione e di non commercializzazione si applicavano ai territori di tutti gli Stati membri del SEE.

38      L’accordo Lupin conteneva inoltre una clausola di cessione e di licenza in forza della quale la Lupin cedeva alla Servier diritti di proprietà intellettuale oggetto di tre domande di brevetti vertenti su processi di preparazione del Perindopril, diritti che la Servier si impegnava a restituire in licenza alla Lupin. In cambio di tale cessione, la Servier versava alla Lupin EUR 40 milioni.

39      Infine, l’accordo Lupin prevedeva che la Servier e la Lupin si sarebbero avvalse di «tutti i mezzi ragionevoli» al fine di concludere un accordo di approvvigionamento con il quale la Servier avrebbe fornito Perindopril alla Lupin.

III. Decisione controversa

40      Il 9 luglio 2014 la Commissione ha adottato la decisione controversa. La Commissione ha ritenuto, da un lato, che gli accordi Niche, Matrix, Teva, Krka e Lupin costituissero restrizioni della concorrenza per oggetto e per effetto. Di conseguenza, essa ha qualificato tali accordi come infrazioni all’articolo 101 TFUE. La Commissione ha ritenuto, dall’altro lato, che la conclusione di detti accordi, in combinazione con altre azioni quali l’acquisizione di tecnologie relative al principio attivo del Perindopril, costituissero, da parte della Servier, una strategia volta a ritardare l’ingresso di versioni generiche nel mercato di tale medicinale, sul quale tale impresa deteneva una posizione dominante. La Commissione ha ritenuto che tale abuso di posizione dominante costituisse una violazione dell’articolo 102 TFUE.

41      Negli articoli da 1 a 5 di tale decisione, la Commissione ha ritenuto che la Servier avesse violato l’articolo 101 TFUE partecipando agli accordi con la Niche, la Matrix, la Teva, la Krka e la Lupin. In particolare, agli articoli 1 e 2 di tale decisione, la Commissione ha sottolineato che l’accordo Niche e l’accordo Matrix avevano costituito ciascuno un’infrazione che riguardava tutti gli Stati membri dell’Unione europea alla data di adozione della stessa decisione, ad eccezione dell’Italia e della Croazia; che tali infrazioni erano iniziate l’8 febbraio 2005, ad eccezione della Lettonia, dove erano iniziate il 1º luglio 2005, della Bulgaria e della Romania, dove erano iniziate il 1º gennaio 2007, e di Malta, dove erano iniziate il 1º marzo 2007; e che tali infrazioni erano terminate il 15 settembre 2008, ad eccezione del Regno Unito, dove erano terminate il 6 luglio 2007, e dei Paesi Bassi, dove erano terminate il 12 dicembre 2007.

42      All’articolo 3 della decisione controversa, la Commissione ha constatato che l’accordo Teva costituiva un’infrazione riguardante il Regno Unito, che era iniziata il 13 giugno 2006 e terminata il 6 luglio 2007.

43      All’articolo 5 della decisione controversa, la Commissione ha constatato che l’accordo Lupin costituiva un’infrazione riguardante tutti gli Stati che all’epoca erano membri dell’Unione, ad eccezione della Croazia. La Commissione ha dichiarato che l’infrazione è iniziata il 30 gennaio 2007, tranne nel caso di Malta, dove è iniziata il 1° marzo 2007, e dell’Italia, dove è iniziata il 13 febbraio 2009; che l’infrazione è terminata il 6 maggio 2009, tranne nel caso del Regno Unito, dove è terminata il 6 luglio 2007, dei Paesi Bassi, dove è terminata il 12 dicembre 2007, e della Francia, dove è terminata il 16 settembre 2008.

44      All’articolo 7, paragrafi da 1 a 5, della decisione controversa, la Commissione fissava l’importo totale delle ammende inflitte alla Servier per le infrazioni all’articolo 101 TFUE in EUR 289 727 200, di cui EUR 131 532 600 per la sua partecipazione all’accordo Niche, EUR 79 121 700 per la sua partecipazione all’accordo Matrix, EUR 4 309 000 per la sua partecipazione all’accordo Teva, EUR 37 661 800 per la sua partecipazione agli accordi Krka e EUR 37 102 100 per la sua partecipazione all’accordo Lupin.

IV.    Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

45      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 21 settembre 2014, la Servier ha proposto un ricorso diretto, in via principale, all’annullamento della decisione controversa e, in subordine, alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflittale con tale decisione.

46      Con atto presentato il 2 febbraio 2015, l’European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations (EFPIA) ha chiesto di intervenire nella controversia a sostegno delle conclusioni della Servier. Con ordinanza del presidente della seconda sezione del Tribunale del 14 ottobre 2015 tale istanza è stata accolta.

47      Nel suo ricorso in primo grado, la Servier sollevava 17 motivi a sostegno delle sue conclusioni dirette all’annullamento della decisione controversa.

48      Per quanto riguarda le violazioni dell’articolo 101 TFUE, il Tribunale ha accolto i motivi diretti contro l’accertamento dell’infrazione risultante dagli accordi Krka. Esso ha escluso quelli relativi al carattere illecito degli accordi Niche, Matrix, Teva e Lupin (in prosieguo: gli «accordi controversi»). Esso ha respinto le conclusioni in subordine della Servier dirette all’annullamento o alla riduzione delle ammende che le erano state inflitte in ragione della sua partecipazione agli accordi Niche, Teva e Lupin. Per contro, esso riduceva l’importo dell’ammenda inflitta alla Servier in ragione della sua partecipazione all’accordo Matrix a EUR 55 385 190.

V.      Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

49      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 28 febbraio 2019, la Servier ha proposto la presente impugnazione.

50      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 maggio 2019, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha chiesto di essere ammesso a intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni della Commissione. Con decisione del 16 giugno 2019, il presidente della Corte ha accolto tale domanda.

51      La Corte ha invitato le parti a presentare le loro osservazioni scritte entro il 4 ottobre 2021 sulle sentenze del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52), del 25 marzo 2021, Lundbeck/Commissione (C‑591/16 P, EU:C:2021:243), del 25 marzo 2021, Sun Pharmaceutical Industries e Ranbaxy (UK)/Commissione (C‑586/16 P, EU:C:2021:241), del 25 marzo 2021, Generics (UK)/Commissione (C‑588/16 P, EU:C:2021:242), del 25 marzo 2021, Arrow Group e Arrow Generics/Commissione (C‑601/16 P, EU:C:2021:244), e del 25 marzo 2021, Xellia Pharmaceuticals e Alpharma/Commissione (C‑611/16 P, EU:C:2021:245). La Servier, la Commissione e il Regno Unito hanno ottemperato a tale richiesta entro il termine impartito.

52      Con la sua impugnazione la Servier chiede che la Corte voglia:

–        in via principale, annullare i punti da 4 a 6 del dispositivo della sentenza impugnata;

–        annullare l’articolo 1, lettera b), l’articolo 2, lettera b), l’articolo 3, lettera b) e l’articolo 5, lettera b) e, di conseguenza, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), l’articolo 7, paragrafo 2, lettera b), l’articolo 7, paragrafo 3, lettera b) e l’articolo 7, paragrafo 5, lettera b), della decisione controversa o, in alternativa, rinviare la causa al Tribunale affinché statuisca sugli effetti degli accordi controversi;

–        in subordine, annullare i punti 4 e 5 del dispositivo della sentenza impugnata nella parte in cui ha confermato le conclusioni della Commissione riguardanti l’esistenza di infrazioni distinte e di ammende cumulative per gli accordi Niche e Matrix nonché, di conseguenza, annullare l’articolo 1, lettera b), l’articolo 2, lettera b), l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b) e paragrafo 2, lettera b), della decisione controversa;

–        in ulteriore subordine, annullare i punti 4 e 5 del dispositivo della sentenza impugnata, nonché l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), l’articolo 7, paragrafo 2, lettera b), l’articolo 7, paragrafo 3, lettera b), nonché l’articolo 7, paragrafo 5, lettera b), della decisione controversa alla luce del motivo vertente sulla violazione dei principi di legalità dei delitti e delle pene nonché di proporzionalità nell’ambito della determinazione dell’importo dell’ammenda;

–        annullare il punto 5 del dispositivo della sentenza impugnata nonché l’articolo 5, lettera b), e l’articolo 7, paragrafo 5, lettera b), della decisione controversa alla luce del motivo riguardante la durata dell’infrazione dedotta e il calcolo dell’importo dell’ammenda relativa all’accordo concluso tra la Servier e la Lupin, e di fissare, di conseguenza, l’importo dell’ammenda nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, e

–        condannare la Commissione alle spese.

53      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione e

–        condannare le ricorrenti alle spese relative al procedimento sia dinanzi al Tribunale sia dinanzi alla Corte.

54      L’EFPIA chiede che la Corte voglia:

–        annullare i punti da 4 a 6 del dispositivo della sentenza impugnata;

–        annullare l’articolo 1, lettera b), l’articolo 2, lettera b), l’articolo 3, lettera b) e l’articolo 5, lettera b), della decisione controversa e, di conseguenza, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), l’articolo 7, paragrafo 2, lettera b), l’articolo 7, paragrafo 3, lettera b) e l’articolo 7, paragrafo 5, lettera b) di quest’ultima ovvero, in difetto, rinviare la causa al Tribunale e

–        condannare la Commissione alle spese dell’impugnazione e del procedimento di primo grado.

55      Il Regno Unito chiede alla Corte di accogliere le conclusioni della Commissione.

VI.    Sull’impugnazione

56      A sostegno della sua impugnazione la Servier solleva sette motivi. Il primo motivo verte su errori di diritto nell’applicazione della nozione di restrizione della concorrenza per oggetto, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Il secondo motivo verte su errori di diritto riguardanti la concorrenza potenziale esercitata dai produttori di medicinali generici sulla Servier. Il terzo, il quarto e il quinto motivo vertono rispettivamente sulle constatazioni effettuate dal Tribunale riguardo agli accordi Niche, Matrix, Teva e Lupin. In subordine, la Servier fa valere, con il suo sesto motivo, errori di diritto quanto alla qualificazione degli accordi Niche e Matrix come infrazioni distinte. In ulteriore subordine, la Servier deduce, con il suo settimo motivo, la violazione del principio di legalità dei delitti e delle pene nonché del principio di proporzionalità, per quanto riguarda le ammende che le sono state inflitte ai sensi dell’articolo 101 TFUE.

A.      Osservazioni preliminari sulla ricevibilità

57      Nei limiti in cui la Commissione contesta la ricevibilità di alcuni dei motivi e degli argomenti dell’impugnazione, contestando, in particolare, alla Servier di non aver individuato la motivazione della sentenza impugnata cui si riferiscono, di aver formulato affermazioni di portata generale che sarebbero estranee alle censure e al ragionamento esposti nella decisione controversa e nella sentenza impugnata, di aver ribadito alcuni dei suoi argomenti invocati in primo grado senza spiegare in che modo essi dimostrerebbero errori di diritto commessi dal Tribunale, e di contestare valutazioni di fatto di quest’ultimo, occorre anzitutto ricordare i limiti del controllo giurisdizionale esercitato dalla Corte in sede di impugnazione.

58      A questo proposito, occorre innanzitutto sottolineare che dall’articolo 256, paragrafo 1, TFUE e dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea risulta che l’impugnazione è limitata alle questioni di diritto e che il Tribunale ha pertanto competenza esclusiva a determinare e valutare i fatti pertinenti e gli elementi di prova (sentenza del 10 luglio 2019, VG/Commissione, causa C‑19/18 P, EU:C:2019:578, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

59      Per contro, qualora il Tribunale abbia accertato o valutato determinati fatti, la Corte è competente a esercitare il suo controllo, allorché il Tribunale ha qualificato la loro natura giuridica e ne ha fatto derivare conseguenze di diritto. Il potere di controllo della Corte si estende, in particolare, alla questione dell’applicazione, da parte del Tribunale, di criteri giuridici corretti nella sua valutazione dei fatti (v., in tal senso, sentenza del 2 marzo 2021, Commissione/Italia, C‑425/19 P, EU:C:2021:154, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

60      Occorre quindi ricordare che sono ricevibili, in sede di impugnazione, le censure relative all’accertamento dei fatti e alla loro valutazione nella decisione impugnata, qualora si sostenga che il Tribunale ha effettuato constatazioni la cui inesattezza materiale risulta dai documenti del fascicolo, oppure che esso ha snaturato gli elementi di prova sottoposti al suo esame (sentenza del 18 gennaio 2007, PKK e KNK/Consiglio, C‑229/05 P, EU:C:2007:32, punto 35).

61      Uno snaturamento deve risultare manifestamente dagli atti di causa, senza necessità di effettuare una nuova valutazione dei fatti e delle prove (sentenza del 28 gennaio 2021, Qualcomm e Qualcomm Europe/Commissione, C‑466/19 P, EU:C:2021:76, punto 43). Se è vero che uno snaturamento degli elementi di prova può consistere in un’interpretazione di un documento contraria al contenuto di quest’ultimo, esso deve emergere in modo manifesto dal fascicolo e presuppone che il Tribunale abbia manifestamente oltrepassato i limiti di una valutazione ragionevole di tali elementi di prova. A tal riguardo, non è sufficiente indicare che un documento potrebbe essere oggetto di un’interpretazione diversa da quella accolta dal Tribunale (sentenza del 17 ottobre 2019, Alcogroup e Alcodis/Commissione, C‑403/18 P, EU:C:2019:870, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

62      Inoltre, occorre ricordare che dall’articolo 256 TFUE, dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, nonché dagli articoli 168, paragrafo 1, lettera d), e 169, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte discende che un’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza o dell’ordinanza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda (v., in tale senso, sentenza del 20 settembre 2016, Mallis e a./Commissione e BCE, da C‑105/15 P a C‑109/15 P, punti 33 e 34). Secondo costante giurisprudenza della Corte, non è conforme a tale requisito l’impugnazione che si limiti a riprodurre i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale. Infatti, un’impugnazione di tal genere costituisce, in realtà, una domanda diretta ad ottenere un semplice riesame del ricorso proposto dinanzi al Tribunale, il che esula dalla competenza della Corte (v. sentenza del 24 marzo 2022, Hermann Albers/Commissione, C‑656/20 P, EU:C:2022:222, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

63      Tuttavia, qualora un ricorrente contesti l’interpretazione o l’applicazione del diritto dell’Unione effettuata dal Tribunale, i punti di diritto esaminati in primo grado possono essere di nuovo discussi nel corso di un’impugnazione. Infatti, se un ricorrente non potesse in tal modo basare l’impugnazione su motivi e argomenti già utilizzati dinanzi al Tribunale, il procedimento d’impugnazione sarebbe privato in parte del suo significato (sentenza del 24 marzo 2022, Hermann Albers/Commissione, C‑656/20 P, EU:C:2022:222, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

B.      Sul primo e sul secondo motivo, relativi ai criteri di valutazione delle nozioni di restrizione della concorrenza per oggetto e di concorrenza potenziale

64      Con il primo e il secondo motivo, la Servier sostiene che il Tribunale è incorso in errori di diritto nell’interpretazione e nell’applicazione delle nozioni di restrizione della concorrenza per oggetto e di concorrenza potenziale.

1.      Sulla ricevibilità

65      La Commissione fa valere che il primo e il secondo motivo sono parzialmente irricevibili. Tale istituzione deplora il carattere generale ed astratto di una parte dell’argomento della Servier, che non avrebbe esposto con il grado di precisione richiesto la motivazione della sentenza impugnata da essa censurata e gli errori di diritto da essa invocati. La Servier si limiterebbe peraltro a ripetere argomenti invocati in primo grado senza spiegare quali sarebbero gli errori di diritto che il Tribunale avrebbe commesso evitando tali argomenti. Ne conseguirebbe che il primo e il secondo motivo sarebbero ricevibili solo nei limiti in cui l’argomento della Servier è connesso a una censura specifica agli accordi Niche, Matrix, Teva o Lupin (in prosieguo: gli «accordi controversi»), individua con precisione la motivazione della sentenza impugnata oggetto delle sue censure ed espone l’errore di diritto asseritamente commesso dal Tribunale.

66      Nel caso di specie, è vero che il primo e il secondo motivo sollevati dalla Servier mirano a rimettere in discussione in modo generale e astratto la validità dei criteri giuridici sulla base dei quali il Tribunale ha statuito sulla qualificazione degli accordi controversi come restrizione della concorrenza per oggetto. È altresì vero che, nell’ambito di tali motivi, l’impugnazione non indica sistematicamente in modo preciso i punti della sentenza impugnata oggetto di critiche né gli argomenti giuridici diretti a dimostrare l’esistenza di errori di diritto, e si limita occasionalmente a ripetere argomenti invocati in primo grado.

67      Tuttavia, come riconosciuto espressamente dalla Commissione, tale argomento, nonostante il suo carattere generale, riprende e completa quello sviluppato dalla Servier in modo specifico nei confronti di ciascuno degli accordi controversi, nell’ambito dei motivi dal terzo al sesto della sua impugnazione. Il fatto che la Servier abbia scelto di suddividere la sua argomentazione giuridica relativa alla violazione degli accordi controversi in due parti, una generale e pertinente ai fini dell’esame di tutti questi accordi, l’altra specifica e propria a ciascuno degli accordi controversi presi singolarmente, non la rende irricevibile alla luce dei principi ricordati ai punti da 58 a 63 della presente sentenza. Infatti, dal combinato disposto di tutti questi motivi emerge che l’impugnazione consente di individuare in modo sufficientemente preciso sia i punti della sentenza impugnata contestati dalla Servier, sia gli argomenti giuridici dedotti a sostegno delle sue censure.

68      Poiché il primo e il secondo motivo di impugnazione sono sufficientemente chiari e precisi per consentire alla Commissione di difendersi e alla Corte di esercitare il suo controllo, tali motivi sono ricevibili. La Corte deciderà sulle altre eccezioni di irricevibilità sollevate in modo più specifico dalla Commissione nell’ambito dell’esame dei motivi dal terzo al sesto dell’impugnazione.

2.      Nel merito

a)      Osservazioni preliminari

69      Va ricordato che, in forza dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato interno.

70      Pertanto, p ricadere nel divieto di principio sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, un comportamento di imprese deve non solo rivelare l’esistenza di una collusione tra le stesse – vale a dire un accordo tra imprese, una decisione di associazione di imprese o una pratica concordata – ma tale collusione deve pregiudicare anche in modo sensibile il gioco della concorrenza nel mercato interno [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 31 e giurisprudenza ivi citata].

71      Quest’ultima esigenza presuppone, nel caso di accordi di cooperazione orizzontale conclusi tra imprese che operano allo stesso livello della catena di produzione o di distribuzione, che detta collusione intervenga tra imprese che si trovano in una situazione di concorrenza se non reale quanto meno potenziale [sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 32].

72      Inoltre, è necessario, conformemente ai termini stessi di questa disposizione, dimostrare che questo comportamento abbia per oggetto di impedire, restringere o falsare la concorrenza, o che lo stesso comportamento abbia un tale effetto (sentenza del 21 dicembre 2023, European Superleague Company, C 333/21, EU:C:2023:1011, punto 158). Ne consegue che tale disposizione, come interpretata dalla Corte, opera una distinzione netta tra la nozione di restrizione per oggetto e quella di restrizione per effetto, ove ciascuna di esse è soggetta ad un regime probatorio diverso [sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 63].

73      Pertanto, per quanto riguarda le pratiche qualificate come restrizioni della concorrenza per oggetto, non occorre ricercarne né, a fortiori, dimostrarne gli effetti sulla concorrenza, in quanto l’esperienza dimostra che siffatti comportamenti determinano riduzioni della produzione e aumenti dei prezzi, dando luogo ad una cattiva allocazione delle risorse a detrimento, in particolare, dei consumatori (v., in tal senso, sentenza del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 115, nonché del 21 dicembre 2023, European Superleague Company, C‑333/21, EU:C:2023:1011, punto 159).

74      Per contro, qualora non sia dimostrato l’oggetto anticoncorrenziale di un accordo, di una decisione di un’associazione di imprese o di una pratica concordata, occorre esaminare i suoi effetti al fine di fornire elementi comprovanti che il gioco della concorrenza è stato, di fatto, impedito, ristretto o falsato in modo sensibile (v., in tal senso, sentenza del 26 novembre 2015, Maxima Latvija, C‑345/14, EU:C:2015:784, punto 17).

75      Tale distinzione attiene alla circostanza che talune forme di collusione tra imprese possono essere considerate, per loro stessa natura, dannose per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza (sentenze del 20 novembre 2008, Beef Industry Development Society e Barry Brothers, C‑209/07, EU:C:2008:643, punto 17, e del 14 marzo 2013, Allianz Hungária Biztosító e a., C‑32/11, EU:C:2013:160, punto 35). La nozione di restrizione della concorrenza per oggetto deve essere interpretata restrittivamente e può essere applicata solo a determinate pratiche collusive tra imprese che rivelino, di per sé e tenuto conto del tenore delle loro disposizioni, degli obiettivi da esse perseguiti nonché del contesto economico e giuridico nel quale esse si inseriscono, un grado sufficiente di dannosità per la concorrenza perché si possa ritenere che l’esame dei loro effetti non sia necessario (v., in tal senso, sentenze del 26 novembre 2015, Maxima Latvija, C‑345/14, EU:C:2015:784, punto 20, e del 21 dicembre 2023, European Superleague Company, C‑333/21, EU:C:2023:1011, punti 161 e 162 e giurisprudenza ivi citata).

76      A tal riguardo, quanto al contesto economico e giuridico nel quale si inserisce il comportamento di cui trattasi, occorre prendere in considerazione la natura dei prodotti o dei servizi interessati nonché le condizioni reali che caratterizzano la struttura e il funzionamento del settore o dei settori o mercati in questione. Di contro, non è affatto necessario esaminare, e tanto meno dimostrare, gli effetti di tale comportamento sulla concorrenza, siano essi effettivi o potenziali e negativi o positivi (sentenza del 21 dicembre 2023 nella causa C‑333/21, European Superleague Company, EU:C:2023:1011, punto 166).

77      Per quanto attiene agli obiettivi perseguiti con il comportamento di cui trattasi, occorre stabilire gli obiettivi oggettivi che detto comportamento mira a raggiungere sotto il profilo della concorrenza. Di contro, il fatto che le imprese coinvolte abbiano agito senza l’intenzione di impedire, restringere o falsare la concorrenza e il fatto che abbiano perseguito determinati obiettivi legittimi non sono determinanti ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (sentenza del 21 dicembre 2023, European Superleague Company, C‑333/21, EU:C:2023:1011, punto 167 e giurisprudenza ivi citata).

78      L’attuazione dei principi appena ricordati riguardo a pratiche collusive che assumono la forma di accordi di cooperazione orizzontale tra imprese, come gli accordi controversi, implica che si determini, in una prima fase, se tali pratiche possano essere qualificate come restrizione della concorrenza da parte di imprese che si trovano in una situazione di concorrenza, anche solo potenziale. In caso affermativo, occorre verificare, in una seconda fase, se, alla luce delle loro caratteristiche economiche, dette pratiche rientrino nella qualificazione di restrizione della concorrenza per oggetto.

79      Per quanto riguarda la prima fase di tale analisi, la Corte ha già dichiarato che, nel contesto specifico dell’apertura del mercato di un medicinale ai produttori di medicinali generici, per valutare se uno di tali produttori, pur essendo assente da un mercato, si trovi in un rapporto di concorrenza potenziale con un produttore di medicinali originari presente su tale mercato, occorre determinare se vi siano possibilità reali e concrete che il primo entri in tale mercato e faccia concorrenza al secondo [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 36 e giurisprudenza ivi citata].

80      A tal fine, occorre valutare, in primo luogo, se, alla data di conclusione di tali accordi, il suddetto produttore avesse adottato misure preparatorie sufficienti a consentirgli di entrare nel mercato di cui trattasi entro un periodo di tempo idoneo ad esercitare una pressione concorrenziale sul produttore di medicinali originari. Siffatte misure consentono di dimostrare l’esistenza della determinazione definitiva nonché della capacità propria di un produttore di medicinali generici di accedere al mercato di un medicinale contenente un principio attivo divenuto di pubblico dominio, anche in presenza di brevetti di processo detenuti dal produttore di medicinali originari. In secondo luogo, va verificato che all’ingresso nel mercato di un siffatto produttore di medicinali generici non ostino ostacoli all’accesso di natura insormontabile [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punti da 43 a 45].

81      Infatti, eventuali brevetti che tutelano un farmaco originario o uno dei suoi processi di fabbricazione fanno incontestabilmente parte del contesto economico e giuridico che caratterizza i rapporti di concorrenza tra i titolari di tali brevetti e i produttori di medicinali generici. Tuttavia, la valutazione dei diritti conferiti da un brevetto non deve consistere in un esame della forza del brevetto o della probabilità con cui una controversia tra il suo titolare e un produttore di medicinali generici possa condurre alla constatazione che il brevetto è valido ed è stato violato. Tale valutazione deve concentrarsi piuttosto sulla questione se, nonostante l’esistenza di tale brevetto, il produttore di farmaci generici abbia reali e concrete opportunità di entrare nel mercato al momento rilevante [sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 50].

82      Inoltre, la constatazione di una concorrenza potenziale tra un produttore di medicinali generici e un produttore di medicinali originari può essere corroborata da elementi supplementari, quali la conclusione di un accordo tra di essi quando il primo non era presente nel mercato interessato, o l’esistenza di trasferimenti di valore a vantaggio di tale produttore quale corrispettivo per il rinvio del suo ingresso nel mercato [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punti da 54 a 56].

83      In una seconda fase di tale analisi, al fine di stabilire se un rinvio dell’ingresso nel mercato di medicinali generici, risultante da un accordo transattivo di una controversia in materia di brevetti, quale corrispettivo di trasferimenti di valore del produttore di medicinali originari a favore del produttore di tali medicinali generici debba essere considerato una pratica collusiva costitutiva di una restrizione della concorrenza per oggetto, occorre esaminare anzitutto se tali trasferimenti di valore possano giustificarsi in modo integrale con la necessità di compensare spese o disagi connessi a tale controversia, quali le spese e gli onorari dei consulenti di quest’ultimo produttore, o con quella di remunerare la fornitura effettiva e accertata di beni o di servizi di quest’ultimo al produttore del farmaco originario. In caso contrario, occorre verificare se tali trasferimenti di valore si spieghino unicamente con l’interesse commerciale di tali produttori di medicinali a non farsi una concorrenza basata sui meriti. Ai fini di tale esame, occorre, in ogni caso di specie, valutare se il saldo positivo netto dei trasferimenti di valore fosse sufficientemente rilevante per indurre effettivamente il produttore di medicinali generici a rinunciare ad entrare nel mercato interessato e, pertanto, a non fare concorrenza in base ai meriti al produttore di medicinali originari, senza che sia richiesto che tale saldo positivo netto sia necessariamente superiore agli utili che tale produttore di medicinali generici avrebbe tratto se fosse risultato vittorioso nel procedimento in materia di brevetti [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punti da 84 a 94].

84      A questo proposito, va ricordato che la contestazione della validità e della portata di un brevetto fa parte del normale gioco della concorrenza nei settori in cui esistono diritti esclusivi sulle tecnologie, per cui gli accordi extragiudiziali con cui un produttore di farmaci generici che intende entrare in un mercato riconosce, almeno temporaneamente, la validità di un brevetto detenuto da un produttore di farmaci originario e si impegna quindi a non contestarlo e a non entrare in quel mercato sono suscettibili di restringere la concorrenza [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 81 e giurisprudenza ivi citata].

85      È alla luce delle suesposte considerazioni che occorre verificare se il Tribunale non sia incorso in alcun errore di diritto statuendo sull’argomento della Servier invocato in particolare nell’ambito del quarto motivo in primo grado, vertente su errori di diritto nella definizione dei criteri giuridici applicabili all’analisi dell’oggetto e degli effetti degli accordi controversi alla luce dell’articolo 101 TFUE, nonché su quello sviluppato in modo più specifico, riguardo all’applicazione di tali criteri a ciascuno di tali accordi.

86      Pertanto, una volta accertata l’esistenza degli elementi relativi alla concorrenza potenziale, che sono oggetto delle critiche di ordine generale formulate nell’ambito del secondo motivo di impugnazione, occorre, in questa seconda fase della stessa analisi, verificare se il Tribunale non sia incorso in un errore di diritto nel constatare che gli accordi controversi restringevano la concorrenza per oggetto, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Occorre altresì verificare se il Tribunale abbia esaminato, in tale contesto, gli obiettivi di tali accordi e, più in particolare, la questione se i trasferimenti di valore da parte della Servier a favore dei produttori di medicinali generici fossero sufficientemente importanti per indurre questi ultimi a rinunciare, anche solo temporaneamente, ad entrare nel mercato del Perindopril.

87      Inoltre, si deve verificare che il Tribunale abbia preso in considerazione, ove necessario, le intenzioni delle imprese interessate al fine di verificare se esse corrispondessero alla sua analisi, alla luce degli elementi menzionati al punto precedente, degli obiettivi che tali imprese intendevano raggiungere in materia di concorrenza, precisando tuttavia che, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 77 della presente sentenza, la circostanza che tali imprese abbiano agito senza l’intenzione di impedire, restringere o falsare la concorrenza e il fatto che esse perseguissero determinati obiettivi legittimi non sono determinanti ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. È pertinente solo la valutazione del grado di dannosità economica di tale pratica sul buon funzionamento della concorrenza nel mercato interessato. Tale valutazione deve fondarsi su considerazioni oggettive, se necessario in esito ad un’analisi dettagliata di tale pratica, nonché dei suoi obiettivi e del contesto economico e giuridico in cui essa si inserisce [v., in tal senso, sentenze del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punti 84 e 85, nonché del 25 marzo 2021, Lundbeck/Commissione, C‑591/16 P, EU:C:2021:243, punto 131].

88      Per questo motivo, al fine di stabilire se una pratica collusiva possa essere qualificata come restrizione della concorrenza per oggetto, occorre esaminare il suo contenuto, la sua genesi, nonché il suo contesto economico e giuridico, in particolare le caratteristiche specifiche del mercato nel quale si produrranno concretamente i suoi effetti. Il fatto che i termini di un accordo inteso a attuare detta pratica non rivelino un obiettivo anticoncorrenziale non è di per sé determinante (v., in tal senso, sentenze dell’8 novembre 1983, IAZ International Belgium e a./Commissione, da 96/82 a 102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 10/82, EU:C:1983:310, punti da 23 a 25, nonché del 28 marzo 1984, Compagnie royale asturienne des mines e Rheinzink/Commissione, 29/83 e 30/83, EU:C:1984:130, punto 26).

89      Nel caso di specie, in una parte della sentenza impugnata dedicata agli errori di diritto asseritamente commessi dalla Commissione relativi alla nozione di restrizione della concorrenza per oggetto, il Tribunale ha dapprima esaminato in termini generali, ai punti da 219 a 307 della stessa sentenza, i criteri per ritenere che gli accordi di composizione amichevole delle controversie in materia di brevetti rientrino in tale nozione, prima di esporre, ai punti da 316 a 386 della stessa sentenza, i criteri di valutazione della concorrenza potenziale. In tal modo, ha invertito l’ordine in cui, in linea di principio, questi due elementi, indicati al punto 78 della presente sentenza, dovrebbero essere esaminati, poiché non è necessario esaminare la questione se gli accordi abbiano per oggetto la restrizione della concorrenza se le imprese interessate non sono in rapporto di concorrenza. Tuttavia, tale inversione è di per sé priva di conseguenze per la fondatezza dell’analisi di questi due elementi effettuata dal Tribunale nella specie. Infatti, quando si è poi trattato di pronunciarsi in modo specifico sui motivi dedotti in primo grado relativi al carattere illecito ai sensi dell’articolo 101 TFUE degli accordi controversi, il Tribunale ha seguito tale ordine, in quanto ha sistematicamente esaminato la questione dell’esistenza di un rapporto di concorrenza potenziale tra le parti di tali accordi prima di analizzare la loro qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto.

90      Tenuto conto di quanto precede, nei limiti in cui il secondo motivo si riferisce ai criteri relativi alla concorrenza potenziale, occorre statuire anzitutto su tale motivo, poi esaminare il primo motivo, relativo ai criteri di qualificazione di una restrizione della concorrenza per oggetto.

b)      Sui criteri relativi alla concorrenza potenziale (secondo motivo)

1)      Argomenti delle parti

91      Con il suo secondo motivo, che si articola in tre parti, la Servier fa valere che la sentenza impugnata si basa su una concezione estensiva della nozione di concorrenza potenziale e opera un’inversione dell’onere della prova gravante sulla Commissione. Essa fa valere, in via preliminare, che la mera conclusione di un accordo transattivo di una controversia in materia di brevetti non consente di dedurre che esista, tra le parti di tale accordo, una concorrenza potenziale. Peraltro, al punto 386 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe statuito che era sufficiente per dimostrare l’esistenza di un rapporto di concorrenza potenziale che la Commissione, in mancanza di prove contrarie relative a difficoltà tecniche, regolamentari o finanziarie, stabilisse un insieme di indizi concordanti attestanti iniziative dirette alla produzione e alla commercializzazione del prodotto di cui trattasi entro un termine sufficientemente breve da gravare sull’operatore presente sul mercato interessato. Tale valutazione avrebbe indotto il Tribunale a commettere tre errori di diritto.

92      Con la prima parte del suo secondo motivo, la Servier sostiene che il Tribunale non ha tenuto conto degli ostacoli relativi ai brevetti. Esso avrebbe considerato, ai punti 384, 444 e 728 della sentenza impugnata, che, in assenza di una decisione definitiva di un’autorità sull’esistenza di atti di contraffazione e sulla validità di un brevetto, la valutazione ad opera delle parti delle possibilità di successo di un’azione contenziosa poteva essere presa in considerazione solo a con riguardo all’intenzione delle parti. Il Tribunale avrebbe quindi escluso che, prima dell’adozione di una siffatta decisione, la percezione, ad opera delle parti, della validità di un brevetto possa essere presa in considerazione al fine di determinare se i produttori di medicinali generici avessero la capacità di entrare nel mercato interessato. Poiché, per definizione, un accordo di composizione amichevole di una controversia può essere concluso solo prima dell’adozione di una siffatta decisione, il Tribunale avrebbe quindi richiesto una condizione impossibile da soddisfare e inadeguata al contesto delle controversie in materia di brevetti farmaceutici. Peraltro, la Servier contesta al Tribunale di aver escluso, ai punti 366, 367, 591 e 592 della sentenza impugnata, la presa in considerazione delle ingiunzioni giudiziarie in tale contesto a causa del loro carattere provvisorio.

93      Secondo la Servier, anche in assenza di una siffatta decisione, la capacità di un produttore di medicinali generici di entrare nel mercato può essere rimessa in discussione dall’esistenza di un brevetto se quest’ultimo è percepito come sufficientemente forte da dissuadere tale produttore dall’effettuare un ingresso cosiddetto «a rischio», tenuto conto della possibilità di essere oggetto di un’azione per contraffazione da parte del produttore del farmaco originario. La Servier sottolinea, a tal riguardo, che il Tribunale ha espressamente constatato un siffatto effetto dissuasivo derivante dalla percezione, da parte della Krka, della validità del brevetto 947. Il Tribunale avrebbe quindi commesso un errore di diritto tale da viziare la qualificazione della Niche, della Matrix, della Teva e della Lupin come concorrenti potenziali della Servier.

94      Con la seconda parte del suo secondo motivo, la Servier fa valere che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel ritenere, al punto 386 della sentenza impugnata, che un insieme di indizi attestanti l’esistenza di semplici iniziative volte alla produzione e alla commercializzazione di un medicinale generico, le cui possibilità di successo entro breve termine sono ignote, siano state sufficienti a dimostrare una capacità reale e concreta di entrare nel mercato. Secondo la Servier, siffatte iniziative attestano – tutt’al più – una volontà di entrare nel mercato, ma non sono sufficienti a dimostrare, in presenza di forti barriere all’ingresso, la probabilità concreta di un ingresso nel mercato sufficientemente rapido, la quale dipenderebbe dalla fase dello sviluppo del medicinale generico e dalla capacità per il produttore di tale medicinale di ottenere un’autorizzazione all’immissione in commercio. In tali circostanze, il Tribunale non poteva escludere, al punto 340 di tale sentenza, che ritardi nel processo di ingresso nel mercato subiti dai produttori di medicinali generici potessero pregiudicare la loro capacità di entrare in tale mercato. La Servier deduce, peraltro, diversi errori relativi alla valutazione della concorrenza potenziale, per quanto riguarda gli accordi controversi.

95      Con la terza parte del suo secondo motivo, la Servier, sostenuta dall’EFPIA, censura il Tribunale per aver dichiarato che, al fine di rimettere in discussione gli indizi dell’esistenza di rapporti di concorrenza potenziale invocati dalla Commissione, spettava alle imprese responsabili delle infrazioni constatate dalla decisione controversa provare che l’arrivo di nuovi operatori nel mercato incontrasse ostacoli insormontabili. In tal modo, il Tribunale ha invertito l’onere della prova che incombe alla Commissione e ha imposto a tali imprese un onere della prova impossibile da dimostrare (probatio diabolica). Al fine di rimettere in discussione gli indizi dell’esistenza di una concorrenza potenziale, la Servier ritiene che sia sufficiente dimostrare che le affermazioni della Commissione sono dubbie o erronee.

96      Inoltre, al punto 386 della sentenza impugnata, il Tribunale non avrebbe potuto, senza violare il principio di buona amministrazione, imporre alla Servier l’onere di dimostrare che i produttori di medicinali generici si trovavano di fronte a ostacoli insormontabili poiché, secondo tale impresa, solo tali produttori dispongono delle informazioni pertinenti al riguardo. Orbene, rifiutando di utilizzare i suoi poteri di indagine per raccogliere tali informazioni, la Commissione avrebbe violato il principio di buona amministrazione.

97      La Commissione, sostenuta dal Consiglio, contesta tali argomenti.

2)      Giudizio della Corte

98      Per quanto riguarda i criteri per constatare l’esistenza di un rapporto di concorrenza potenziale tra due imprese, il Tribunale ha affermato, in sostanza, ai punti da 318 a 321 della sentenza impugnata, che un concorrente potenziale è colui che ha reali e concrete possibilità di entrare nel mercato rilevante. Un siffatto accertamento deve fondarsi, secondo tale giudice, su due criteri, vale a dire, da un lato, la capacità e, dall’altro, l’intenzione di inserirsi in tale mercato, fermo restando che il primo di tali criteri è essenziale. Esso ha inoltre considerato, ai punti da 334 a 341 di tale sentenza, che, affinché un’impresa possa essere qualificata come concorrente potenziale, il suo ingresso su detto mercato deve potersi fare con sufficiente rapidità per pesare e quindi esercitare una pressione concorrenziale sulle imprese presenti sullo stesso mercato.

99      Ai punti da 342 a 348 della sentenza impugnata, il Tribunale ha sottolineato che la prova dell’esistenza di una concorrenza potenziale può essere corroborata dalla percezione, da parte delle imprese presenti sul mercato, della minaccia concorrenziale rappresentata dalla possibilità dell’arrivo di un nuovo operatore su tale mercato. Esso ha rilevato, al riguardo, facendo riferimento alla propria giurisprudenza, che la conclusione di un accordo tra tali imprese può costituire un indizio di tale percezione tale da corroborare l’esistenza di una concorrenza potenziale.

100    Quando, sulla base di tali criteri, si può stabilire che i produttori di medicinali generici hanno possibilità reali e concrete di entrare nel mercato, tale constatazione non può, a parere della Tribunale, per i motivi esposti ai punti da 319 a 324 della sentenza impugnata, essere rimessa in discussione dall’esistenza di ostacoli a tale ingresso, quali i brevetti o l’obbligo di ottenere un’autorizzazione all’immissione in commercio, a meno che tali ostacoli non siano insormontabili.

101    A questo proposito, il Tribunale ha affermato, in sostanza, ai punti da 355 a 368 e 384 di tale sentenza, che, in assenza di una decisione giudiziaria definitiva che accerti la contraffazione, l’esistenza di un brevetto valido non impedisce lo sviluppo di una concorrenza potenziale. Infatti, secondo il Tribunale, il diritto esclusivo conferito da un brevetto non osta a che produttori di medicinali generici intraprendano iniziative per essere in grado di entrare nel mercato del farmaco originario alla scadenza di tale brevetto e, quindi, esercitino una pressione concorrenziale sul titolare di detto brevetto prima di tale scadenza.

102    In particolare, il Tribunale, ai punti da 359 a 361 di detta sentenza, ha precisato che, sebbene il brevetto goda di una presunzione di validità a decorrere dalla sua registrazione, la contraffazione non si presume ma deve essere accertata in sede giudiziaria. Analogamente, secondo detta giurisprudenza, in assenza di un accertamento di contraffazione, una dichiarazione di validità di un brevetto, come quella risultante dalla decisione dell’UEB del 27 luglio 2006, non esclude la possibilità di una concorrenza potenziale.

103    Il Tribunale ha altresì sottolineato, al punto 358 della sentenza impugnata, che la normativa relativa alla concessione delle autorizzazioni di immissione in commercio di medicinali non costituisce un ostacolo insormontabile allo sviluppo di una concorrenza potenziale, in quanto tale normativa consente alle autorità competenti di concedere una siffatta autorizzazione per un medicinale generico anche qualora il medicinale di riferimento sia protetto da un brevetto.

104    Da quanto precede si evince che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Servier, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto e si è pronunciato in modo coerente con quanto esposto nei punti da 79 a 82 della presente sentenza, definendo i criteri per concludere che esiste un potenziale rapporto di concorrenza tra un produttore di medicinali originari e un produttore di medicinali generici. Infatti, i criteri applicati dal Tribunale corrispondono, in sostanza, a quelli applicati dalla Corte ai punti da 36 a 57 della sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52).

105    Per quanto riguarda, in particolare, i due criteri relativi alla capacità e all’intenzione di inserirsi nel mercato in questione, di cui al punto 318 della sentenza impugnata, occorre constatare che essi corrispondono a quelli applicati dalla Corte, in particolare al punto 44 della sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52), relativi alla determinazione definitiva nonché alla capacità propria di un produttore di medicinali generici di accedere al mercato di un medicinale contenente un principio attivo divenuto di pubblico dominio, anche in presenza di brevetti di procedimento detenuti dal produttore di medicinali originari.

106    Per quanto riguarda la censura formulata in via preliminare nell’ambito del secondo motivo, è vero, come afferma in sostanza la Servier, che l’esistenza di un rapporto di concorrenza potenziale tra due imprese operanti allo stesso livello della catena di produzione e di cui una non è presente sul mercato non può essere dedotta dal solo fatto che tali imprese abbiano concluso un accordo transattivo. Tuttavia, la conclusione di un siffatto accordo costituisce un forte indizio dell’esistenza di un rapporto concorrenziale tra dette imprese [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 55 e giurisprudenza ivi citata]. Pertanto, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto invocando l’esistenza stessa degli accordi controversi a sostegno della conclusione secondo cui la Servier e i produttori di medicinali generici in questione erano in un rapporto di concorrenza potenziale.

107    Per quanto riguarda la prima parte del secondo motivo, la Servier non può fondatamente sostenere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto rifiutando di ammettere che la percezione, da parte di un produttore di medicinali generici, della forza di un brevetto la cui validità non è stata definitivamente acclarata per via giudiziaria possa essere presa in considerazione al fine di determinare se i produttori di medicinali generici avessero la capacità di entrare nel mercato.

108    Nel caso di specie, il Tribunale non ha ritenuto, in particolare ai punti 384, 444 e 728 della sentenza impugnata, che la percezione da parte di un produttore di medicinali generici della forza di un brevetto, la cui validità non è stata definitivamente accertata per via giudiziaria, sia del tutto irrilevante ai fini della valutazione dell’esistenza di un rapporto di concorrenza potenziale tra la Servier e i produttori di medicinali generici. Per contro, esso ha constatato che, sebbene tale percezione possa essere pertinente per determinare se un siffatto produttore avesse l’intenzione di entrare nel mercato di cui trattasi, essa non ha alcun ruolo da svolgere nella determinazione della sua capacità di effettuare tale ingresso.

109    Occorre ricordare, a tal riguardo, che l’esistenza di un brevetto che protegge il processo di fabbricazione di un principio attivo divenuto di pubblico dominio non può, di per sé, essere considerata come un ostacolo insormontabile e non impedisce di qualificare come concorrente potenziale del produttore di farmaci originari interessato un produttore di farmaci generici che ha effettivamente la definitiva determinazione nonché la capacità propria di fare ingresso nel mercato e che, con le sue misure, si mostra pronto a contestare la validità di tale brevetto e ad assumere il rischio di essere confrontato, al momento dell’ingresso nel mercato, con un’azione per contraffazione promossa dal titolare di tale brevetto [sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 46].

110    Occorre rilevare che il ragionamento del Tribunale, riassunto al punto 108 della presente sentenza, non è viziato da alcun errore di diritto alla luce di tale giurisprudenza e della giurisprudenza citata al punto 81 della presente sentenza. Infatti, risulta in particolare da detta giurisprudenza che, sebbene essa faccia incontestabilmente parte del contesto pertinente, l’esistenza di un brevetto che tutela un farmaco originario o uno dei suoi procedimenti di fabbricazione la cui validità non sia stata definitivamente accertata per via giudiziaria, e quindi a maggior ragione la percezione della forza di un siffatto brevetto che un produttore di medicinali generici può avere, non è di per sé decisiva nell’ambito della valutazione di un eventuale rapporto di concorrenza potenziale esistente tra tale produttore e il titolare di tale brevetto.

111    Inoltre, sebbene la percezione da parte di un produttore di medicinali generici della forza di un brevetto, quale risulta non già dalle proprie affermazioni, bensì da elementi di prova contemporanei e affidabili, costituisca uno dei fattori pertinenti tra gli altri, quali le iniziative preparatorie intraprese in vista di un ingresso nel mercato, per valutare le intenzioni di tale produttore e, pertanto, la sua eventuale determinazione definitiva di effettuare un siffatto ingresso, tale percezione, che è, per definizione, soggettiva, non è rilevante, in linea di principio, per valutare la capacità propria di un siffatto produttore di entrare effettivamente nel mercato, né peraltro l’esistenza oggettiva di ostacoli insormontabili a un siffatto ingresso.

112    Per quanto riguarda l’argomento con cui la Servier contesta al Tribunale di aver escluso la pertinenza delle ingiunzioni provvisorie pronunciate da un giudice nazionale e che vietano a un produttore di medicinali generici di accedere al mercato di un medicinale contenente un principio attivo divenuto di pubblico dominio, la Corte ha già sottolineato l’importanza relativa di siffatte ingiunzioni per valutare l’esistenza di un rapporto di concorrenza potenziale tra un siffatto produttore e il titolare del brevetto, trattandosi di una misura provvisoria che non pregiudica affatto la fondatezza di un’azione per contraffazione [sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 53]. Peraltro, contrariamente all’argomento della Servier, il Tribunale non ha escluso la presa in considerazione di tali ingiunzioni provvisorie ai punti 366, 367, 591 e 592 della sentenza impugnata, ma si è limitato, conformemente a tale giurisprudenza, a dichiarare che la loro concessione, e a maggior ragione il semplice rischio di una siffatta concessione, non può consentire di per sé di escludere la qualità di concorrente potenziale di un siffatto produttore.

113    La Servier sostiene tuttavia che la motivazione della sentenza impugnata relativa all’importanza da attribuire alla percezione, da parte del produttore di medicinali generici, della forza del brevetto, è contraddittoria. Esso osserva, come spiegato al punto 93 della presente sentenza, che il Tribunale di primo grado ha sostanzialmente ammesso che il riconoscimento da parte della Krka della validità del brevetto ’947 abbia avuto l’effetto di escludere che gli accordi conclusi con tale produttore di farmaci generici possano essere qualificati come restrizione della concorrenza per oggetto, mentre ha ritenuto il contrario per quanto riguarda gli accordi controversi.

114    Tuttavia, è sufficiente rilevare che risulta, in particolare dal punto 304 della sentenza pronunciata in data odierna nella causa Commissione/Servier e a. (C‑176/19 P), che gli errori di diritto commessi dal Tribunale inficiano l’intero ragionamento relativo alla qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto degli accordi di transazione e di licenza conclusi con la Krka, di cui ai punti da 943 a 1032 della sentenza impugnata. In particolare, dai punti 294 e 295 della sentenza pronunciata in data odierna Commissione/Servier e a. (C‑176/19 P) emerge che il Tribunale ha valutato la qualificazione della pratica di contraffazione imputata alla Servier e alla Krka come restrizione della concorrenza per oggetto sulla base di criteri errati, rispetto ai quali ha attribuito un’importanza decisiva al riconoscimento da parte della Krka della validità del brevetto 947, sebbene tale elemento non fosse di per sé decisivo.

115    Poiché l’impugnazione della Commissione nella causa C‑176/19 P è stata parzialmente accolta, la Corte ha annullato il punto 1 del dispositivo della sentenza impugnata, con il quale il Tribunale aveva annullato l’articolo 4 della decisione controversa che constatava l’illiceità degli accordi Krka alla luce dell’articolo 101 TFUE. Conformemente all’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte ha statuito definitivamente, in particolare, sul nono motivo, nella sua prima parte, del ricorso della Servier nella causa T‑691/14.

116    Per le ragioni esposte ai punti da 427 a 440 della sentenza pronunciata in data odierna nella causa Commissione/Servier e a. (C‑176/19 P), la Corte ha respinto l’argomentazione con la quale la Servier contestava l’esistenza di una concorrenza potenziale da parte della Krka. Al punto 441 di tale sentenza, la Corte ha respinto una censura con la quale la Servier sosteneva che, a causa, segnatamente, della decisione dell’UEB del 27 luglio 2006, la Krka non disponeva più della capacità né della determinazione definitiva di entrare nei mercati principali della Servier, e non costituiva quindi più una fonte di concorrenza potenziale. La Corte ha infatti definitivamente dichiarato che tale censura era infondata, tenuto conto, in particolare, della giurisprudenza citata ai punti 81 e 109 della presente sentenza.

117    Da tali elementi risulta che la contraddittorietà della motivazione dedotta dalla Servier nell’ambito del primo capo del secondo motivo della presente impugnazione si basa su motivazioni della sentenza impugnata che sono state definitivamente annullate dalla Corte. In assenza dell’asserita contraddizione, occorre respingere la censura della Servier vertente sulla contraddittorietà della motivazione e, di conseguenza, la prima parte del secondo motivo.

118    Per quanto riguarda la seconda parte del secondo motivo, contrariamente a quanto sostiene la Servier, il fatto di aver espletato formalità amministrative al fine di ottenere un’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale generico può essere preso in considerazione al fine di dimostrare che il produttore di tale medicinale aveva possibilità reali e concrete di entrare nel mercato del farmaco originario. Infatti, conformemente agli elementi menzionati al punto 80 della presente sentenza, le fasi di tale natura sono rilevanti al fine di provare sia la ferma determinazione sia la capacità intrinseca di tale produttore di riuscire a entrare in tale mercato.

119    La Servier sostiene altresì che il Tribunale è incorso in un errore di diritto rifiutando di ritenere, al punto 340 della sentenza impugnata, che i ritardi nel processo di ingresso nel mercato subiti da un produttore di medicinali generici possano pregiudicare la capacità di quest’ultimo di entrare in detto mercato.

120    Tuttavia, come si evince, in sostanza, da detto punto 340, e come sottolinea, in sostanza, l’avvocata generale al paragrafo 103 delle sue conclusioni, un rinvio nell’immissione in commercio causato da tali ritardi non è sufficiente, di per sé, a mettere in discussione lo status di potenziale concorrente di un produttore generico, in particolare se quest’ultimo adotta misure per risolvere le difficoltà che hanno causato tali ritardi. Infatti, ciò che rileva a tal riguardo è stabilire se il produttore di medicinali generici continui ad esercitare una pressione concorrenziale sul produttore di medicinali originari a causa della sua ferma determinazione e della sua capacità propria di pervenire ad effettuare un siffatto ingresso. Come risulta dal punto 80 della presente sentenza, al fine di verificare se tali condizioni siano soddisfatte, occorre valutare se detto produttore di medicinali generici abbia adottato misure preparatorie sufficienti a consentirgli di entrare sul mercato entro un termine idoneo ad esercitare una pressione concorrenziale sul produttore originario, anche se, come la Corte ha già affermato, è irrilevante che i passi compiuti a tal fine siano effettivamente completati in tempo o abbiano successo (sentenza del 25 marzo 2021, Lundbeck/Commissione, C‑591/16 P, EU:C:2021:243, punto 84).

121    Ne consegue che, dichiarando, al punto 340 della sentenza impugnata, che, nella decisione controversa, la Commissione ha potuto considerare che «i ritardi nel processo di ingresso nel mercato eventualmente subiti dalle società di medicinali generici non erano di per sé sufficienti ad escludere la loro qualità di concorrenti potenziali qualora esse continuassero ad esercitare una pressione siffatta a causa della loro capacità di entrare», il Tribunale non ha commesso errori di diritto.

122    Tenuto conto di tali elementi, occorre respingere la seconda parte del secondo motivo.

123    Per quanto riguarda la terza parte del secondo motivo, contrariamente a quanto afferma la Servier, il Tribunale non ha proceduto, al punto 386 della sentenza impugnata, a un’inversione dell’onere della prova. In detto punto, il Tribunale si è limitato a considerare che, in assenza di prove contrarie relative a difficoltà tecniche, regolamentari, commerciali o finanziarie, la Commissione poteva dimostrare la capacità e l’intenzione dei produttori di medicinali generici di entrare nel mercato, e quindi le loro possibilità reali e concrete di entrarvi, qualora essa avesse raccolto un insieme di indizi concordanti attestanti, quanto meno, iniziative dirette alla produzione e alla commercializzazione del medicinale di cui trattasi entro un termine sufficientemente breve da pesare sul produttore di medicinali originari. Orbene, secondo constante giurisprudenza della Corte, in materia di responsabilità per un’infrazione alle regole di concorrenza, gli elementi di fatto che una parte fa valere possono essere tali da obbligare l’altra parte a fornire una spiegazione o una giustificazione, in mancanza della quale è lecito ritenere che l’onere della prova sia stato soddisfatto (sentenze del 1º luglio 2010, Knauf Gips/Commissione, C‑407/08 P, EU:C:2010:389, punto 80, e del 25 marzo 2021, Lundbeck/Commissione, C‑591/16 P, EU:C:2021:243, punto 79).

124    Conformemente a tale giurisprudenza, se la Commissione riesce a stabilire l’esistenza di una concorrenza potenziale tra due imprese, sulla base di un insieme di indizi concordanti e senza ignorare eventuali prove contrarie di cui sia effettivamente venuta a conoscenza nel corso dell’indagine da essa condotta a carico e a discarico, segnatamente quelle relative a eventuali ostacoli potenziali all’ingresso sul mercato, spetta quindi a tali imprese confutare l’esistenza di tale concorrenza fornendo la prova contraria, ciò che possono fare sia nel procedimento amministrativo sia, per la prima volta, nel ricorso dinanzi al Tribunale (v., sotto quest’ultimo profilo, sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione, C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 72). Tale onere non costituisce né un’indebita inversione dell’onere della prova né una probatio diabolica, poiché è sufficiente che le imprese interessate forniscano prove relative a un fatto positivo, ossia l’esistenza di difficoltà tecniche, regolamentari, commerciali o finanziarie che, a loro avviso, costituiscono ostacoli insormontabili all’ingresso di una di esse nel mercato. Una volta fornita tale prova, spetta alla Commissione verificare se essa infranga la sua analisi relativa all’esistenza di una concorrenza potenziale.

125    Se, al contrario, spettava alla Commissione dimostrare, in modo negativo, l’assenza di tali difficoltà, e quindi quella di qualsiasi barriera insormontabile, qualunque essa sia, all’ingresso di una delle imprese di cui trattasi nel mercato, un siffatto onere della prova rappresenterebbe una probatio diabolica per tale istituzione. Peraltro, il Tribunale ha giustamente rilevato, al punto 386 della sentenza impugnata, che le prove relative all’esistenza della concorrenza potenziale sono spesso dati interni alle imprese di cui trattasi, che queste ultime si trovano in una posizione migliore per raccogliere.

126    Analogamente, non si può ritenere che l’onere della prova descritto al punto 124 della presente sentenza costituisca una violazione del principio di buona amministrazione, in quanto equivarrebbe a richiedere alla società produttrice di medicinali originari di produrre, a sua difesa, elementi di prova che non sono in suo possesso, bensì delle società produttrici di medicinali generici. Infatti, tale censura prescinde dal diritto di accesso al fascicolo nelle cause in materia di concorrenza il cui oggetto è di consentire ai destinatari della comunicazione degli addebiti di prendere conoscenza, sin dal procedimento amministrativo, degli elementi di prova contenuti nel fascicolo della Commissione, affinché essi possano difendersi. Questo diritto di accesso al fascicolo implica che la Commissione dia all’impresa interessata la possibilità di esaminare tutti i documenti contenuti nel fascicolo istruttorio che possono essere rilevanti ai fini della sua difesa. Questi ultimi comprendono tanto i documenti a carico quanto quelli a discarico, fatti salvi i segreti commerciali di altre imprese, i documenti interni della Commissione e altre informazioni riservate (sentenza del 14 maggio 2020, NKT Verwaltungs e NKT/Commissione, C‑607/18 P, EU:C:2020:385, punti 261 e 262 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, tutti gli elementi di cui la Commissione è a conoscenza nella fase del procedimento amministrativo, compresi quelli prodotti dai produttori di medicinali generici e potenzialmente a discarico, devono figurare nel fascicolo al quale il produttore di medicinali originari ha, in linea di principio, accesso, cosicché tale produttore ha la possibilità di individuare eventuali ostacoli insormontabili con riguardo a tali produttori di medicinali generici, se esistono, e di invocarli durante il procedimento amministrativo o dinanzi al Tribunale.

127    La terza parte del secondo motivo e, di conseguenza, il secondo motivo nel suo complesso devono pertanto essere respinti.

c)      Sui criteri relativi alla qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto (primo motivo)

1)      Argomenti delle parti

128    Con il suo primo motivo, la Servier contesta i criteri in base ai quali il Tribunale ha ritenuto che gli accordi controversi costituissero restrizioni della concorrenza per oggetto. Il suddetto motivo si articola in tre parti.

129    Con la prima parte del suo primo motivo, la Servier sostiene che, conformemente alle conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa CB/Commissione (C‑67/13P, EU:C:2014:1958, punto 56), la nozione di restrizione della concorrenza per oggetto, che deve essere interpretata restrittivamente, è riservata ai comportamenti la cui natura dannosa è, alla luce dell’esperienza e della scienza economica, provata e facilmente individuabile.

130    Orbene, secondo la Servier, tale esperienza mancava alla data della decisione controversa. Infatti, in assenza di decisioni anteriori di tale istituzione o dei giudici dell’Unione, la presente causa rientrava in una fattispecie allora inedita. La Servier sostiene, a questo proposito, che la sentenza del 20 novembre 2008 nella causa Beef Industry Development Society e Barry Brothers (C‑209/07, EU:C:2008:643) non è pertinente, in quanto non riguarda un accordo di composizione extragiudiziale delle controversie sui brevetti farmaceutici. La domanda di decisione pregiudiziale da cui era scaturita la sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52) dimostrerebbe che la qualifica di restrizione della concorrenza per oggetto per tale tipo di accordo transattivo resterebbe incerta e dibattuta. Il caso in esame si differenzierebbe anche da quello che ha dato origine alla sentenza del 25 marzo 2021, Lundbeck/Commissione (C‑591/16 P, EU:C:2021:243), successiva ai fatti del presente caso, in cui gli accordi in questione non avevano effettivamente lo scopo di risolvere una controversia.

131    Inoltre, la Servier contesta l’agevole riconoscibilità delle violazioni dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE che le sono state imputate. La Commissione, il Tribunale, la giurisprudenza dei giudici degli Stati Uniti d’America e la dottrina anteriore all’adozione della decisione controversa ammetterebbero che un accordo transattivo di una controversia in materia di brevetti farmaceutici non è, di per sé, anticoncorrenziale. Del resto, sarebbero state necessarie diverse centinaia di pagine alla Commissione per articolare il suo ragionamento su questo punto.

132    Con la seconda parte del suo primo motivo d’impugnazione, la Servier, sostenuta dall’EFPIA, lamenta che il Tribunale non abbia tratto alcuna conclusione dalla norma, enunciata al punto 304 della sentenza impugnata e al paragrafo 56 delle conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa CB/Commissione (C‑67/13P, EU:C:2014:1958), secondo cui la nozione di restrizione della concorrenza per oggetto non comprende gli accordi che hanno potenziali effetti ambivalenti sul mercato o che sono necessari per il perseguimento di un obiettivo principale che non limita la concorrenza.

133    A tal riguardo, accordi che pongano fine ad una controversia relativa a un brevetto, senza eccedere la portata di tale brevetto, sarebbero legittimi e conformi all’interesse pubblico. Nel caso di specie, la Servier osserva che, sebbene tre dei dieci opponenti al brevetto 947 abbiano rinunciato al procedimento dinanzi all’UEB dopo aver concluso un accordo transattivo con la Servier, tale circostanza è rimasta priva di effetti, poiché tale procedimento ha seguito il suo corso. Inoltre, tra gli accordi controversi, gli accordi Teva e Lupin avrebbero potuto avere l’effetto favorevole alla concorrenza di anticipare la data di ingresso nel mercato di medicinali generici non contraffatti.

134    Con la terza parte del suo primo motivo, la Servier sostiene che il Tribunale ha omesso di prendere in considerazione il contesto economico e giuridico degli accordi controversi. Il Tribunale si sarebbe limitato, al punto 272 della sentenza impugnata, a considerare che una siffatta qualificazione ricorre quando un accordo, da un lato, comporta un pagamento o un vantaggio incentivante nei confronti di un produttore di medicinali generici nonché clausole di non contestazione e di non commercializzazione e, dall’altro, è concluso tra imprese in situazione di concorrenza potenziale, ove tale situazione è definita in modo ampio.

135    La Servier osserva, in via preliminare, che qualsiasi accordo che limita la libertà commerciale di un concorrente non è necessariamente restrittivo della concorrenza. Una siffatta qualificazione sarebbe esclusa qualora tale restrizione sia accessoria a un accordo legittimo, in particolare per quanto riguarda le clausole di non contestazione previste da un accordo transattivo in materia di brevetti. La Servier invoca, a tal riguardo, il punto 209 delle linee direttrici sugli accordi di trasferimento di tecnologia del 2004.

136    La Servier sostiene, in primo luogo, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel considerare, ai punti da 269 a 271 della sentenza impugnata, che l’esistenza di un pagamento cosiddetto «invertito», vale a dire un pagamento del produttore di medicinali originari a favore del produttore di medicinali generici destinato ad incitare quest’ultimo a transigere, consente di qualificare un siffatto accordo come restrizione della concorrenza per oggetto. Orbene, a causa del carattere eccessivamente astratto di tale valutazione, il Tribunale avrebbe ignorato le peculiarità nonché gli effetti reali e concreti degli accordi controversi.

137    Nella specie, gli elementi contestuali pertinenti dimostrerebbero che l’ingresso di produttori di medicinali generici nel mercato del Perindopril è stato ritardato non a causa degli accordi controversi, bensì a causa del brevetto 947. Tutti i produttori di medicinali generici che si sono opposti a tale brevetto sarebbero stati costretti ad attendere la scadenza di detto brevetto per entrare in tale mercato.

138    La Servier sottolinea, a tal riguardo, che il Tribunale ha dichiarato che gli accordi Krka non costituivano una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, dopo aver preso in considerazione gli effetti di tali accordi e il riconoscimento, da parte di tale impresa, della validità del brevetto 947. Esso avrebbe così confermato che le clausole di non contestazione e di non commercializzazione non sono intrinsecamente dannose per la concorrenza.

139    In secondo luogo, la Servier sostiene che, contrariamente a quanto risulta dal punto 267 della sentenza impugnata, un’inversione contabile non è, di per sé, anticoncorrenziale, ma può spiegarsi con la forza del brevetto di cui trattasi. Infatti, un brevetto forte incentiverebbe i produttori di medicinali generici a transigere. Conformemente alla giurisprudenza derivante dalla sentenza del 25 febbraio 1986, Windsurfing International/Commissione (193/83, EU:C:1986:75, punto 26), il Tribunale avrebbe dovuto prendere in considerazione un siffatto elemento oggettivo. Nel caso di specie, la forza del brevetto 947 sarebbe stata riconosciuta nella decisione dell’UEB del 27 luglio 2006 e dalla High Court of Justice (England Wales), Chancery Division (patents court) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione della Chancery (sezione dei brevetti), Regno Unito], che ha emesso ingiunzioni provvisorie nei confronti della Apotex e della Krka, circostanza che il Tribunale avrebbe peraltro preso in considerazione, al punto 971 della sentenza impugnata, dichiarando che esse avevano costituito «uno degli elementi scatenanti» che hanno portato agli accordi Krka.

140    Affermando, al punto 280 della sentenza impugnata, che l’oggetto anticoncorrenziale di un accordo transattivo può essere presunto qualora detto pagamento ecceda le spese inerenti alla composizione stragiudiziale di controversie in materia di brevetti, senza che la Commissione sia tenuta a dimostrare che esse corrispondono almeno ai benefici attesi dal produttore di farmaci generici, il Tribunale si sarebbe basato su una concezione estensiva della nozione di restrizione della concorrenza per oggetto. Orbene, un approccio così estensivo non solo si discosterebbe dai principi riconosciuti dalla giurisprudenza, ma equivarrebbe anche ad esonerare la Commissione dall’onere di provare l’infrazione di cui si afferma l’esistenza.

141    La Commissione, sostenuta dal Regno Unito, contesta tali argomenti.

2)      Giudizio della Corte

142    Per quanto riguarda i criteri che consentono di qualificare un accordo di composizione amichevole di controversie in materia di brevetti come restrizione della concorrenza per oggetto, la Servier sostiene, in sostanza, con le tre parti sollevate a sostegno del suo primo motivo, che occorre esaminare congiuntamente, che tale qualificazione è riservata agli accordi il cui carattere nocivo sia dimostrato e facilmente riconoscibile. Essa sarebbe inapplicabile a coloro i cui effetti potenziali sul mercato sono ambivalenti o che sono necessari al perseguimento di un obiettivo principale non restrittivo della concorrenza. Orbene, non avendo applicato tali criteri, il Tribunale avrebbe commesso errori di diritto.

143    Va rilevato in via preliminare che, tenuto conto dei criteri esposti ai punti da 69 a 77 della presente sentenza in base ai quali un accordo tra imprese può essere qualificato come restrizione della concorrenza per oggetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, tale argomento deve essere respinto.

144    La Servier non ha motivo di sostenere che tale classificazione non debba essere presa in considerazione, in particolare per l’assenza di una precedente prassi decisionale della Commissione relativa a tali accordi. Infatti, non è affatto necessario che lo stesso tipo di accordi sia già stato sanzionato dalla Commissione perché questi ultimi possano essere considerati restrittivi della concorrenza per oggetto, e ciò quand’anche essi intervengano in un contesto specifico come quello dei diritti di proprietà intellettuale. Ciò che conta sono le caratteristiche specifiche di tali accordi, da cui si deve dedurre se essi siano particolarmente dannosi per la concorrenza, se necessario dopo un’analisi dettagliata di tali accordi, dei loro obiettivi e del contesto economico e giuridico in cui si collocano [sentenze del 25 marzo 2021, Sun Pharmaceutical Industries e Ranbaxy (UK)/Commissione, C‑586/16 P, EU:C:2021:241, punti da 85 a 87 e del 25 marzo 2021, Lundbeck/Commissione, C‑591/16 P, EU:C:2021:243, punti 130 e 131).

145    Del pari, la Servier non può rimproverare al Tribunale di non aver preso in considerazione gli effetti positivi o quantomeno ambivalenti sulla concorrenza che, a suo avviso, gli accordi contestati potrebbero determinare, poiché, conformemente alla giurisprudenza citata ai punti 76 e 77 della presente sentenza, l’esame degli effetti di tali accordi non è necessario, e nemmeno pertinente, al fine di determinare se essi possano essere qualificati come restrizione della concorrenza per oggetto.

146    Inoltre, occorre rilevare che, nella fattispecie, il Tribunale ha stabilito, ai punti da 219 a 222 della sentenza impugnata, regole e principi che corrispondono, nella sostanza, a quelli descritti ai punti da 69 a 77 della presente sentenza. Pertanto, detti punti della sentenza impugnata non sono viziati da un errore di diritto.

147    Per quanto riguarda l’argomento basato sulla giurisprudenza della Corte di giustizia relativa alle restrizioni accessorie ad accordi legittimi, va notato che il Tribunale ha dichiarato, ai punti da 282 a 291 della sentenza impugnata, che correttamente la Commissione aveva potuto non valutare l’opportunità di applicare tale giurisprudenza.

148    A tal proposito, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, se un’operazione o una determinata attività non ricade nell’ambito di applicazione del principio di divieto sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, per la sua neutralità, nel senso che non implica alcuna restrizione della concorrenza, nemmeno una restrizione accessoria dell’autonomia commerciale di uno o più partecipanti a tale operazione o a tale attività ricade nel citato principio di divieto se detta restrizione è obiettivamente necessaria per l’attuazione di tale operazione o attività e proporzionata agli obiettivi dell’una o dell’altra (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12P, EU:C:2014:2201, punto 89 e giurisprudenza ivi citata).

149    Infatti, qualora non sia possibile dissociare una siffatta restrizione dall’operazione o dall’attività principale senza comprometterne l’esistenza e gli obiettivi, occorre esaminare la compatibilità con l’articolo 101 TFUE di tale restrizione congiuntamente con la compatibilità dell’operazione o dell’attività principale cui essa è accessoria, e ciò sebbene, considerata isolatamente, tale restrizione possa rientrare, a prima vista, nel principio di divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (sentenza del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann-La Roche e a., C 179/16, EU:C:2018:25, punto 70).

150    Quando si tratta di accertare se una restrizione possa sottrarsi al divieto sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE sulla base del rilievo che è accessoria ad un’operazione principale priva di tale carattere anticoncorrenziale, occorre appurare se la realizzazione di tale operazione risulterebbe impossibile in mancanza della restrizione in questione. La circostanza che la citata operazione sia semplicemente resa più difficilmente realizzabile, o meno redditizia, in assenza della restrizione in oggetto non può essere considerata di natura tale da conferire a detta restrizione il carattere obiettivamente necessario richiesto per poter essere qualificata come «accessoria». Un’interpretazione del genere, infatti, equivarrebbe ad estendere tale nozione a restrizioni che non sono strettamente indispensabili per la realizzazione dell’operazione principale. Siffatto risultato pregiudicherebbe l’effetto utile del divieto sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (sentenza del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann-La Roche e a., C 179/16, EU:C:2018:25, punto 71).

151    Nel caso di specie, il Tribunale ha considerato, al punto 291 della sentenza impugnata, che le restrizioni della concorrenza derivanti dalle clausole di non contestazione e di non commercializzazione previste dagli accordi controversi non si basavano su un riconoscimento della validità dei brevetti della Servier, bensì su un trasferimento di valore di quest’ultima a favore del produttore di medicinali generici in questione che costituiva un incentivo, per tale produttore, a rinunciare ad esercitare una pressione concorrenziale sulla Servier. Di conseguenza, ha escluso l’applicazione della giurisprudenza citata al punto 148 della presente sentenza, in quanto gli accordi in questione costituivano restrizioni della concorrenza per oggetto che non possono essere qualificate come «operazioni non anticoncorrenziali» a causa della loro presunta neutralità in termini di concorrenza. Peraltro, esso ha rilevato che le clausole di non contestazione e di non commercializzazione potevano essere l’accessorio necessario solo di un accordo transattivo fondato su un riconoscimento della validità del brevetto in questione da parte delle parti di tale accordo, il che non avveniva nel caso di specie. In tali circostanze, correttamente il Tribunale ha dichiarato, al punto 291 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva potuto validamente astenersi dall’esaminare l’applicazione di tale giurisprudenza relativa alle restrizioni accessorie.

152    Ai punti da 296 a 307 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato i motivi per i quali la Servier ha sostenuto che, poiché gli effetti degli accordi controversi sulla concorrenza erano per loro natura ambivalenti, tali accordi non potevano essere qualificati come restrittivi della concorrenza per oggetto.

153    In tale contesto, al punto 304 di tale sentenza, il Tribunale ha considerato che la Commissione e il giudice non possono, in sede di esame dell’oggetto dal carattere restrittivo di un accordo e, in particolare, nell’ambito della presa in considerazione del suo contesto economico e giuridico, ignorare completamente gli effetti potenziali di tale accordo, cosicché non possono essere considerati restrittivi della concorrenza per oggetto gli accordi che, alla luce del contesto in cui si inseriscono, presentano effetti potenziali ambivalenti sul mercato.

154    Tuttavia, tale motivo è contrario alla giurisprudenza citata ai punti 73, 76 e 77 della presente sentenza, secondo la quale, nel caso di pratiche qualificate come restrizioni della concorrenza per oggetto, non è necessario indagare o, a maggior ragione, dimostrare i loro effetti sulla concorrenza, siano essi reali o potenziali e negativi o positivi.

155    Sulla base di tale errore di diritto, il Tribunale ha deciso, ai punti 305 e 306 della sentenza impugnata, di statuire sulle censure della Servier vertenti sugli effetti ambivalenti degli accordi controversi nell’ambito dell’esame dei motivi specifici di ciascuno di tali accordi. Occorre rilevare, tuttavia, fatto salvo il seguente esame degli argomenti della Servier relativi a ciascuno di tali accordi, invocati nell’ambito dei suoi motivi di impugnazione dal terzo al quinto, che detto errore di diritto non ha alcuna conseguenza, in linea di principio, sulla legittimità della sentenza impugnata, poiché, in ogni caso, il Tribunale, ha scartato tutti gli argomenti relativi ai presunti effetti favorevoli alla concorrenza o ambivalenti degli accordi controversi, invocati dalla Servier in primo grado, per altre ragioni.

156    La Servier sostiene, in sostanza, a tal riguardo, che il Tribunale ha rifiutato di prendere in considerazione il fatto che gli accordi controversi avevano per oggetto non già di arrecare pregiudizio alla concorrenza, bensì di porre fine alle controversie che la vedevano contrapposta ai produttori di medicinali generici, in quanto questi ultimi riconoscevano la forza del brevetto 947. L’accordo Lupin avrebbe avuto, inoltre, ad oggetto un ingresso anticipato della Lupin nel mercato e l’accordo Teva avrebbe avuto come obiettivo essenziale l’approvvigionamento della Teva di Perindopril. La Servier sottolinea, in tale contesto, che il Tribunale ha tuttavia preso in considerazione il riconoscimento, da parte della Krka, della validità di tale brevetto e ha ritenuto che gli accordi conclusi con tale impresa non costituissero una violazione dell’articolo 101 TFUE.

157    Tuttavia, è sufficiente sottolineare che, mentre gli obiettivi che gli accordi sono destinati a raggiungere in materia di concorrenza sono certamente rilevanti ai fini della valutazione del loro eventuale oggetto anticoncorrenziale, il fatto che le imprese coinvolte abbiano agito senza l’intenzione di impedire, restringere o falsare la concorrenza e il fatto che abbiano perseguito determinati obiettivi legittimi non sono determinanti ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (sentenza del 21 dicembre 2023, European Superleague Company, C‑333/21, EU:C:2023:1011, punto 167 e giurisprudenza citata). Pertanto, il fatto che una strategia commerciale consistente, per imprese operanti ad uno stesso livello della catena di produzione, nel negoziare tra loro siffatti accordi per porre fine ad una controversia relativa alla validità di un brevetto sia economicamente razionale dal punto di vista di tali imprese non dimostra affatto che il perseguimento di tale strategia sia giustificabile dal punto di vista del diritto della concorrenza.

158    Inoltre, la censura della Servier relativa alla contraddizione tra le valutazioni effettuate dal Tribunale in relazione agli accordi in questione e quelle effettuate in relazione agli accordi Krka deve essere respinta per le ragioni esposte ai punti da 114 a 117 della presente sentenza. Nei punti da 442 a 474 della sentenza pronunciata in data odierna nella causa Commissione/Servier e a. (C‑176/19 P), la Corte, dopo aver accolto in parte l’impugnazione della Commissione, ha definitivamente respinto l’argomentazione della Servier che contestava la classificazione degli accordi transattivi della controversia e gli accordi di licenza con Krka come restrizioni della concorrenza per oggetto. In assenza dell’asserita contraddizione, occorre respingere tale censura.

159    Per quanto riguarda l’importanza che occorre attribuire ai pagamenti invertiti ai fini della qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto come accordi transattivi in materia di brevetti, il Tribunale, ai punti da 256 a 273 della sentenza impugnata, ha affermato, in sostanza, che la presenza, in questo tipo di accordi, di clausole restrittive della concorrenza, quali clausole di non contestazione e di non commercializzazione, quando è associata a un’inversione contabile, può dar luogo a una siffatta qualificazione, se tale inversione contabile non è giustificata da un corrispettivo diverso da quello consistente, nell’impegno da parte del produttore di medicinali generici, a rinunciare a fare concorrenza al produttore di medicinali originari titolare del brevetto o dei brevetti interessati.

160    Ai punti da 277 a 280 di tale sentenza, il Tribunale ha considerato, in sostanza, che, al fine di stabilire se tale condizione sia soddisfatta, occorre esaminare se tale inversione contabile sia diretta a compensare i costi inerenti alla composizione amichevole sostenuti dal produttore di medicinali generici. Il Tribunale ha precisato che tali costi includono, in particolare, le spese sostenute nell’ambito delle controversie oggetto dell’accordo transattivo, a condizione che tali spese siano state stabilite dalle parti di tale accordo e che non siano sproporzionate rispetto all’importo delle spese oggettivamente indispensabili al procedimento contenzioso. Per contro, secondo la sentenza impugnata, tali costi non includono né il valore delle scorte di medicinali contraffatti né le spese di ricerca e di sviluppo sostenute per sviluppare tali medicinali. I costi escludono altresì, in linea di principio, gli importi dovuti a titolo di indennità, in particolare di risoluzione, a titolo di contratti conclusi dal produttore di medicinali generici con terzi.

161    Nelle sue argomentazioni riassunte ai punti 139 e 140 della presente sentenza, la Servier contesta tale ragionamento, sostenendo che quest’ultimo equivale a considerare come inversione contabile qualsiasi pagamento che superi l’importo dei costi inerenti alla composizione stragiudiziale della controversia, anche se l’importo è inferiore a quello dei profitti che il produttore di medicinali generici potrebbe aspettarsi di ricavare dal suo ingresso sul mercato.

162    Peraltro, la Servier sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto dichiarando, al punto 280 della sentenza impugnata, che non rientrano, in linea di principio, tra le spese inerenti alla risoluzione di una controversia in materia di brevetti, le indennità che un produttore di medicinali generici potrebbe dover versare a terzi a causa del pregiudizio che questi ultimi avrebbero subito in conseguenza della decisione di tale produttore di rinunciare alla commercializzazione del medicinale generico oggetto di tale controversia.

163    A tal riguardo, occorre ricordare che, conformemente alla giurisprudenza, un produttore di medicinali generici, dopo aver valutato le sue possibilità di successo nel procedimento giurisdizionale che lo oppone al produttore del farmaco originario interessato, può decidere di rinunciare ad entrare nel mercato di cui trattasi e di concludere con quest’ultimo un accordo transattivo quanto a tale procedimento. Un siffatto accordo non può essere considerato, tuttavia, una restrizione per oggetto, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Neppure il fatto che un siffatto accordo sia accompagnato da trasferimenti di valore da parte del produttore di medicinali originari a favore di un produttore di medicinali generici costituisce un motivo sufficiente per qualificarlo come restrizione della concorrenza per oggetto, potendo detti trasferimenti di valore risultare giustificati. Ciò può verificarsi nel caso in cui il produttore di medicinali generici percepisca dal produttore di farmaci originari somme corrispondenti effettivamente alla compensazione di spese o disagi connessi alla controversia che li vede opposti, o corrispondenti ad un corrispettivo per la fornitura effettiva, immediata o successiva, di beni o di servizi al produttore di medicinali originari [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punti da 84 a 86].

164    Di conseguenza, quando una composizione stragiudiziale di una controversia relativa alla validità di un brevetto tra un produttore di farmaci generici e un produttore di farmaci originari, titolare di tale brevetto, comporta trasferimenti di valore dal produttore di farmaci originari al produttore di farmaci generici, è necessario verificare, in un primo momento, se il saldo netto positivo di tali trasferimenti possa essere pienamente giustificato, come previsto al punto precedente, dalla necessità di compensare i costi o gli inconvenienti connessi a tale controversia, come i costi e gli onorari dei consulenti legali di quest’ultimo produttore, o dalla necessità di remunerare quest’ultimo per l’effettiva e comprovata fornitura di beni o servizi al produttore originario [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 92]. Infatti, la composizione stragiudiziale di una siffatta controversia implica che il produttore di medicinali generici riconosca la validità del brevetto in questione, in quanto rinuncia a contestarla. Ne consegue che, a titolo di pagamento cosiddetto «invertito», da parte del produttore di medicinali originari a favore del produttore di medicinali generici, solo il rimborso di tali spese o il corrispettivo di tali beni o servizi forniti può essere considerato coerente rispetto a un siffatto riconoscimento e, pertanto, idoneo ad essere giustificato sotto il profilo della concorrenza.

165    In un secondo momento, se tale saldo netto positivo dei trasferimenti non è giustificato integralmente da una siffatta necessità, occorre verificare se, in mancanza di una siffatta giustificazione, tali trasferimenti si spieghino unicamente con l’interesse commerciale di tali produttori di medicinali a non farsi concorrenza basata sui meriti. Ai fini di tale esame, occorre, in ogni caso di specie, valutare se detto saldo, comprese eventuali spese giustificate, è sufficientemente rilevante per indurre effettivamente il produttore di medicinali generici a rinunciare ad entrare nel mercato interessato, senza che sia richiesto che tale saldo positivo netto sia necessariamente superiore agli utili che avrebbe realizzato se fosse risultato vittorioso nel procedimento in materia di brevetti [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punti da 87 a 94].

166    Ne consegue che il Tribunale non è incorso in un errore di diritto nel ritenere, in sostanza, ai punti da 277 a 280 della sentenza impugnata, che l’assunzione da parte della Servier delle spese legali sostenute da un produttore di medicinali generici nell’ambito della controversia tra di loro, risolta in via stragiudiziale, fosse giustificata dal fatto che tali spese erano «inerenti» a tale soluzione, a condizione che non fossero eccessive e quindi sproporzionate, ma che altri costi troppo «esterni» a tale controversia e alla sua risoluzione non potessero essere considerati inerenti alla stessa. In effetti, prendendo tale approccio in considerazione le circostanze in cui è possibile giustificare il cosiddetto pagamento «inverso» delle spese per concludere che non vi è stato alcun trasferimento di valore incentivante corrisponde, in sostanza, a quello che risulta dalla giurisprudenza della Corte di cui ai punti 163 e 164 della presente sentenza.

167    Per quanto riguarda specificamente la presa a carico, da parte del produttore del medicinale originario, dell’eventuale risarcimento che il produttore del medicinale generico dovrebbe pagare a terzi, occorre rilevare, come ha fatto l’avvocata generale al paragrafo 159 delle sue conclusioni, nella parte di queste dedicata alla situazione della Niche, che un pagamento di questa natura è la conseguenza diretta non della volontà dei produttori di farmaci di risolvere le controversie in materia di brevetti in via stragiudiziale, ma del rifiuto del produttore di farmaci generici di entrare nel mercato del farmaco in questione. Ne consegue che il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto, al punto 280 della sentenza impugnata, dichiarando, in sostanza, che il rimborso di tali indennità non poteva essere considerato inerente a un accordo transattivo come gli accordi controversi.

168    Tenuto conto di tali elementi, e contrariamente alla tesi della Servier, il Tribunale non ha neppure proceduto, al punto 280 della sentenza impugnata, ad un’inversione dell’onere della prova. A prescindere dai termini utilizzati in detto punto, il Tribunale si è, in sostanza, limitato a considerare che spese eventualmente dovute a terzi dal produttore di medicinali generici a titolo di indennizzo a causa della decisione di quest’ultimo di rinunciare ad entrare nel mercato interessato, quando sono state sostenute dal produttore di medicinali originari, devono essere incluse tra i trasferimenti di valore a favore del produttore di medicinali generici di cui occorre analizzare il saldo netto positivo. Nell’affermare, al punto 280, che «spetta quindi alle parti dell’accordo, se vogliono che il pagamento di tali costi non sia considerato un incentivo e costituisca un indizio dell’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto, dimostrare che tali costi sono inerenti alla controversia o alla sua composizione, e quindi giustificarne l’importo», il Tribunale ha applicato correttamente le regole sulla ripartizione dell’onere della prova di cui al punto 123 della presente sentenza.

169    Alla luce di quanto precede e tenuto conto, in particolare, del fatto che, fatte salve le considerazioni esposte al punto 155 della presente sentenza, sulla valutazione dei motivi dal terzo al quinto, l’errore di diritto di cui al punto 304 della sentenza impugnata non ha alcuna incidenza sulla legittimità della sentenza impugnata, il primo motivo deve essere respinto.

C.      Sul terzo e sul sesto motivo, relativi agli accordi Niche e Matrix

1.      Sul terzo motivo

170    Con il suo terzo motivo, la Servier contesta le valutazioni operate dal Tribunale in merito all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE agli accordi Niche e Matrix. Tale motivo di impugnazione è articolato in due parti.

a)      Sulla prima parte, relativa alla concorrenza potenziale

1)      Argomenti delle parti

171    Con la prima parte del suo terzo motivo, la Servier sostiene che, ritenendo che la Niche e la Matrix fossero i suoi concorrenti potenziali, il Tribunale ha commesso diversi errori di diritto.

172    Con la prima censura, la Servier fa valere che il Tribunale ha effettuato una cattiva valutazione degli ostacoli all’ingresso nel mercato del Perindopril derivanti dalla forza dei brevetti della Servier.

173    Anzitutto, ribadendo, in sostanza, gli argomenti invocati nell’ambito del suo secondo motivo, la Servier contesta al Tribunale di aver respinto, in linea di principio, al punto 444 della sentenza impugnata, la rilevanza della percezione che la Niche e la Matrix potevano avere di tali ostacoli relativi ai brevetti nell’analisi della loro capacità di entrare nel mercato, dichiarando che solo l’accertamento di atti di contraffazione mediante una decisione giurisdizionale poteva costituire un ostacolo insormontabile al loro ingresso nel mercato.

174    Inoltre, il Tribunale avrebbe omesso di prendere in considerazione sia il fatto che i clienti della Niche, e più in particolare la Sandoz, hanno risolto i loro accordi con tale impresa a causa del rischio di contraffazione, sia i tentativi della Matrix diretti a mettere a punto una forma non contraffatta della sua versione generica del Perindopril. Orbene, secondo la Servier, tali elementi costituiscono indizi oggettivi dell’esistenza di ostacoli relativi ai brevetti all’ingresso di tali imprese nel mercato.

175    Infine, il Tribunale avrebbe omesso di verificare se la Niche e la Matrix avessero una possibilità reale e concreta di entrare nel mercato a breve termine. Orbene, secondo la Servier, la Niche non poteva superare rapidamente gli ostacoli relativi al brevetto.

176    Ad abundantiam, la Servier sostiene che, ai punti 446 e 447 della sentenza impugnata, il Tribunale ha snaturato i fatti affermando che la Niche, con le sue iniziative presso la Servier, cercava di «aprire la strada» e di entrare nel mercato del Perindopril nonostante gli ostacoli relativi al brevetto. In realtà, la Niche, che sapeva che il suo Perindopril era contraffatto, intendeva evitare una controversia con la Servier.

177    Con una seconda censura, la Servier sostiene che, dichiarando che le azioni intraprese dalla Niche e dalla Matrix erano sufficienti a dimostrare che tali imprese potevano entrare a breve termine nel mercato del Perindopril, il Tribunale è incorso in errori di diritto.

178    In primo luogo, il Tribunale avrebbe confuso la capacità di entrare nel mercato con l’intento di entrare in tale mercato. La capacità di entrare nel mercato dipenderebbe dall’esistenza di ostacoli derivanti da brevetti. Per contro, iniziative come quelle volte ad ottenere un’autorizzazione all’immissione in commercio non sarebbero di per sé sufficienti a provare una siffatta capacità, come risulterebbe dai punti 458 e 476 della sentenza impugnata. La Servier rinvia a questo proposito al suo argomento nella seconda parte del secondo motivo, riassunto al punto 94 della presente sentenza.

179    In secondo luogo, la Servier fa valere che, al fine di dimostrare che la Niche e la Matrix potevano entrare nel mercato del Perindopril, spettava alla Commissione analizzare le difficoltà tecniche, regolamentari, relative ai brevetti e finanziarie che tali imprese dovevano affrontare. Orbene, gli elementi addotti dal Tribunale ai punti 461, 462 e 480 della sentenza impugnata confermerebbero che la Commissione si era limitata solamente ad esaminare le iniziative intraprese dalle dette imprese. Non censurando l’assenza di analisi delle possibilità reali e concrete che la Niche e la Matrix avevano di superare i problemi tecnici e regolamentari, il Tribunale sarebbe venuto meno al suo obbligo di sindacato giurisdizionale e avrebbe commesso un errore di diritto.

180    Con una terza censura, la Servier sostiene che, chiedendole, ai punti 463, 480, da 483 a 486, 489 e 498 della sentenza impugnata, di dimostrare che l’ingresso della Niche e della Matrix sul mercato del Perindopril ha incontrato ostacoli insormontabili, il Tribunale ha invertito l’onere della prova che incombe alla Commissione ai sensi dell’articolo 2 del regolamento n. 1/2003. La Servier rinvia in tal senso al suo argomento invocato nell’ambito della terza parte del suo secondo motivo.

181    Con una quarta censura, la Servier fa valere che il Tribunale ha omesso di esaminare se gli ostacoli incontrati dalla Niche e dalla Matrix per entrare nel mercato del Perindopril, considerati nel loro insieme, impedissero di ritenere che tali imprese fossero concorrenti potenziali per essa stessa. Il fatto che ciascuno di tali ostacoli, considerato singolarmente, fosse superabile, non significa che la Niche e la Matrix potessero superare l’insieme di tali ostacoli. Così facendo, il Tribunale avrebbe violato il suo obbligo di controllo giurisdizionale nonché il suo obbligo di esaminare le prove considerate non separatamente, ma nel loro complesso.

182    Con una quinta censura, la Servier sostiene che il Tribunale, al punto 481 della sentenza impugnata, ha interpretato erroneamente il principio di buona amministrazione. In forza di tale principio, la Commissione sarebbe tenuta ad esaminare tutti gli elementi pertinenti per analizzare una determinata situazione e, se necessario, a richiedere informazioni supplementari al fine di verificare e suffragare le sue conclusioni. Orbene, la Commissione avrebbe rifiutato di accogliere la domanda formulata dalla Servier nel corso del procedimento amministrativo e diretta ad ottenere la produzione della corrispondenza tra la Niche o i suoi partner e le autorità nazionali in merito a domande di autorizzazione all’immissione in commercio di una versione generica del Perindopril. Il Tribunale, al punto 481 della sentenza impugnata, avrebbe respinto la censura della Servier vertente sulla violazione del principio di buona amministrazione per il motivo, in particolare, che i documenti richiesti non rivestivano un’«importanza considerevole». Secondo la Servier, l’applicazione di un siffatto criterio estraneo alla giurisprudenza della Corte costituisce un errore di diritto.

183    La Commissione contesta tale argomentazione.

2)      Giudizio della Corte

184    Con la sua prima censura, la Servier contesta al Tribunale di non aver preso sufficientemente in considerazione gli ostacoli relativi ai brevetti. Tuttavia, i tre principali argomenti addotti a sostegno di tale pretesa, di cui ai punti da 173 a 175 della presente sentenza, non tengono conto del fatto che il Tribunale ha tenuto adeguatamente conto degli ostacoli relativi ai brevetti e si basano, in tal senso, su una lettura errata della sentenza impugnata. Infatti, come sottolineato al punto 108 della presente sentenza, il Tribunale non ha considerato, in particolare al punto 444 della sentenza impugnata, che la percezione da parte di un produttore di farmaci generici della forza di un brevetto è del tutto irrilevante ai fini della valutazione dell’esistenza di un potenziale rapporto di concorrenza tra la Servier, da un lato, e la Niche e la Matrix, dall’altro, ma che tale percezione può essere rilevante solo per determinare se la Niche e la Matrix intendessero entrare nel mercato e non per valutare la loro capacità di effettuare tale ingresso. Orbene, come affermato ai punti da 107 a 111 della presente sentenza, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto al riguardo.

185    Quanto all’omessa considerazione, da parte del Tribunale, del fatto che taluni clienti della Niche, e più in particolare la Sandoz, avevano posto fine alla loro cooperazione con tale impresa relativa alla commercializzazione del Perindopril a causa del rischio di contraffazione, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, l’obbligo di motivazione non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che segua esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia e che la motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale non ha accolto i loro argomenti e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo (sentenza del 16 febbraio 2017, Tudapetrol Mineralölerzeugnisse Nils Hansen/Commissione, C‑94/15 P, non pubblicata, EU:C:2017:124, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

186    È vero che il Tribunale non ha risposto esplicitamente a tale argomento della Servier ma, come sottolineato dalla Commissione e come risulta dal punto 465 della decisione controversa, senza che la Servier contesti tale circostanza, la decisione della Sandoz era stata adottata nel gennaio 2004, ossia prima di quella della Niche e della Matrix di modificare il loro processo di fabbricazione del Perindopril e, pertanto, prima delle iniziative preparatorie della Niche e della Matrix descritte ai punti da 433 a 440, nonché ai punti 446 e 447 della sentenza impugnata, sulle quali il Tribunale si è basato per dimostrare l’intento di tali imprese di entrare nei mercati europei del Perindopril. In tali circostanze, poiché la circostanza di fatto in questione non è, in ogni caso, idonea ad incidere sulle constatazioni del Tribunale, quest’ultimo non ha violato l’obbligo di motivare le proprie sentenze non rispondendo esplicitamente all’argomento della Servier a tal riguardo.

187    Per quanto riguarda l’argomento vertente sui tentativi della Matrix di mettere a punto una forma non contraffatta della sua versione generica del Perindopril, è sufficiente rilevare che esso mira a rimettere in discussione la valutazione dei fatti effettuata dal Tribunale al punto 447 della sentenza impugnata e che essa deve quindi essere respinta in quanto irricevibile.

188    Per quanto riguarda l’argomentazione secondo cui il Tribunale non avrebbe verificato se la Niche e la Matrix avessero una possibilità reale e concreta di entrare nel mercato in un futuro prossimo, occorre ricordare che essa si basa su un criterio giuridico errato, poiché, secondo la giurisprudenza menzionata al punto 80 della presente sentenza, le misure preparatorie adottate dal produttore generico devono consentirgli di entrare nel mercato rilevante entro un periodo di tempo tale da esercitare una pressione concorrenziale sul produttore del medicinale originario. In ogni caso, dai punti da 442 a 499 della sentenza impugnata risulta che il Tribunale ha esaminato tale questione in maniera approfondita prima di concludere che la pressione concorrenziale esercitata dalla Niche e dalla Matrix era reale.

189    Quanto all’argomento dedotto ad abundantiam dalla Servier a sostegno della sua prima censura, si deve rilevare che esso è irricevibile. Sotto la copertura di un’asserita distorsione, la Servier, sostenendo, in particolare, che l’iniziativa della Niche di «spianare la strada» all’ingresso nel mercato non era stata presa in buona fede, sta in realtà cercando di contestare le valutazioni fattuali effettuate dal Tribunale al punto 446 della sentenza impugnata, ciò che non rientra nella competenza della Corte di giustizia nel procedimento di impugnazione, come sottolineato al punto 58 della presente sentenza.

190    Pertanto, la prima censura sollevata dalla Servier, riassunta al punto 173 della presente sentenza, deve essere respinta.

191    Con la sua seconda censura, la Servier contesta con un primo argomento la valutazione del Tribunale secondo cui le iniziative intraprese al fine di ottenere autorizzazioni all’immissione in commercio possono essere prese in considerazione al fine di dimostrare l’esistenza di una concorrenza potenziale. Tuttavia, tale argomento deve essere respinto per le ragioni esposte al punto 118 della presente sentenza, in cui è stata respinta la seconda parte del secondo motivo di ricorso. Infatti, passaggi come quelli volti a ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale generico sono rilevanti per dimostrare sia la capacità che l’intento del produttore di tale medicinale di entrare nel mercato [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 44].

192    Con un secondo argomento, la Servier contesta, in sostanza, al Tribunale di non aver analizzato la probabilità che la Niche e la Matrix avessero per superare le difficoltà tecniche e regolamentari che si erano trovate ad affrontare.

193    Tale argomento non può essere accolto.

194    Anzitutto, tale argomento si basa su una premessa errata in diritto. Infatti, contrariamente a quanto sostenuto da Servier, a meno che non si neghi ogni distinzione tra concorrenza effettiva e concorrenza potenziale, l’esistenza di una concorrenza potenziale non richiede la prova che i produttori di medicinali generici sarebbero entrati nel mercato con certezza e che tale ingresso sarebbe stato coronato da successo, ma solo che tali produttori avevano reali e concrete possibilità di farlo (sentenza del 25 marzo 2021, Lundbeck/Commissione, C‑591/16 P, EU:C:2021:243, punto 63).

195    Occorre poi rilevare che il Tribunale ha proceduto, ai punti da 442 a 499 della sentenza impugnata, a un esame circostanziato e dettagliato degli ostacoli asseritamente insormontabili incontrati dalla Niche e dalla Matrix, sui piani del brevetto, tecnico, regolamentare, nonché finanziario. Sulla base di tale esame e al termine di una valutazione dei fatti e degli elementi di prova sottopostigli, il Tribunale respingeva le affermazioni con cui la Servier contestava che la Niche e la Matrix avessero la capacità e l’intenzione di entrare nel mercato. Orbene, tenuto conto di tali elementi, la Servier non può sostenere che il Tribunale non abbia proceduto ad un’analisi completa di tutti gli ostacoli invocati al fine di contestare l’esistenza di un rapporto di concorrenza potenziale con la Niche e la Matrix.

196    Infine, nei limiti in cui la Servier contesta le valutazioni di fatto così effettuate dal Tribunale ai sensi di tale analisi, è sufficiente rilevare che tale argomento è irricevibile nell’ambito di un procedimento di impugnazione.

197    Con la sua terza censura, la Servier sostiene che il Tribunale ha invertito l’onere della prova relativo agli ostacoli insormontabili all’entrata sul mercato. Tuttavia, è sufficiente sottolineare che, per le ragioni esposte nei punti da 123 a 125 della presente sentenza, l’argomento di Servier secondo cui l’onere della prova dovrebbe essere invertito e che dovrebbe esserci una probatio diabolica, a tal riguardo, è stato respinto. Pertanto, anche questa terza censura deve essere respinta.

198    Con la sua quarta censura, la Servier contesta al Tribunale di aver esaminato gli ostacoli incontrati dalla Niche e dalla Matrix non in maniera globale, bensì separatamente.

199    Contrariamente a quanto sostiene la Commissione, tale quarta censura non è irricevibile in quanto non è stata dedotta dalla Servier nell’ambito del suo ricorso in primo grado. Infatti, poiché tale censura è diretta contro l’applicazione da parte del Tribunale delle norme che disciplinano l’onere e la valutazione delle prove, essa può essere sollevata nell’ambito del procedimento di impugnazione.

200    Per quanto riguarda il merito, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, la prova di un’infrazione al diritto della concorrenza può essere addotta dalla Commissione sulla base di un insieme di indicatori oggettivi e concordanti che, considerati nel loro insieme, possono, in mancanza di altre spiegazioni coerenti, costituire la prova di tale infrazione, anche se l’uno o l’altro di tali indicatori non è sufficiente da solo (sentenza del 18 marzo 2021, Pometon/Commissione, C‑440/19 P, EU:C:2021:214P, punto 101 e giurisprudenza ivi citata).

201    Per quanto riguarda la prova dell’esistenza di una concorrenza potenziale esercitata da un produttore di medicinali generici su un produttore di medicinali originari, conformemente alla giurisprudenza citata al punto precedente della presente sentenza e a quanto affermato ai punti da 123 a 125 di quest’ultima, se la Commissione riesce ad accertare, sulla base di un insieme di prove concordanti e senza ignorare gli eventuali ostacoli all’ingresso sul mercato di cui è a conoscenza, l’esistenza di una concorrenza potenziale, spetta poi alle imprese interessate confutare l’esistenza di tale concorrenza fornendo la prova contraria.

202    Se il giudice nutre qualche dubbio, deve avvantaggiare l’impresa destinataria della decisione di accertamento dell’infrazione, tenuto conto della presunzione di innocenza che si applica ai procedimenti relativi a violazioni delle regole di concorrenza suscettibili di comportare l’imposizione di ammende o penalità (sentenza del 16 febbraio 2017, Hansen & Rosenthal e H&R Wax Company Vertrieb/Commissione, C‑90/15 P, EU:C:2017:123, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).

203    Orbene, nel caso di specie, il Tribunale ha affermato, ai punti da 432 a 440 della sentenza impugnata, che gli indizi raccolti dalla Commissione e considerati dalla decisione controversa consentivano di ritenere che la Niche e la Matrix fossero concorrenti potenziali della Servier e, ai punti da 441 a 499 di tale sentenza, ha esaminato tutti i possibili ostacoli al loro ingresso nel mercato di cui era a conoscenza. Di conseguenza, esso ha ritenuto, senza incorrere in un errore di diritto, che spettasse a tale impresa fornire la prova contraria, basandosi, eventualmente, su altri ostacoli a tale ingresso. Come sottolineato al punto 195 della presente sentenza, a seguito di un esame completo, dettagliato e approfondito degli argomenti della Servier, il Tribunale ha respinto le affermazioni secondo cui la Niche e la Matrix avevano la capacità e l’intenzione di entrare nel mercato.

204    Alla luce di tali elementi, occorre rilevare, peraltro, che il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto esaminando, uno per uno, i presunti ostacoli all’ingresso nel mercato della Niche e della Matrix, senza verificare, peraltro, se, nonostante il fatto che nessuno di tali ostacoli fosse di per sé insormontabile, il loro effetto cumulativo desse nondimeno luogo a un ostacolo insormontabile. Tale esame non è, in linea di principio, necessario e, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 91 delle sue conclusioni, la Servier non ha chiarito, né dinanzi al Tribunale né in sede di impugnazione, in cosa sarebbe dovuto consistere l’esame degli elementi di prova che essa rimprovera al Tribunale di non aver effettuato a tale riguardo.

205    Risulta da quanto precede che il sesto motivo deve essere respinto in quanto infondato.

206    Con la sua quinta censura, la Servier contesta al Tribunale di non aver constatato la violazione, da parte della Commissione, del principio di buona amministrazione per il fatto che tale istituzione non aveva ordinato la produzione della corrispondenza tra la Niche o i suoi partner e le autorità nazionali in merito a domande di autorizzazione all’immissione in commercio di una versione generica del Perindopril.

207    Va rilevato che, conformemente a quanto esposto ai punti 80 e 120 della presente sentenza in merito alla rilevanza dei passi compiuti in vista dell’ottenimento delle autorizzazioni all’immissione in commercio ai fini della valutazione della concorrenza potenziale, il Tribunale ha giustamente ricordato, al punto 479 della sentenza impugnata, che, per determinare l’esistenza di una concorrenza potenziale, la Commissione poteva basarsi sul fatto che il produttore del medicinale generico avesse chiesto un’autorizzazione all’immissione in commercio e abbia partecipato attivamente alla procedura per il rilascio di tale autorizzazione. Spetta, invece, a tale produttore fornire elementi di prova attestanti l’esistenza di problemi che impediscano oggettivamente l’ottenimento di tale autorizzazione.

208    Tuttavia, come ha sottolineato l’avvocata generale al paragrafo 103 delle sue conclusioni, così come il probabile esito di una controversia in corso sulla validità di un brevetto non è decisivo per valutare l’esistenza di un rapporto di concorrenza potenziale, come risulta dalla giurisprudenza citata al punto 81 della presente sentenza, non spetta neppure alla Commissione valutare le possibilità di successo o il probabile esito di un procedimento di autorizzazione all’immissione in commercio avviato da tale produttore dinanzi alle autorità nazionali in un momento in cui tale procedimento è, o era, pendente. Pertanto, in mancanza di una decisione finale che ponga fine a tale procedimento, eventuali problemi che impediscano oggettivamente l’ottenimento dell’autorizzazione richiesta non possono essere dimostrati sulla base di elementi relativi a dubbi espressi dalle autorità nazionali competenti, fatta salva la loro decisione finale, quanto alle possibilità del procedimento di sfociare in un’autorizzazione.

209    Avendo rilevato, al punto 480 di tale sentenza, che la Niche aveva depositato varie domande di autorizzazione all’immissione in commercio e aveva partecipato alle procedure per ottenerle, il Tribunale, al punto 481 di detta sentenza, ha ritenuto che non si potesse contestare alla Commissione di aver rifiutato di accogliere la domanda di produzione dell’intera corrispondenza scambiata tra la Niche e le autorità competenti, per quanto riguarda tali procedure di autorizzazione di immissione in commercio. Il Tribunale ha ritenuto, in sostanza, a tal riguardo, che poiché la Servier disponeva, nell’ambito del procedimento amministrativo, di una tabella che riassumeva il contenuto di tale corrispondenza, il rifiuto della Commissione di ordinare la produzione dei documenti in questione era giustificato, in quanto tali documenti non rivestivano, ai fini della difesa della Servier, un’«importanza considerevole». Il Tribunale ha segnatamente sottolineato, a tal riguardo, il fatto che la Niche non aveva prodotto la corrispondenza in questione, né durante il procedimento amministrativo né dinanzi al Tribunale, a sostegno delle sue censure dirette a rimettere in discussione la propria qualità di concorrente potenziale della Servier.

210    Nel caso di specie, alla luce di quanto affermato al punto 208 della presente sentenza, si deve rilevare che l’accesso richiesto alla corrispondenza in questione non era idoneo a mettere la Servier in condizione di fornire elementi di prova che attestassero l’esistenza di problemi che le impedissero oggettivamente di ottenere le autorizzazioni all’immissione in commercio richieste dalla Niche e dalla Matrix. Pertanto, si deve constatare che la Commissione non era obbligata a ordinare la produzione di tale corrispondenza e che il Tribunale non è quindi incorso in alcun errore di diritto nel caso di specie non avendo constatato una violazione, da parte della Commissione, del principio di buona amministrazione. Di conseguenza, occorre respingere la presente censura in quanto infondata.

211    Alla luce di quanto precede, la prima parte del terzo motivo deve essere respinta.

b)      Sulla seconda parte, relativa alla qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto

1)      Argomenti delle parti

212    Con la seconda parte del terzo motivo, la Servier contesta al Tribunale di aver confermato la qualificazione degli accordi Niche e Matrix come restrizione della concorrenza per oggetto.

213    In via preliminare, la Servier rinvia all’argomento sviluppato nell’ambito del suo primo motivo, esposto ai punti da 129 a 140 della presente sentenza, in cui sostiene che il Tribunale ha applicato, ai punti 526, 552, 555, 557 e 558 della sentenza impugnata, criteri giuridici contrari alla giurisprudenza relativa alla nozione di restrizione della concorrenza per oggetto.

214    Con la prima censura, la Servier sostiene che il Tribunale ha erroneamente dichiarato che i pagamenti di GBP 11,8 milioni versati alla Niche e alla Matrix costituivano il corrispettivo della rinuncia di tali imprese a farle concorrenza. Infatti, dal testo dell’accordo Niche risulterebbe che tale somma costituiva il corrispettivo dei costi e dei risarcimenti che avrebbero potuto essere posti a carico della Niche e della Unichem a causa della cessazione del loro programma di sviluppo di una versione generica del Perindopril costituente una contraffazione dei brevetti della Servier. Il Tribunale avrebbe erroneamente considerato, al punto 537 della sentenza impugnata, che tali costi e indennità non erano inerenti all’accordo transattivo, mentre tale accordo esponeva la Niche e la Matrix a un forte rischio che la loro responsabilità fosse messa in gioco. Il Tribunale avrebbe erroneamente considerato, al punto 539 della sentenza impugnata, di fondarsi sul fatto che i costi e le indennità effettivamente pagati dalla Niche e dalla Matrix sono stati inferiori a un importo inferiore ai GBP 11,8 milioni che ciascuna di esse aveva percepito dalla Servier. Infatti, si tratterebbe di elementi successivi alla data di conclusione degli accordi Niche e Matrix, data in cui il rischio corso da tali imprese non poteva essere valutato con precisione.

215    Con una seconda censura, la Servier sostiene, in sostanza, che il Tribunale, confermando che i pagamenti di un importo di GBP 11,8 milioni percepiti dalla Niche e dalla Matrix hanno costituito il corrispettivo delle clausole di non contestazione e di non commercializzazione sottoscritte da queste ultime, è incorso in tre errori.

216    In primo luogo, il Tribunale avrebbe rifiutato, al punto 541 della sentenza impugnata, di esaminare il carattere incentivante di tali pagamenti confrontando il loro importo con i profitti che la Niche e la Matrix potevano attendersi, ciascuna, dal loro ingresso nel mercato del Perindopril. Secondo la Servier, tale confronto non era inutile, come ha dichiarato il Tribunale, bensì necessario. La Commissione avrebbe peraltro effettuato siffatto confronto al punto 1338 della decisione controversa, di cui la Servier ha contestato la validità nell’ambito del suo ricorso in primo grado. Il Tribunale avrebbe quindi sostituito le proprie motivazioni a quella della Commissione.

217    In secondo luogo, dichiarando che la Servier non aveva dimostrato che la somma di GBP 11,8 milioni fosse insufficiente a costituire un incentivo a rinunciare ad entrare nel mercato interessato, il Tribunale avrebbe invertito l’onere della prova e violato il principio della presunzione di innocenza.

218    In terzo luogo, al punto 563 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe omesso di prendere in considerazione, nell’ambito del contesto degli accordi Niche, Matrix e Biogaran, gli ostacoli relativi ai brevetti, regolamentari, tecnici e finanziari che la Niche e la Matrix si trovavano ad affrontare. Esso si sarebbe limitato ad esaminare tale contesto nell’ambito della sua analisi della concorrenza potenziale, mentre, secondo la Servier, tali ostacoli costituiscono la vera causa dell’accettazione delle clausole di non contestazione e di non commercializzazione.

219    Per quanto riguarda, più in particolare, l’accordo Biogaran, la Servier contesta che la somma di GBP 2,5 milioni versata alla Niche a titolo di tale accordo superasse il valore dei progetti di autorizzazione all’immissione in commercio trasferiti alla Biogaran. Quand’anche così fosse, la Servier ritiene che ciò non sarebbe stato sufficiente a dimostrare il carattere incentivante di tale pagamento in assenza di una presa in considerazione del contesto di tale accordo. La Servier sottolinea che l’importo di tale pagamento, che è stato considerato dalla decisione controversa solo come un incentivo complementare, era troppo basso per aver indotto la Niche a transigere.

220    La Commissione contesta tale argomentazione.

2)      Giudizio della Corte

221    Con i suoi argomenti preliminari, la Servier ribadisce che il Tribunale ha applicato criteri giuridici errati per valutare l’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto, rinviando all’argomento dedotto a sostegno del suo primo motivo. Tali argomenti preliminari devono essere scartati per le stesse ragioni esposte ai punti da 142 a 169 della presente sentenza.

222    Con la sua prima censura, la Servier contesta la valutazione del Tribunale secondo cui i suoi pagamenti di un importo di GBP 11,8 milioni a favore della Niche e della Matrix sono stati effettuati come corrispettivo della rinuncia di questi ultimi ad entrare nel mercato. Tuttavia, è giocoforza constatare che tale argomento si basa integralmente sulla premessa secondo cui le indennità che un produttore di medicinali generici potrebbe dover versare a terzi a causa del pregiudizio che questi ultimi avrebbero subito in conseguenza della decisione di tale produttore di rinunciare alla commercializzazione del medicinale generico oggetto di tale controversia fanno parte, in linea di principio, delle spese inerenti alla composizione amichevole di una controversia in materia di brevetti. Orbene, per le ragioni esposte al punto 167 della presente sentenza, tale premessa è errata. 109 La prima censura va dunque respinta.

223    Con la sua seconda censura, la Servier sostiene, con un primo argomento, che il Tribunale avrebbe dovuto confrontare i pagamenti di un importo di GBP 11,8 milioni, versati alla Niche e alla Matrix, con i profitti che potevano attendersi di trarre dal loro ingresso nel mercato del Perindopril. Tale argomento, tuttavia, è infondato. È sufficiente ricordare che, conformemente a quanto affermato al punto 165 della presente sentenza, per verificare se i trasferimenti di valore dal produttore del medicinale originatore al produttore del medicinale generico costituiscano il corrispettivo del rifiuto di quest’ultimo di accedere al mercato interessato, è necessario determinare se il saldo positivo netto di tale trasferimenti di valore sia sufficientemente elevato da costituire per il produttore di medicinali generici un incentivo effettivo ad effettuare tale rinuncia, senza che sia necessario che tale saldo netto positivo sia necessariamente superiore ai profitti che avrebbe realizzato se fosse stato vittorioso nella procedura di brevetto [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C-307/18, EU:C:2020:52, punti da 87 a 94].

224    Con un secondo argomento, la Servier contesta al Tribunale di aver invertito l’onere della prova per quanto riguarda il confronto di cui al punto precedente della presente sentenza. Tuttavia, da detto punto risulta che tale argomento è inconferente, dal momento che tale presunta inversione dell’onere della prova si riferisce ad un confronto che non era necessario effettuare.

225    Con un terzo argomento, la Servier contesta al Tribunale di non aver preso in considerazione gli ostacoli ai quali la Niche e la Matrix dovevano far fronte. Si deve rilevare che, con tale argomento, la Servier contesta il carattere anticoncorrenziale dell’oggetto perseguito dagli accordi Niche, Matrix e Biogaran, sostenendo che tali imprese intendevano transigere non a causa dell’incentivo risultante da un’inversione contabile offerta dalla Servier, bensì a causa degli ostacoli al loro progetto di entrare nel mercato del Perindopril. Essa invoca quindi l’intenzione di tali imprese e il fatto che esse perseguivano uno scopo non anticoncorrenziale, bensì legittimo.

226    A tal proposito, occorre ricordare che, come risulta dai punti da 159 a 168 della presente sentenza, il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto, ai punti da 277 a 280 della sentenza impugnata, in base ai quali la sua valutazione della situazione della Niche e della Matrix, effettuata ai punti da 527 a 547 di tale sentenza, per quanto riguarda il carattere di incentivo dei trasferimenti di valore effettuati a loro favore dalla Servier e dalla sua controllata Biogaran, sia tale da viziare di illegittimità. Per il resto, nei limiti in cui la Servier cerca di rimettere in discussione le valutazioni di fatto effettuate dalla Commissione a tal riguardo, le sue censure sono irricevibili.

227    Per quanto riguarda le argomentazioni della Servier basate sulle barriere attinenti ai brevetti all’ingresso della Niche e della Matrix nel mercato, va notato che esse si sovrappongono alle argomentazioni invocate nel contesto della concorrenza potenziale che la Corte ha respinto ai punti da 184 a 211 della presente sentenza. Infatti, nei limiti in cui la Corte ha dichiarato che il Tribunale non era incorso in alcun errore di diritto tale da viziare di illegittimità la sua valutazione secondo cui tali ostacoli non costituivano ostacoli insormontabili a tale ingresso, non vi è alcuna ragione per ritenere, in assenza di una siffatta barriera, che tali ostacoli possano rimettere in discussione il carattere incentivante dei trasferimenti di valore constatati, costituendo la vera causa della decisione della Niche e della Matrix di rinunciare ad entrare nel mercato del Perindopril nell’Unione.

228    Nei limiti in cui la Servier invoca l’assenza di intenti anticoncorrenziali nelle parti degli accordi Niche e Matrix, occorre ricordare che, come risulta dal punto 157 della presente sentenza, il fatto che tali imprese abbiano agito senza l’intenzione di impedire, restringere o falsare la concorrenza e il fatto che esse perseguissero determinati obiettivi legittimi non sono determinanti ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (sentenza del 21 dicembre 2023, European Superleague Company, C‑333/21, EU:C:2023:1011, punto 167 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, il fatto che una strategia commerciale consistente, per imprese operanti ad uno stesso livello della catena di produzione, nel negoziare tra loro siffatti accordi per porre fine ad una controversia relativa alla validità di un brevetto sia economicamente razionale dal punto di vista di tali imprese non dimostra affatto che il perseguimento di tale strategia sia giustificabile dal punto di vista del diritto della concorrenza. Il terzo argomento della Servier è quindi infondato.

229    Alla luce delle considerazioni che precedono, la seconda parte del terzo motivo deve essere respinta e, pertanto, tale terzo motivo deve essere respinto in toto.

2.      Sul sesto motivo, relativo alla qualificazione degli accordi Niche e Matrix come infrazioni distinte

230    Con il sesto motivo della sua impugnazione, la Servier contesta i motivi con cui il Tribunale ha rifiutato di ritenere che gli accordi Niche e Matrix costituissero un’infrazione unica.

a)      Argomenti delle parti

231    Secondo la Servier, confermando, al punto 1302 della sentenza impugnata, che gli accordi Niche e Matrix costituivano due infrazioni distinte, ciascuna delle quali la Commissione ha potuto infliggere un’ammenda individuale alla Niche e alla Matrix, il Tribunale è incorso in un errore di diritto.

232    In primo luogo, la Servier fa valere che un comportamento continuato, caratterizzato da più condotte aventi un obiettivo comune, costituisce un’infrazione unica. Orbene, gli accordi Niche e Matrix, firmati lo stesso giorno e nello stesso luogo, dallo stesso rappresentante della Servier, condividevano lo stesso obiettivo, come risulta dal punto 1296 della sentenza impugnata. Contrariamente a quanto constatato dal Tribunale al punto 1280 di tale sentenza, questi due accordi avrebbero comportato un coordinamento del comportamento della Niche e della Matrix nei confronti della Servier. A causa della complementarità di tali accordi, il Tribunale avrebbe dovuto accogliere il motivo con cui la Servier sosteneva che i medesimi accordi costituivano un’infrazione unica.

233    In secondo luogo, la Servier sostiene che il Tribunale ha escluso la qualificazione come infrazione unica basandosi su criteri giuridicamente erronei. Essa rileva, a tal riguardo, che il Tribunale, ai punti 1296, 1297 e 1300 della sentenza impugnata, sembra aver escluso la qualificazione come infrazione unica per il motivo che la Niche e la Matrix non condividevano la stessa intenzione. Tuttavia, un tale criterio soggettivo sarebbe estraneo alla giurisprudenza del Tribunale, che richiede che tale classificazione non sia basata sull’intenzione soggettiva delle parti, ma su fattori oggettivi (sentenza del 3 marzo 2011 nella causa T‑110/07 Siemens/Commissione, EU:T:2011:68, punto 246). Poiché il Tribunale ha ritenuto, sulla base degli elementi di cui al punto 1296 di tale sentenza impugnata, che gli accordi Niche e Matrix perseguissero lo stesso obiettivo, esso avrebbe dovuto dedurne l’esistenza di un’infrazione unica, nonostante talune divergenze di intenzioni tra tali imprese.

234    La Servier rileva inoltre che, al punto 1298 della sentenza impugnata, il Tribunale ha fatto riferimento al fatto che tra la Niche e la Matrix non esisteva una «comunione di interessi». Orbene, tale criterio non sarebbe né pertinente né richiesto alla luce della giurisprudenza. In ogni caso, tale valutazione del Tribunale si fonderebbe su uno snaturamento dei fatti, in quanto tali imprese avevano concluso un accordo verbale di ripartizione dei profitti e un accordo di ripartizione delle responsabilità nei confronti dei distributori, come risulta dal punto 1299 di tale sentenza.

235    In terzo luogo, il Tribunale non poteva, secondo la Servier, basarsi sulle differenze minori tra gli accordi Niche e Matrix rilevate al punto 1298 della sentenza impugnata per rimettere in discussione l’esistenza di un obiettivo comune perseguito da tali imprese.

236    In quarto luogo, il Tribunale non avrebbe potuto basarsi su disaccordi tra la Niche e la Matrix in sede di attuazione dei loro accordi con la Servier, per respingere, al punto 1299 della sentenza impugnata, l’esistenza di un’infrazione unica. Infatti, si tratterebbe di disaccordi successive alla conclusione di tali accordi.

237    In quinto luogo, il fatto che la Matrix non sia stata coinvolta sin dall’inizio dei negoziati tra la Niche e la Servier o che essa ignorasse l’esistenza dell’accordo Biogaran non sarebbe tale da rimettere in discussione l’esistenza di un’infrazione unica.

238    La Commissione contesta tale argomentazione.

b)      Giudizio della Corte

239    Con il suo argomento, la Servier fa valere che il Tribunale ha applicato un criterio giuridico errato per stabilire se la Niche e la Matrix avessero commesso due infrazioni distinte. Essa denuncia un travisamento dei fatti nell’enunciato del sesto motivo e contesta, in sostanza, la qualificazione giuridica dei fatti adottata dal Tribunale nella sentenza impugnata.

240    Da una giurisprudenza costante della Corte risulta che una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti o persino da un comportamento continuato, anche quando uno o più elementi di questa serie di atti o di questo comportamento continuato potrebbero altresì costituire, di per sé e considerati isolatamente, una violazione di detta disposizione. Quindi, qualora i diversi comportamenti facciano parte di un «piano d’insieme», a causa del loro identico oggetto di distorsione del gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, la Commissione può imputare la responsabilità di tali comportamenti in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme (v., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

241    Un’impresa che abbia partecipato a una tale infrazione unica e continuata con comportamenti suoi propri, rientranti nella nozione di «accordo» o di «pratica concordata» a scopo anticoncorrenziale ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e miranti a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo complesso, può essere quindi ritenuta responsabile anche dei comportamenti attuati da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione per tutto il periodo della sua partecipazione alla stessa (v., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

242    A tale proposito, occorre ricordare che, ai fini della qualificazione di comportamenti diversi come infrazione unica e continuata, non occorre verificare se essi presentino un nesso di complementarietà nel senso che ciascuno di essi è destinato a far fronte ad una o più conseguenze del gioco normale della concorrenza e se essi contribuiscano, interagendo reciprocamente, alla realizzazione di tutti gli effetti anticoncorrenziali voluti dai rispettivi autori, nell’ambito di un piano complessivo diretto ad ottenere un unico obiettivo. Invece, la condizione relativa alla nozione di «obiettivo unico» implica che occorre verificare se non sussistano elementi atti a caratterizzare i vari comportamenti facenti parte dell’infrazione che siano tali da indicare che i comportamenti in concreto attuati da altre imprese partecipanti non condividano lo stesso oggetto o lo stesso effetto anticoncorrenziale e non s’iscrivano, di conseguenza, in un «piano d’insieme» a causa del loro identico oggetto che falsa il gioco della concorrenza nel mercato interno (sentenza del 26 gennaio 2017, Villeroy & Boch/Commissione, C‑644/13 P, EU:C:2017:59, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

243    Va inoltre rilevato che, come ha osservato l’avvocato generale, in sostanza, ai paragrafi 239 e 240 delle sue conclusioni, al fine di classificare dei comportamenti come infrazioni separate o come infrazione unica, la Commissione deve stabilire oggettivamente, sulla base degli elementi del fascicolo e sotto il controllo del giudice dell’Unione, che i criteri stabiliti per qualificare un comportamento nell’uno o nell’altro modo siano soddisfatti. Infatti, come dichiarato dal Tribunale al punto 1294 della sentenza impugnata, se è dimostrato che la Commissione ha commesso un errore nell’effettuare tale qualificazione giuridica dei fatti, la decisione di infrazione deve essere annullata e l’ammenda deve essere ricalcolata.

244    Nella fattispecie, il Tribunale ha richiamato, in sostanza, la giurisprudenza di cui al punto 242 della presente sentenza, affermando, al punto 1295 della sentenza impugnata, che «ai fini dell’accertamento dell’esistenza di un’infrazione unica, spetta alla Commissione accertare che gli accordi di cui trattasi fanno parte di un piano globale consapevolmente attuato dalle imprese interessate al fine di conseguire un unico obiettivo anticoncorrenziale e che essa è tenuta ad esaminare, a tale riguardo, tutti gli elementi concreti idonei a dimostrare o a rimettere in discussione tale piano globale». Occorre constatare che il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto per quanto riguarda il criterio giuridico applicabile ai fini dell’individuazione di un’infrazione unica.

245    Per quanto riguarda la valutazione dei fatti di causa, il Tribunale ha considerato, ai punti 1296 e 1297 della sentenza impugnata, che, se era vero che la Servier aveva perseguito un unico obiettivo al momento della conclusione degli accordi Niche e Matrix, tale circostanza non consentiva di dimostrare che, dal canto loro, la Niche e la Matrix avessero perseguito insieme lo stesso obiettivo comprovante un piano comune, né a maggior ragione che esse condividessero tale piano con la Servier. In tal modo, il Tribunale ha correttamente applicato i criteri enunciati ai punti da 240 a 242 della presente sentenza, secondo i quali la qualificazione di un’«infrazione unica» richiede che ciascuno dei comportamenti anticoncorrenziali in questione faccia parte di un medesimo disegno complessivo, in ragione del loro identico oggetto anticoncorrenziale.

246    Ai punti 1298 e 1299 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato che la conclusione degli accordi Niche e Matrix lo stesso giorno, nello stesso luogo e da parte dello stesso rappresentante non era una circostanza sufficiente per dimostrare l’esistenza di un piano comune tra la Niche e la Matrix. Esso ha rilevato l’esistenza di diverse differenze tra le clausole di tali accordi e ha scartato gli indizi dell’esistenza di un accordo verbale tra la Niche e la Matrix sull’attuazione di detti accordi e ne ha dedotto che tali imprese non avevano un «piano comune» che consentisse di qualificare il loro comportamento come «infrazione unica».

247    Quanto alle circostanze di fatto che hanno accompagnato la conclusione degli accordi Niche e Matrix, il Tribunale ha ritenuto, al punto 1300 della sentenza impugnata, che esse dimostrassero che la Matrix aveva cercato di cogliere un’opportunità offerta dalla Servier piuttosto che agire di concerto con la Niche nell’ambito di un piano comune diretto a porre fine al loro progetto relativo al Periondopril. La partecipazione della Matrix alle trattative che hanno portato alla conclusione degli accordi Niche e Matrix, di cui essa era stata informata solo tardivamente, era limitata, secondo il Tribunale, alla negoziazione del trasferimento di valore della Servier a suo favore. Peraltro, il Tribunale ha rilevato, al punto 1301 della sentenza impugnata, che l’accordo Biogaran era stato concluso all’insaputa della Matrix.

248    La Servier sostiene tuttavia che il Tribunale ha attribuito un’importanza eccessiva all’intenzione delle parti, mentre la giurisprudenza richiederebbe una valutazione oggettiva del collegamento dei comportamenti anticoncorrenziali a un piano d’insieme.

249    Tuttavia, come ha sottolineato l’avvocata generale al paragrafo 248 delle sue conclusioni, affinché sia accertata un’infrazione unica, deve essere dimostrato che il comportamento delle imprese si inserisce in un disegno globale in virtù del loro contributo alla realizzazione di un obiettivo economico comune (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2022, Toshiba Samsung Storage Technology e Toshiba Samsung Storage Technology Korea/Commissione, C‑700/19 P, EU:C:2022:484, punto 107 e giurisprudenza ivi citata). La prova di un siffatto obiettivo comune può quindi essere dimostrata, in particolare, sulla base di elementi relativi all’intenzione delle parti, poiché la nozione di piano d’insieme implica che le parti avessero l’intenzione di collaborare al fine di attuare tale piano e le loro intenzioni riguardo a tale collaborazione sono quindi pertinenti, a condizione che siano dimostrate sulla base di elementi oggettivi e affidabili, per determinare se il loro comportamento rientri in un’infrazione unica.

250    In tali circostanze, la Servier non può fondatamente sostenere che la qualificazione giuridica dei fatti operata dal Tribunale si basi su un criterio giuridico errato. Essa non ha neppure dimostrato uno snaturamento dei fatti da parte del Tribunale.

251    Di conseguenza, il quarto motivo deve essere respinto.

D.      Sul quarto motivo, relativo all’accordo Teva

252    Con il suo quarto motivo, la Servier contesta le valutazioni svolte dal Tribunale in merito all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, all’accordo Teva. Tale motivo di impugnazione è articolato in due parti.

1.      Sulla prima parte, relativa alla concorrenza potenziale

a)      Argomenti delle parti

253    Con la prima parte del suo quarto motivo, la Servier sostiene che l’analisi della concorrenza potenziale effettuata dal Tribunale è viziata da diversi errori di diritto. Sulla base dell’argomento sviluppato nell’ambito del secondo motivo, la Servier contesta, in generale, al Tribunale di averle imposto, ai punti 589, 591, 592, 600, 601 e 603 della sentenza impugnata, l’onere di dimostrare che l’ingresso della Teva nel mercato incontrava ostacoli insormontabili al fine di stabilire l’assenza di concorrenza potenziale.

254    Con una prima censura, la Servier contesta la valutazione, effettuata ai punti 589, 591, 592 e 596 della sentenza impugnata, secondo la quale i suoi brevetti, nonché la percezione che potevano averne le parti, e più in particolare il rischio che un’ingiunzione provvisoria fosse concessa sulla base di tali brevetti, non costituivano ostacoli insormontabili a tale ingresso.

255    Con una seconda censura, la Servier contesta al Tribunale di aver dichiarato, al punto 599 della sentenza impugnata, che ritardi nelle procedure di autorizzazione all’immissione in commercio non sono sufficienti ad escludere la qualità di concorrente potenziale di un produttore di medicinali generici. Il Tribunale non avrebbe analizzato l’effetto di tali ritardi, sebbene la Servier avesse dimostrato che essi avessero messo in pericolo il progetto della Teva. Il Tribunale avrebbe inoltre scartato l’importanza, per i produttori di medicinali generici, di essere tra i primi a entrare nel mercato di cui trattasi, mentre la Commissione aveva riconosciuto espressamente tale importanza al punto 1126 della decisione controversa.

256    Con una terza censura, la Servier deduce vari snaturamenti.

257    Da un lato, ai punti 586 e da 609 a 612 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe snaturato le prove prodotte dalla Servier che dimostrano che la Teva non aveva scorte di Perindopril che beneficiavano di un’autorizzazione all’immissione in commercio.

258    Dall’altro lato, la Servier sostiene che, al punto 594 della sentenza impugnata, il Tribunale ha snaturato il ricorso in primo grado affermando che la Servier non aveva contestato la dichiarazione con la quale la Teva si diceva pronta ad assumersi il rischio di essere oggetto di un’azione per contraffazione a causa del suo ingresso nel mercato del Perindopril.

259    Con una quarta censura, la Servier contesta al Tribunale di aver rifiutato, al punto 610 della sentenza impugnata, di tener conto delle prove riguardanti i difetti del Perindopril generico prodotto a partire dal principio attivo fornito dalla Hetero Drugs Ltd (in prosieguo: la «Hetero») con la motivazione che esse erano successive alla conclusione dell’accordo Teva. Orbene, poiché tali prove sono anteriori all’indagine della Commissione, esse avrebbero un forte valore probatorio. Considerando, al punto 611 di tale sentenza, che il messaggio di posta elettronica inviato dalla Teva alla Hetero il 15 ottobre 2007 mirava «chiaramente ad attuare» l’accordo Teva, il Tribunale avrebbe snaturato tale messaggio di posta elettronica.

260    La Commissione contesta tale argomentazione.

b)      Giudizio della Corte

261    Gli argomenti preliminari e la prima censura, relativi all’onere di dimostrare l’esistenza di ostacoli insormontabili all’entrata sul mercato, si basano su una concezione errata dei criteri giuridici applicabili alla valutazione della concorrenza potenziale, come ritenuto ai punti 81 e da 107 a 111 nonché da 123 a 125 della presente sentenza. Tali argomenti e tale censura devono, pertanto, essere respinti per gli stessi motivi esposti nei suddetti punti.

262    Allo stesso modo, nei limiti in cui tale censura si basa più in particolare sul rischio che venga concessa un’ingiunzione provvisoria sulla base di tali brevetti, occorre ricordare, come è stato affermato al punto 112 della presente sentenza, che tale concessione, e a maggior ragione il mero rischio di tale concessione, non può di per sé consentire di escludere lo status di potenziale concorrente di un produttore di medicinali generici.

263    Per quanto riguarda la seconda censura, occorre ricordare che, come affermato al punto 120 della presente sentenza, un ritardo nelle procedure di autorizzazione all’immissione in commercio non è di per sé sufficiente a mettere in discussione lo status di concorrente potenziale. Questo reclamo deve pertanto essere respinto per gli stessi motivi esposti al punto 120. Quanto al riferimento, al punto 1126 della decisione controversa, al vantaggio del «primo entrante» di cui beneficerebbe il primo produttore di medicinali generici a lanciare il suo prodotto, da tale riferimento non risulta affatto che solo un produttore che sia in grado di lanciare il suo prodotto per primo possa essere considerato come un concorrente potenziale del produttore di medicinali originari. Quanto al resto, è sufficiente rilevare che la Servier contesta valutazioni di fatto del Tribunale relative a tale ritardo e che il suo argomento è quindi irricevibile.

264    Quanto all’asserito snaturamento delle prove dell’assenza di scorte di Perindopril della Teva coperte da un’autorizzazione all’immissione in commercio, occorre rilevare, al pari della Commissione, che dal momento che la Servier non è in grado di individuare con precisione le prove di cui deduce lo snaturamento, la Commissione non è in grado di rispondere a tale censura e la Corte non può procedere al suo controllo, cosicché tale censura deve essere respinta in quanto irricevibile.

265    Per quanto riguarda lo snaturamento del ricorso della Servier in primo grado di cui al punto 594 della sentenza impugnata, ove il Tribunale osserva che la Servier non ha contestato in fatto l’affermazione, contenuta in una dichiarazione della Teva, secondo cui quest’ultima era disposta a lanciare il suo Perindopril nonostante il rischio di una procedura di infrazione, occorre rilevare che il Tribunale ha risposto all’argomento della Servier nel merito, in ogni caso, ricordando, al punto 591 di tale sentenza, che i rischi per la Teva di essere oggetto di una procedura di contraffazione e di ingiunzioni provvisorie a seguito del suo ingresso sul mercato del Perindopril non consentivano di «escludere l’esistenza di possibilità reali e concrete per la Teva di superare gli ostacoli legati ai brevetti in questione». Inoltre, da detto punto 594 risulta che, sebbene la Teva fosse consapevole dei rischi di violazione e della concessione di ingiunzioni provvisorie già nel febbraio 2006, essa ha comunque continuato ad intraprendere le sue azioni preparatorie, come risulta dal punto 598 della stessa sentenza.

266    Peraltro, come ricordato al punto 109 della presente sentenza, l’esistenza di un brevetto che protegge il processo di fabbricazione di un principio attivo divenuto di pubblico dominio non può, di per sé, essere considerata come un ostacolo insormontabile all’entrata sul mercato e non impedisce di qualificare come concorrente potenziale del produttore di farmaci originari interessato un produttore di farmaci generici che ha effettivamente la definitiva determinazione nonché la capacità propria di fare ingresso nel mercato e che, con le sue misure, si mostra pronto a contestare la validità di tale brevetto e ad assumere il rischio di essere confrontato, al momento dell’ingresso nel mercato, con un’azione per contraffazione promossa dal titolare di tale brevetto [sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C-307/18, EU:C:2020:52, punto 46].

267    Risulta pertanto dagli elementi esposti al punto 265 della presente sentenza che, senza doversi basare sul fatto che la Servier non ha contestato l’intenzione della Teva di entrare nel mercato a rischio, il Tribunale ha esaminato gli argomenti della Servier nel merito e ha motivato a sufficienza di diritto, alla luce della giurisprudenza citata al punto 266 della presente sentenza, per concludere che l’esistenza dei brevetti della Servier non costituiva un ostacolo insormontabile al potenziale ingresso della Teva nel mercato.

268    Ne consegue che la censura di snaturamento diretta contro il punto 594 della sentenza impugnata è inconferente in quanto riguarda un motivo ultroneo della sentenza impugnata.

269    Con la sua quarta censura, la Servier contesta la valutazione del messaggio di posta elettronica della Hetero del 15 ottobre 2007 con il pretesto di invocarne lo snaturamento. Orbene, secondo la giurisprudenza citata al punto 58 della presente sentenza, una censura di questa natura non rientra nella competenza della Corte nel procedimento di impugnazione.

270    Tenuto conto di tali elementi, la prima parte del quarto motivo deve essere respinta.

2.      Sulla seconda parte, relativa alla qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto

271    Con la seconda parte del suo quarto motivo, la Servier contesta al Tribunale di aver confermato, ai punti 698, 700 e 704 della sentenza impugnata, la qualificazione dell’accordo Teva come restrizione della concorrenza per oggetto. A tal riguardo, la Servier, pur ribadendo l’argomento esposto nell’ambito del primo motivo, fa valere che il fatto che l’accordo Teva contenga clausole restrittive della concorrenza e un pagamento che incitava la Teva ad assoggettarsi a siffatte clausole non sarebbe sufficiente per qualificare tale accordo come restrizione della concorrenza per oggetto, mentre, in particolare, tale accordo favoriva anche un ingresso anticipato della Teva nel mercato e produceva quindi effetti favorevoli alla concorrenza.

272    Prima di affrontare le obiezioni specifiche sollevate dalla Servier in tale contesto, occorre ricordare in via preliminare che, conformemente alla giurisprudenza citata ai punti 73, 76 e 77 della presente sentenza, gli eventuali effetti favorevoli alla concorrenza di un accordo sono irrilevanti nell’ambito dell’esame del suo oggetto anticoncorrenziale, anche al fine di verificarne la nocività. Va inoltre sottolineato che, come risulta dalla giurisprudenza citata in particolare al punto 83 della presente sentenza, un ritardo nell’immissione in commercio di medicinali generici in cambio di trasferimenti di valore dal produttore di medicinali originari a favore del produttore di tali medicinali generici deve essere considerato come una restrizione della concorrenza per oggetto se tali trasferimenti di valore si spiegano unicamente con l’interesse commerciale di tali produttori di medicinali a non competere per meriti.

a)      Sugli obiettivi dellaccordo Teva

1)      Argomenti delle parti

273    La Servier sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto omettendo di prendere in considerazione gli obiettivi oggettivamente perseguiti dall’accordo Teva, per il solo motivo che tale accordo conteneva clausole restrittive della concorrenza. Secondo la Servier, il Tribunale non ha tenuto conto del fatto che l’approvvigionamento della Teva di Perindopril era l’obiettivo essenziale di tale accordo. La composizione stragiudiziale delle controversie relative ai brevetti della Servier avrebbe costituito solo un obiettivo «secondario», la cui portata era limitata, in quanto non si estendeva al procedimento pendente dinanzi all’UEB relativo alla validità del brevetto 947. Secondo la Servier, tali obiettivi non sono, di per sé, dannosi per la concorrenza.

274    Inoltre, l’analogia operata dal Tribunale al punto 704 della sentenza impugnata tra l’accordo Teva e le circostanze del caso che hanno dato origine alla sentenza del 20 novembre 2008, Beef Industry Development Society e Barry Brothers (C‑209/07, EU:C:2008:643) non sarebbe fondata, poiché tali circostanze si riferivano non all’ingresso di un nuovo concorrente sul mercato, bensì all’uscita di imprese concorrenti già presenti su tale mercato.

275    La Commissione contesta tale argomentazione.

2)      Giudizio della Corte

276    Con tale censura la Servier contesta l’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto basandosi sulla presunta legittimità di alcuni degli obiettivi dichiarati dall’accordo Teva e di quella dell’intenzione delle parti al riguardo. Secondo la Servier, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto non tenendo conto di tali obiettivi e di tale intenzione, nell’ambito della qualificazione dell’accordo Teva di restrizione della concorrenza per oggetto.

277    Tuttavia, occorre ricordare che, per qualificare un comportamento di restrizione della concorrenza per oggetto, occorre determinare gli scopi oggettivi che tale comportamento mira a conseguire nei confronti della concorrenza. Di contro, come affermato al punto 87 della presente sentenza, il fatto che le imprese abbiano agito senza l’intenzione di impedire, restringere o falsare la concorrenza e il fatto che abbiano perseguito determinati obiettivi legittimi non sono determinanti ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. È pertinente solo la valutazione del grado di dannosità economica di tale pratica sul buon funzionamento della concorrenza nel mercato interessato. Questa valutazione deve basarsi su considerazioni oggettive, se necessario dopo un’analisi dettagliata della pratica in questione, dei suoi obiettivi e del contesto economico e giuridico in cui si inserisce [v., in tal senso, sentenze del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punti 84 e 85, nonché del 25 marzo 2021, Lundbeck/Commissione, C‑591/16 P, EU:C:2021:243, punto 131].

278    Inoltre, nei limiti in cui la Servier, sottolineando che l’accordo Teva aveva come obiettivo «essenziale» la fornitura di Perindopril alla Teva e come obiettivo «secondario» la composizione stragiudiziale delle controversie, cerca di invocare la giurisprudenza della Corte relativa alle restrizioni accessorie, è sufficiente dichiarare, per le ragioni esposte ai punti da 148 a 151 della presente sentenza, che tale giurisprudenza non è applicabile a una situazione come quella presentata dall’accordo Teva. Infatti, in primo luogo, la clausola dell’accordo Teva che prevede l’approvvigionamento della Teva di Perindopril non è neutrale nei confronti della concorrenza a causa dell’esistenza di pagamenti invertiti costitutivi di trasferimenti di valore e, in secondo luogo, tenuto conto dell’esistenza di questi pagamenti, le restrizioni della concorrenza derivanti dalle clausole di non contestazione e di non commercializzazione non possono essere considerate obiettivamente necessarie né a tale clausola di approvvigionamento né alla composizione stragiudiziale delle controversie, e ciò a maggior ragione qualora le clausole di non contestazione e di non commercializzazione siano lette alla luce del carattere esclusivo della clausola di approvvigionamento.

279    Di conseguenza, senza che sia necessario pronunciarsi sulla rilevanza della sentenza del 20 novembre 2008, Beef Industry Development Society e Barry Brothers (C‑209/07, EU:C:2008:643), tale censura, sollevata dalla Servier, deve essere respinta.

b)      Sullambivalenza degli effetti dellaccordo Teva 

1)      Argomenti delle parti

280    La Servier sostiene che, alla data di conclusione dell’accordo Teva, gli effetti potenziali di tale accordo, considerati nel loro insieme e nei limiti in cui erano identificabili a tale data, erano ambivalenti, cosicché la qualificazione dell’accordo Teva di restrizione della concorrenza per oggetto è esclusa, come risulta dalla sua argomentazione invocata nell’ambito del primo motivo. Il Tribunale avrebbe snaturato i fatti relativi al contesto di tale accordo, in particolare ai punti 644 e 667 della sentenza impugnata, e avrebbe ignorato gli effetti favorevoli di quest’ultimo.

281    La Commissione contesta tale argomentazione.

2)      Giudizio della Corte

282    La Servier non può invocare gli effetti positivi o almeno ambivalenti sulla concorrenza che l’accordo Teva potrebbe generare, poiché, conformemente alla giurisprudenza citata ai punti 73, 76 e 77 della presente sentenza, non è necessario esaminare tali effetti, che essi siano effettivi o potenziali e negativi o positivi, al fine di determinare se tale accordo possa essere qualificato come restrizione della concorrenza per oggetto. Pertanto, indipendentemente dal fatto che gli asseriti effetti positivi risultanti da un ingresso anticipato della Teva sul mercato non fossero certi, dal momento che la Servier disponeva del diritto contrattuale di bloccare tale ingresso mediante un’inversione contabile supplementare, tale argomento non può essere accolto in ogni caso. Tale censura deve pertanto essere respinta.

c)      Sulla nocività delle clausole dellaccordo Teva

1)      Argomenti delle parti

283    Per quanto riguarda la clausola di non contestazione dell’accordo Teva, la Servier ribadisce l’argomento sviluppato nell’ambito del suo primo motivo, secondo cui tale tipo di clausola usuale non è, di per sé, nocivo per la concorrenza. Ai punti 648 e 649 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ignorato la giurisprudenza derivante dalla sentenza del 25 febbraio 1986, Windsurfing International/Commissione (193/83, EU:C:1986:75) e ha erroneamente ritenuto irrilevante il fatto che tale clausola non includesse i procedimenti dinanzi all’UEB.

284    Per quanto riguarda la clausola di non commercializzazione dell’accordo Teva, ai punti 663 e 664 della sentenza impugnata, il Tribunale non avrebbe tenuto conto del fatto che l’ambito di applicazione di tale clausola era limitato al Perindopril che contraffaceva i brevetti della Servier, lasciando la Teva libera di sviluppare una forma non contraffatta di tale medicinale. Il Tribunale avrebbe altresì erroneamente escluso, al punto 666 di tale sentenza, prove relative allo sviluppo, da parte della Teva, di una versione non contraffatta di detto medicinale. Il Tribunale avrebbe inoltre commesso l’errore di non prendere in considerazione il fatto che l’approvvigionamento della Teva di Perindopril generico attenuava, se non addirittura eliminava gli eventuali effetti restrittivi di detta clausola. Orbene, il Tribunale avrebbe tuttavia ammesso, al punto 954 di detta sentenza, che la natura restrittiva della concorrenza dell’accordo stragiudiziale concluso con la Krka poteva essere compensata dagli effetti favorevoli alla concorrenza dell’accordo di licenza concluso con l’ultima impresa.

285    Per quanto riguarda la clausola di approvvigionamento esclusivo, la Servier deduce tre censure.

286    Anzitutto, il Tribunale avrebbe snaturato tale clausola. Contrariamente a quanto affermato dal Tribunale al punto 662 della sentenza impugnata, tale clausola non avrebbe vietato alla Teva di rifornirsi presso altri fornitori. La Teva sarebbe quindi rimasta libera di rifornirsi presso terzi che producono un Perindopril diverso da quello composto dalla forma cristallina alfa dell’erbumina protetta dal brevetto 947. Il Tribunale avrebbe erroneamente dedotto, al punto 663 di tale sentenza, che l’accordo Teva andava al di là dei brevetti della Servier.

287    Inoltre, la Servier sostiene che il Tribunale, al punto 672 della sentenza impugnata, ha affermato erroneamente e senza motivazione che la clausola di approvvigionamento esclusivo era insolita. Orbene, tale tipo di clausola sarebbe lecita e frequentemente utilizzata, in particolare dalla Teva.

288    Infine, la Servier fa valere che la clausola di approvvigionamento esclusivo avrebbe dovuto essere valutata nel suo contesto, alla luce del gioco della concorrenza quale si sarebbe svolto in assenza di tale clausola. Nei limiti in cui l’accordo Teva avrebbe consentito alla Teva di entrare nel mercato del Perindopril, la qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto sarebbe esclusa.

289    La Commissione contesta sia la ricevibilità sia la fondatezza di tale argomento.

2)      Giudizio della Corte

290    Con tale argomento, la Servier contesta la valutazione effettuata dal Tribunale sulla qualificazione dell’accordo Teva come restrizione della concorrenza per oggetto facendo valere, in sostanza, che né la clausola di non contestazione di tale accordo, né la clausola di non commercializzazione o la clausola di approvvigionamento esclusivo di quest’ultimo potevano causare effetti anticoncorrenziali.

291    Orbene, come sottolineato al punto 88 della presente sentenza, per determinare se una pratica collusiva possa essere classificata come restrizione della concorrenza per oggetto, è necessario esaminare il suo contenuto, la sua genesi e il suo contesto economico e giuridico, in particolare le caratteristiche specifiche del mercato in cui i suoi effetti si produrranno effettivamente. Il fatto che i termini di un accordo destinato ad attuare tale pratica non rivelino un oggetto anticoncorrenziale non è, di per sé, determinante.

292    Infatti, la qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto non dipende né dalla forma dei contratti o degli altri strumenti giuridici destinati ad attuare una siffatta pratica collusiva né dalla percezione soggettiva che le parti possono avere dell’esito della controversia che le vede opposte quanto alla validità di un brevetto. È pertinente solo la valutazione del grado di dannosità economica di tale pratica sul buon funzionamento della concorrenza nel mercato interessato. Questa valutazione deve basarsi su considerazioni oggettive, se necessario dopo un’analisi dettagliata della pratica in questione, dei suoi obiettivi e del contesto economico e giuridico in cui si inserisce [v., in tal senso, sentenze del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punti 84 et 85, nonché del 25 marzo 2021, Lundbeck/Commissione, C‑591/16 P, EU:C:2021:243, punto 131].

293    Pertanto, gli accordi stragiudiziali con cui un produttore di medicinali generici che intende entrare in un mercato riconosce, almeno temporaneamente, la validità di un brevetto detenuto da un produttore di medicinali originari e si impegna quindi a non contestarla oltre che a non entrare in quel mercato sono suscettibili di avere effetti restrittivi sulla concorrenza, poiché la contestazione della validità e della portata di un brevetto fa parte del normale gioco della concorrenza nei settori in cui esistono diritti esclusivi sulle tecnologie [sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 81).

294    Come sottolineato, in sostanza, dal Tribunale al punto 305 della sentenza impugnata, al fine di determinare se un accordo possa essere qualificato come restrizione della concorrenza per oggetto, occorre quindi analizzare separatamente non ciascuna delle sue clausole, bensì valutare se tale accordo, considerato globalmente, presenti un grado di dannosità economica sul buon funzionamento della concorrenza nel mercato interessato che giustifica una siffatta qualificazione. A causa degli stretti legami tra le clausole di non contestazione, di non commercializzazione e di approvvigionamento esclusivo dell’accordo Teva, era quindi indispensabile esaminare tali clausole come un tutt’uno.

295    Inoltre, l’argomento della Servier non tiene conto della giurisprudenza citata al punto 83 della presente sentenza, da cui risulta che il criterio per determinare se un accordo transattivo come quello della Teva costituisca una restrizione della concorrenza per oggetto consiste nel verificare se i trasferimenti di valore dal produttore del medicinale originario al produttore del medicinale generico costituiscano il corrispettivo della rinuncia di quest’ultimo al diritto di accedere al mercato interessato [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punti da 87 a 94].

296    Nel caso di specie, ai punti 644 e 645 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto la rilevanza degli effetti potenzialmente neutri o favorevoli alla concorrenza dell’accordo Teva e l’applicabilità della giurisprudenza sulle restrizioni accessorie, senza commettere alcun errore di diritto idoneo a rimettere in discussione la conclusione raggiunta in tali punti, come risulta dalla motivazione esposta ai punti 76 e 77 nonché ai punti da 148 a 151, 272 e 278 della presente sentenza.

297    Per quanto riguarda le restrizioni imposte alla Teva quanto al suo comportamento sul mercato, il Tribunale ha, in sostanza, confermato le constatazioni effettuate nella decisione controversa. Per le ragioni esposte ai punti da 647 a 678 della sentenza impugnata, la Corte ha ritenuto, in primo luogo, che la clausola di non contestazione precludesse alla Teva la possibilità di dimostrare che il suo Perindopril non violava i brevetti della Servier e di contestarne la validità nel Regno Unito. In secondo luogo, esso ha constatato che la clausola di non commercializzazione imponeva alla Teva di astenersi nel Regno Unito da qualsiasi produzione o commercializzazione del proprio Perindopril che la Servier ritenesse contraffatta o di qualsiasi versione che la Servier potesse ritenere contraffatta. In terzo luogo, esso ha constatato che la clausola di approvvigionamento esclusivo, che era strettamente connessa alla precedente, lasciava la Teva di fronte a un’alternativa consistente nella distribuzione del Perindopril della Servier composto dalla forma cristallina alfa dell’erbumina o, in caso di mancato approvvigionamento da parte della Servier, nel ricevere un’indennità forfettaria di un importo di GBP 500 000 al mese. L’effetto congiunto di tale alternativa e della combinazione di tali clausole era, in pratica, quello di consentire alla Servier di impedire alla Teva di commercializzare nel Regno Unito, senza il suo accordo, una versione generica del Perindopril composto dalla forma cristallina alfa dell’erbumina.

298    Orbene, la Servier contesta al Tribunale uno snaturamento della clausola di approvvigionamento esclusivo e della clausola di non commercializzazione. Contrariamente a quanto risulterebbe dai punti 662 e 663 della sentenza impugnata, tali clausole, in primo luogo, avrebbero riguardato unicamente la versione del Perindopril composta dalla forma cristallina alfa dell’erbumina, cosicché la Teva sarebbe rimasta libera di acquistare presso terzi altre forme di Perindopril nonché di commercializzarle e, in secondo luogo, la portata di tali clausole non avrebbe oltrepassato l’ambito di applicazione dei brevetti della Servier.

299    A tal riguardo, per quanto riguarda il punto 663 della sentenza impugnata, dal punto 6 di tale sentenza risulta che il brevetto 947 riguarda specificamente la versione del Perindopril composta dalla forma cristallina alfa dell’erbumina e i suoi processi di fabbricazione, senza che detta sentenza contenga altre spiegazioni che mettano in dubbio tale circostanza. Orbene, dai termini dell’accordo Teva risulta che le clausole di non commercializzazione e la clausola di approvvigionamento esclusivo di quest’ultimo si applicavano anche al solo Perindopril composto dalla forma cristallina alfa dell’erbumina, il quale rientrava quindi necessariamente nell’ambito di applicazione di tale brevetto. Pertanto, la constatazione effettuata al punto 663 della sentenza impugnata, secondo cui tali clausole si estendevano al di là dell’ambito di applicazione dei brevetti della Servier contemplati dall’accordo Teva, si basa su uno snaturamento di tale accordo.

300    Tuttavia, il Tribunale ha preso in considerazione correttamente e senza equivoco la limitazione dell’applicazione di dette clausole al Perindopril composto dalla forma cristallina alfa dell’erbumina correttamente e inequivocabilmente nell’ambito della sua analisi dell’oggetto di dette clausole da un punto di vista concorrenziale, ai punti 665 e 666 della sentenza impugnata. Da una lettura complessiva dei punti 662, 665 e 666 di tale sentenza risulta quindi che il Tribunale non ha commesso alcuno snaturamento al riguardo. Peraltro, come sottolineato dall’avvocata generale al paragrafo 175 delle sue conclusioni, il Tribunale ha scartato l’argomento della Servier come irrilevante, in base al rilievo secondo cui la forma di Perindopril che la Teva intendeva commercializzare, al momento della firma dell’accordo Teva, era proprio quella oggetto delle clausole di non commercializzazione e di fornitura esclusiva che apparivano in tale accordo. In tali circostanze, la circostanza che l’ambito di applicazione di tali clausole fosse limitato a questa forma del Perindopril non rimette in discussione la loro natura restrittiva nei confronti della concorrenza come analizzato dal Tribunale. Pertanto, lo snaturamento delle clausole di non commercializzazione e di fornitura esclusiva di cui al punto 299 della presente sentenza non inficia la conclusione raggiunta dal Tribunale in merito alla natura anticoncorrenziale di tali clausole e si riferisce, in definitiva, a un motivo ad abundantiam della sentenza impugnata. Parimenti, l’argomento della Servier relativo al carattere asseritamente usuale di dette clausole non può essere accolto, in quanto non rimette affatto in discussione tale carattere anticoncorrenziale.

301    Per il resto, devono essere respinti gli altri argomenti della Servier relativi all’asserita assenza di dannosità delle clausole di non contestazione e di non commercializzazione nei limiti in cui, come correttamente sostenuto dalla Commissione, essi mirano, in realtà, a contestare le valutazioni effettuate dal Tribunale sulle prove ad esso sottoposte nonché sugli elementi di fatto pertinenti ai fini dell’interpretazione dell’accordo Teva.

d)      Sull inversione contabile

1)      Argomenti delle parti

302    In via preliminare, la Servier ribadisce che la stipula, in un accordo transattivo di una controversia in materia di brevetti, di un’inversione contabile non è, di per sé, anticoncorrenziale. Lo stesso varrebbe, a maggior ragione, quando tale tipo di pagamento è previsto nell’ambito di un accordo di approvvigionamento quale l’accordo Teva. La Servier rinvia a questo proposito all’argomento esposto nella terza parte del primo motivo, riassunto ai punti 139 e 140 della presente sentenza.

303    Per quanto riguarda la clausola di indennizzo forfettario prevista dall’accordo Teva, la Servier sostiene che il Tribunale è incorso in vari errori di diritto ai punti 660 e 699 della sentenza impugnata nel ritenere che tale indennizzo facesse parte dell’inversione contabile sulla base della quale tale accordo era stato qualificato come restrizione della concorrenza per oggetto. Il Tribunale avrebbe erroneamente escluso, al punto 685 della sentenza impugnata, il carattere usuale di tale tipo di clausola. Quand’anche detto indennizzo fosse stato diretto a compensare la Teva in cambio della sua rinuncia ad entrare nel mercato del Perindopril, ciò non sarebbe sufficiente a qualificarlo quale inversione contabile. Infatti, detto indennizzo forfettario sarebbe legato non alla composizione stragiudiziale di controversie in materia di brevetti, bensì all’inadempimento dell’obbligo di approvvigionamento esclusivo previsto dall’accordo Teva. Per sua natura, il pagamento di una tale indennità forfettaria era incerto. Pertanto, detta indennità non avrebbe dovuto essere presa in considerazione nell’ambito del confronto con i costi inerenti alla composizione stragiudiziale delle controversie in materia di brevetti.

304    Quanto al pagamento della somma di 5 milioni di GBP alla Teva, la Servier rinvia al suo argomento nell’ambito del primo motivo, per contestare la rilevanza di tale pagamento ai fini della qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto. Secondo la Servier, detto pagamento mirava a coprire i costi sostenuti dalla Teva a causa della risoluzione dei suoi accordi con la Hetero e con la Alembic Pharmaceuticals Ltd della fabbricazione di una versione generica del Perindopril, della distruzione delle scorte esistenti nonché delle spese giudiziarie. Orbene, tali costi deriverebbero direttamente dall’accordo Teva.

305    La Servier contesta al Tribunale di aver snaturato i suoi argomenti relativi alla causa del pagamento di un importo di 5 milioni di GBP, avendo affermato, al punto 697 della sentenza impugnata, che essa aveva sostenuto che tale pagamento mirava a «garantire» la clausola di approvvigionamento esclusivo prevista dall’accordo Teva, laddove essa aveva fatto valere che tale accordo aveva lo scopo, dal suo punto di vista, di assicurarsi i servizi della Teva come distributore di medicinali generici nel Regno Unito. Orbene, il Tribunale avrebbe omesso di verificare tale elemento.

306    La Commissione contesta sia la ricevibilità sia la fondatezza di tale argomento.

2)      Giudizio della Corte

307    L’argomento secondo cui i pagamenti della Servier a favore della Teva non dovrebbero essere assimilati a un’inversione contabile in quanto l’accordo Teva non è una composizione stragiudiziale della controversia, bensì un accordo di approvvigionamento esclusivo, non può essere accolto. Tale circostanza infatti non toglie che, come risulta dai punti da 290 a 300 della presente sentenza, tale accordo conteneva restrizioni della concorrenza per oggetto e pertanto, come sottolineato, in particolare, al punto 272 della presente sentenza, il fatto che la Servier abbia versato somme di denaro in cambio dell’accettazione di tali restrizioni da parte della Teva è idoneo a costituire un tale pagamento.

308    Inoltre, per rientrare nel divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, una pratica collusiva deve soddisfare diverse condizioni che non dipendono dalla natura giuridica di tale pratica o degli strumenti giuridici destinati ad attuarla, ma dal suo rapporto con la concorrenza, come ricordato al punto 292 della presente sentenza. Poiché l’applicazione di questa disposizione si basa sulla valutazione delle ripercussioni economiche della pratica in questione, detta disposizione non può essere interpretata nel senso di stabilire un qualsiasi pregiudizio nei confronti di una categoria di accordi determinata dalla loro natura giuridica, poiché ogni accordo deve essere valutato alla luce del suo contenuto specifico e del suo contesto economico, e in particolare alla luce della situazione del mercato interessato (v., in tal senso, sentenze del 30 giugno 1966, LTM, 56/65, EU:C:1966:38, pag. 358, nonché del 17 novembre 1987, British American Tobacco e Reynolds Industries/Commissione, 142/84 e 156/84, EU:C:1987:490, punto 40). Inoltre, l’attuazione del diritto dell’Unione in materia di concorrenza sarebbe gravemente compromessa se le parti di accordi anticoncorrenziali potessero sottrarsi all’applicazione dell’articolo 101 TFUE semplicemente facendo assumere una certa forma a tali accordi.

309    Gli argomenti con cui la Servier sostiene che né il pagamento iniziale di un importo di 5 milioni di GBP, né l’indennizzo forfettario di un importo di 5,5 milioni di GBP dovevano essere considerati parte di un’inversione contabile devono essere parimenti respinti. Infatti, come risulta dai punti da 161 a 167 della presente sentenza, occorre verificare se il saldo netto positivo di tali trasferimenti possa essere pienamente giustificato dalla necessità di compensare i costi o gli inconvenienti associati a tale controversia e, in caso contrario, se tale saldo netto positivo di tali trasferimenti di valore sia stato sufficientemente elevato da indurre effettivamente il produttore di medicinali generici a non entrare nel mercato di cui trattasi.

310    Orbene, dalla lettura dei punti da 687 a 699 della sentenza impugnata risulta che il Tribunale ha analizzato in modo approfondito la questione se i due pagamenti in questione fossero necessari, secondo le condizioni che risultano dalla giurisprudenza citata ai punti da 161 a 167 della presente sentenza, e la questione se tali pagamenti, tenuto conto in particolare della loro entità, abbiano indotto la Teva ad accettare le restrizioni di concorrenza previste nell’accordo Teva. Poiché la Servier non è riuscita a presentare elementi idonei a rimettere in discussione le constatazioni effettuate dalla Commisione nella decisione controversa, il Tribunale, al termine delle considerazioni esposte ai punti da 687 a 699 della sentenza impugnata, ha dichiarato, senza incorrere in un errore di diritto, che la somma di 10,5 milioni di GBP che la Servier ha versato alla Teva avevano indotto quest’ultima a rinunciare ad entrare nel mercato.

311    L’argomento della Servier relativo all’inversione contabile deve essere pertanto respinto, così come il quarto motivo nel suo insieme.

E.      Sul quinto motivo, relativo all’accordo Lupin

312    Con il suo quinto motivo, la Servier contesta le valutazioni svolte dal Tribunale in merito all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE all’accordo Lupin. Tale motivo è suddiviso in tre parti.

1.      Sulla prima parte, relativa alla concorrenza potenziale

a)      Argomenti delle parti

313    Con la prima parte del suo quinto motivo, la Servier contesta al Tribunale di essere incorso in errori di diritto nell’applicazione del criterio giuridico che consente di qualificare la Lupin come concorrente potenziale e rinvia, a tal riguardo, alla sua argomentazione sviluppata nell’ambito del suo secondo motivo.

314    In primo luogo, la Servier sostiene che la sentenza impugnata è viziata da vari snaturamenti.

315    Per quanto riguarda i fatti, il Tribunale avrebbe, da un lato, affermato, ai punti 729 e 730 della sentenza impugnata, che, dopo la decisione dell’UEB del 27 luglio 2006, gli elementi di prova contenuti nel fascicolo non menzionano e neppure suggeriscono che la Lupin avesse previsto di rinunciare a contestare la validità del brevetto 947. Orbene, tale affermazione sarebbe inesatta e il Tribunale avrebbe commesso uno snaturamento dei fatti al riguardo. La Lupin avrebbe interposto appello avverso tale decisione e presentato una domanda di annullamento del brevetto 947 dinanzi a un giudice del Regno Unito, che è stata allegata a quelle della Apotex e della Krka, ma non confidava nelle sue possibilità di successo, contrariamente a quanto risulterebbe dal punto 1016 della decisione controversa.

316    Dall’altro lato, il Tribunale avrebbe snaturato i fatti considerando, ai punti 748 e 749 della sentenza impugnata, che la Lupin, alla data di conclusione dell’accordo Lupin, era impegnata in trattative avanzate con partner commerciali per la distribuzione di una versione generica del Perindopril. La Servier ritiene tuttavia che tali trattative fossero limitate e non abbiano mai avuto esito positivo.

317    Il Tribunale avrebbe altresì snaturato il ricorso in primo grado affermando, al punto 736 della sentenza impugnata, che la Servier non contestava, per quanto riguarda la Lupin, i criteri di valutazione applicati dalla Commissione per dimostrare l’esistenza di una concorrenza potenziale.

318    In secondo luogo, la Servier contesta al Tribunale di non aver preso sufficientemente in considerazione la situazione relativa al brevetto e commerciale che la Lupin doveva affrontare.

319    Per quanto riguarda la situazione relativa al brevetto, al punto 728 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato che la percezione da parte della Lupin di tale situazione era rilevante solo per valutare l’intenzione di tale impresa di entrare nel mercato.

320    Per quanto riguarda le difficoltà commerciali, la Servier contesta al Tribunale di aver ritenuto, al punto 749 della sentenza impugnata, che la Lupin avesse possibilità reali e concrete di commercializzare la sua versione generica del Perindopril in tutta l’Unione, sebbene essa fosse presente solo nel Regno Unito. A tal riguardo, la Servier contesta al Tribunale di aver snaturato la sua argomentazione affermando di essersi limitata a invocare ostacoli commerciali insormontabili, mentre essa aveva rilevato che la Lupin, in mancanza di partner commerciali, non poteva entrare a breve termine nel mercato, circostanza che sarebbe stata successivamente confermata nei fatti.

321    La Commissione contesta tale argomentazione.

b)      Giudizio della Corte

322    Va osservato che, con il pretesto dell’inesattezza materiale di alcuni fatti relativi ai documenti del fascicolo o dello snaturamento delle prove, la Servier contesta in realtà la valutazione di tali fatti e prove effettuata dal Tribunale ai punti 730, 748 e 749 della sentenza impugnata, ciò che non rientra nella competenza della Corte nel procedimento d’impugnazione, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 58 della presente sentenza.

323    Per quanto riguarda l’affermazione secondo cui il Tribunale avrebbe snaturato il ricorso in primo grado della Servier, occorre rilevare che dalla formulazione chiara e precisa del punto 108 di tale ricorso risulta che la Servier contestava i criteri giuridici applicati dalla Commissione. La Servier sosteneva, infatti, che tale istituzione aveva applicato in modo inesatto la giurisprudenza relativa alla valutazione della concorrenza potenziale. Ritenendo nella decisione controversa che l’assenza di ostacoli insormontabili incontrati dai produttori di medicinali generici equivalesse ad ammettere l’esistenza di possibilità reali e concrete di entrare nel mercato, la Commissione avrebbe privato in sostanza i termini «reali e concreti» della loro sostanza e «adottato un criterio giuridico contrario alla giurisprudenza».

324    Tuttavia, a prescindere da tale distorsione, si deve rilevare che il Tribunale non si è limitato ad esaminare la sola questione dell’esistenza di ostacoli insormontabili all’ingresso della Lupin sul mercato, ma ha anche esaminato in dettaglio, più in particolare ai punti da 718 a 724 della sentenza impugnata, i passi preparatori compiuti da tale impresa in vista dell’ingresso sul mercato e che hanno portato a concludere, conformemente a quanto affermato ai punti 79, 80 e da 104 a 111 della presente sentenza, che la Lupin aveva l’intenzione e la capacità, e quindi le possibilità reali e concrete, di effettuare tale ingresso. Inoltre, conformemente a quanto affermato ai punti 118, 120 e 121 della presente sentenza, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto nel ritenere, per i motivi esposti ai punti da 736 a 743 della sentenza impugnata, che gli argomenti della Servier relativi alle difficoltà incontrate dalla Lupin nell’ambito delle procedure di autorizzazione all’immissione in commercio non fossero tali da mettere in discussione il suo status di concorrente potenziale. Lo snaturamento così constatato non incide quindi sulla validità del dispositivo della sentenza impugnata.

325    Inoltre, si deve rilevare che gli argomenti della Servier relativi alla valutazione della situazione relativa ai brevetti nei confronti della Lupin prescindono dal fatto che il Tribunale ha effettivamente preso in considerazione gli ostacoli relativi ai brevetti e si basano, in tale misura, su una lettura erronea della sentenza impugnata. Infatti, come sottolineato al punto 108 della presente sentenza, il Tribunale non ha considerato, in particolare al punto 728 della sentenza impugnata, che la percezione da parte di un produttore di medicinali generici della forza di un brevetto era del tutto irrilevante ai fini della valutazione dell’esistenza di un potenziale rapporto concorrenziale tra la Servier, da un lato, e la Lupin, dall’altro, ma che tale percezione poteva essere rilevante solo al fine di determinare se la Lupin intendesse entrare nel mercato e non al fine di valutare la sua capacità di effettuare tale ingresso. Orbene, come affermato ai punti da 107 a 111 della presente sentenza, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto al riguardo. Questi argomenti vanno pertanto respinti.

326    Per quanto riguarda le censure di Servier relative agli ostacoli normativi e commerciali che la Lupin ha dovuto affrontare, in particolare quelli legati alla necessità di trovare partner commerciali, e all’asserito snaturamento degli argomenti della Servier in primo grado in merito a tali difficoltà commerciali, La Servier cerca in realtà di rimettere in discussione le valutazioni di fatto effettuate dal Tribunale ai punti da 736 a 742 e da 744 a 749 della sentenza impugnata, che non rientra nella competenza della Corte nel procedimento di impugnazione, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 58 della presente sentenza.

327    Ne consegue che la prima parte del quinto motivo dev’essere respinta.

2.      Sulla seconda parte, relativa alla qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto

328    Con la seconda parte del suo quinto motivo, la Servier, reiterando l’argomentazione sviluppata nell’ambito del suo primo motivo, contesta al Tribunale di essere incorso in errori di diritto qualificando l’accordo Lupin come restrizione della concorrenza per oggetto.

a)      Sullinversione contabile

1)      Argomenti delle parti

329    Pur facendo riferimento all’argomento sviluppato nell’ambito del suo primo motivo, la Servier contesta il ragionamento del Tribunale secondo cui un accordo commerciale concomitante a un accordo transattivo in materia di brevetti costituisce un’inversione contabile che rende tale accordo stragiudiziale anticoncorrenziale per oggetto qualora detto accordo commerciale non sia stato concluso alle condizioni di mercato.

330    La Servier contesta la constatazione effettuata dal Tribunale, al punto 827 della sentenza impugnata, secondo cui il versamento di una somma di EUR 40 milioni alla Lupin costituisca un’inversione contabile. Il confronto effettuato dal Tribunale, al punto 816 della sentenza impugnata, tra tale somma e i profitti attesi dalla Lupin non sarebbe pertinente, in quanto tale somma rappresenterebbe la contropartita di brevetti e la Lupin non avrebbe rinunciato ad entrare nel mercato, ma avrebbe assoggettato tale ingresso al rispetto di talune condizioni. Quand’anche la stessa somma avesse superato il valore dei profitti realizzati dalla Lupin nel corso di due anni, la Commissione non avrebbe dimostrato che tale valore fosse sufficiente per indurre la Lupin a rinunciare indefinitamente all’ingresso nel mercato del Perindopril.

331    La Commissione contesta tale argomentazione.

2)      Giudizio della Corte

332    Occorre rilevare che l’argomento della Servier consiste, in sostanza, nel far valere che, a differenza di quanto avrebbe dichiarato il Tribunale, il versamento di una somma di EUR 40 milioni da essa effettuato a favore della Lupin in cambio della cessione dei diritti di proprietà intellettuale relativi a tre domande di brevetti non costituisce un’inversione contabile, bensì il legittimo corrispettivo dell’acquisizione di tali diritti.

333    A questo proposito, occorre ricordare che, se è pur vero che, come risulta dai punti 163 e 166 della presente sentenza, gli importi corrispondenti alla remunerazione per la fornitura di beni o servizi alla società originatrice possono essere giustificati, ciò non vale se sono eccessivi e, quindi, non necessari a tale scopo. In tal caso, come affermato al punto 165 della presente sentenza, occorre verificare se il saldo netto positivo di tali importi, comprensivo di eventuali costi giustificati, sia sufficientemente elevato da indurre effettivamente un’impresa di medicinali generici a non accedere al mercato interessato, senza che sia necessario che tale saldo sia necessariamente superiore ai profitti che essa avrebbe conseguito se fosse stata vittoriosa nella procedura in materia di brevetti risolta in via stragiudiziale.

334    Nel caso di specie, il Tribunale ha rilevato, in sostanza, ai punti da 814 a 824 della sentenza impugnata, che il pagamento da parte della Servier di una somma di EUR 40 milioni alla Lupin a fronte della cessione di tre domande di brevetti depositate da quest’ultima doveva essere preso in considerazione tra i trasferimenti di valore che consentivano di determinare l’esistenza di un’inversione contabile costituente il corrispettivo della rinuncia della Lupin ad entrare nel mercato. A tal riguardo, il Tribunale ha rilevato, al punto 825 di tale sentenza, che la Servier non era riuscita a produrre elementi che consentissero di concludere che tale pagamento corrispondeva a una transazione effettuata alle normali condizioni di mercato. Ritenendo quindi, in sostanza, che la tecnologia ceduta non giustificasse l’entità di un siffatto importo, il Tribunale ha concluso, al punto 827 di detta sentenza, nel senso del carattere incentivante di tale pagamento nel contesto della composizione amichevole delle controversie in materia di brevetti tra la Servier e la Lupin. Orbene, alla luce dei criteri ricordati al punto precedente della presente sentenza, tali valutazioni del Tribunale non sono viziate da alcun errore di diritto.

335    In assenza di errori di diritto invocati dalla Servier che permettano di rimettere in discussione la validità di tali valutazioni effettuate dal Tribunale, l’argomento della Servier deve, per il resto, essere respinto ove mira, in realtà, a chiedere alla Corte di effettuare una nuova valutazione dei fatti e delle prove, che non è di sua competenza nel procedimento di impugnazione, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 58 della presente sentenza.

336    L’argomento della Servier deve, pertanto, essere respinto.

b)      Sulla nocività delle clausole dellaccordo Lupin

1)      Argomenti delle parti

337    Per quanto riguarda la clausola di non contestazione prevista dall’accordo Lupin, la Servier contesta al Tribunale di aver ritenuto, al punto 836 della sentenza impugnata, che tale clausola costituisse una restrizione evidente della concorrenza, senza esaminare il contesto in cui essa si inseriva. Secondo la Servier, l’accordo Lupin non ha avuto effetti sulla contestazione della validità del brevetto 947 da parte di terzi quali la Apotex, circostanza che il Tribunale avrebbe peraltro rilevato con riferimento agli accordi conclusi tra la Servier e la Krka. Per quanto riguarda gli altri brevetti della Servier, quest’ultima afferma che la Lupin non aveva né l’intenzione né la capacità di contestarli, circostanza che il Tribunale avrebbe omesso di esaminare.

338    Per quanto riguarda la clausola di non commercializzazione prevista dall’accordo Lupin, la Servier contesta che essa abbia potuto limitare la concorrenza. Il Tribunale, ai punti 843 e 844 della sentenza impugnata, avrebbe omesso di prendere in considerazione il contesto di tale clausola, da cui risulterebbe che l’ingresso della Lupin nel mercato nel Regno Unito era bloccato dal brevetto 947 e dalle ingiunzioni giudiziarie ottenute dalla Servier nonché dal fatto che la Lupin non disponeva, in tale ex Stato membro, né di autorizzazioni all’immissione in commercio né di partner commerciali.

339    Per contro, l’accordo Lupin avrebbe previsto che la Lupin conservasse la possibilità di entrare nel mercato del Perindopril coperto dai brevetti della Servier, a condizione che quest’ultima avesse previamente autorizzato un terzo ad entrare in tale mercato mediante una licenza dei suoi brevetti. Orbene, una siffatta possibilità di ingresso anticipato osterebbe alla qualificazione dell’accordo Lupin come restrizione della concorrenza per oggetto. Al punto 954 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe espressamente riconosciuto che gli effetti anticoncorrenziali di una clausola di non commercializzazione potevano essere neutralizzati dalla concessione di una licenza di brevetto.

340    Tuttavia, il Tribunale avrebbe escluso, al punto 852 della sentenza impugnata, una siffatta possibilità a causa del carattere incerto di tale ingresso anticipato. Un siffatto motivo non figurerebbe nella decisione controversa. La Servier sostiene che, sostituendo in tal modo i propri motivi a quelli della Commissione, il Tribunale ha violato i limiti delle sue competenze e violato il principio del contraddittorio. In ogni caso, tali motivi sarebbero manifestamente errati e snaturerebbero i fatti.

341    Per quanto riguarda la clausola che prevede la conclusione di un accordo di fornitura di Perindopril, la Servier sostiene che essa è favorevole alla concorrenza, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale ai punti 858 e 859 della sentenza impugnata, poiché tale clausola consentiva alla Lupin di entrare nel mercato del Perindopril. Tale carattere favorevole alla concorrenza non sarebbe rimesso in discussione né dal fatto che l’impegno della Servier a concludere un accordo di approvvigionamento con la Lupin era soggetto a condizioni, né dal fatto che, alla fine, non è stato concluso alcun accordo di questo tipo. Quanto all’assenza di una sanzione esplicita in caso di mancata esecuzione di tale impegno, la Servier sottolinea che un siffatto motivo era assente nella decisione controversa. La Servier fa valere che l’unico motivo per cui non è stato concluso alcun accordo di approvvigionamento deriva in definitiva dal fatto che la Lupin è riuscita ad ottenere un’autorizzazione all’immissione in commercio per il suo Perindopril.

342    Per quanto riguarda la clausola di cessione e di licenza prevista dall’accordo Lupin, la Servier ritiene che essa potesse essere interpretata come una licenza implicita sui propri brevetti, clausola i cui effetti sarebbero favorevoli alla concorrenza. La Servier contesta al Tribunale di aver scartato tale argomento sulla base del rilievo che il contenuto di tale clausola era oscuro e incerto. Orbene, il primo di tali motivi, relativo al carattere oscuro del contenuto di detta clausola, sarebbe infondato e non figurerebbe nella decisione controversa. Il secondo di tali motivi, basato sul carattere incerto della possibilità che la Servier conceda una licenza di brevetto alla Lupin a causa delle condizioni di cui al punto 339 della presente sentenza, non mette in discussione il carattere favorevole alla concorrenza della clausola di cessione e di licenza.

343    La Commissione contesta tale argomentazione.

2)      Giudizio della Corte

344    Il Tribunale ha constatato, ai punti 836 e 837 della sentenza impugnata, che la natura restrittiva della concorrenza della clausola di non contestazione prevista dall’accordo Lupin era «evidente», in quanto tale clausola prevedeva che la Lupin fosse tenuta a rinunciare a contestare in tutti gli Stati membri del SEE la validità dei brevetti della Servier a tutela del Perindopril.

345    Ai punti da 839 a 864 di tale sentenza, il Tribunale ha constatato che la clausola di prevista dall’accordo Lupin non commercializzazione vietava alla Lupin di commercializzare una versione generica del Perindopril in qualsiasi mercato nazionale coperto da tale accordo, salvo in tre ipotesi: in primo luogo, quando i brevetti della Servier fossero scaduti, dichiarati nulli o revocati; in secondo luogo, se la Servier avesse autorizzato la commercializzazione da parte di terzi di una versione generica prodotta da essa; o, in terzo luogo, se la Servier avesse rinunciato o non avesse ottenuto un’ingiunzione contro terzi che commercializzassero una versione generica di Perindopril non prodotta da essa.

346    Il Tribunale ha considerato che, nonostante le ambiguità di talune clausole dell’accordo Lupin sulla questione se la portata di tale accordo si estendesse ad altre forme del Perindopril rispetto a quella composta dalla forma cristallina alfa dell’erbumina di cui al brevetto 947, la conseguenza pratica di tali clausole consisteva nel vietare alla Lupin di entrare nel mercato del Perindopril fintantoché i brevetti della Servier restassero in vigore, salvo che la Servier non avesse previamente autorizzato l’ingresso di terzi in tale mercato o tali brevetti non consentissero alla Servier di opporsi a tale ingresso.

347    Ai punti da 858 a 860 della sentenza impugnata, il Tribunale ha escluso la rilevanza del fatto che l’accordo Lupin prevedeva l’adozione futura di un accordo di approvvigionamento tra la Servier e la Lupin, in sostanza, in quanto la Servier non era obbligata a concludere un siffatto accordo e l’assenza della sua adozione non avrebbe comportato conseguenze giuridiche rilevanti per le parti.

348    Per i motivi esposti ai punti da 865 a 887 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che le restrizioni così apportate al comportamento della Lupin avevano potuto essere validamente qualificate dalla Commissione come restrizione della concorrenza per oggetto.

349    Con il suo argomento, la Servier sostiene che le clausole di non contestazione, di non commercializzazione, di cessione e di licenza, nonché quella che prevedeva la conclusione di un accordo di approvvigionamento, previste dall’accordo Lupin, non erano anticoncorrenziali. Tale argomento non tiene conto della giurisprudenza citata al punto 83 della presente sentenza, da cui risulta che il criterio per determinare se un accordo come quello Lupin costituisca una restrizione della concorrenza per oggetto è quello di stabilire se i trasferimenti di valore dal produttore del medicinale originario al produttore del medicinale generico costituiscano il corrispettivo della rinuncia, da parte di quest’ultimo, di accedere al mercato interessato. Orbene, come risulta dai punti da 332 a 336 della presente sentenza, il Tribunale non ha commesso un errore di diritto nel ritenere che l’accordo Lupin prevedeva un’inversione contabile di un montante di EUR 40 milioni.

350    Inoltre, dal punto 293 della presente sentenza risulta che gli accordi transattivi con i quali un produttore di medicinali generici che intenda accedere a un mercato riconosce, almeno temporaneamente, la validità di un brevetto detenuto da un produttore di medicinali originari e si impegna quindi a non contestarla e a non entrare in quel mercato sono suscettibili di avere effetti restrittivi sulla concorrenza, poiché la contestazione della validità e della portata di un brevetto fa parte del normale gioco della concorrenza nei settori in cui esistono diritti esclusivi sulle tecnologie [sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 81]. Peraltro, il fatto che un accordo limiti le possibilità per un concorrente potenziale di fare concorrenza al titolare di un brevetto senza, tuttavia, escludere qualsiasi possibilità di concorrenza da parte di tale concorrente non può inficiare la conclusione secondo cui tale accordo costituisce una restrizione della concorrenza per oggetto.

351    Di conseguenza, poiché il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto nella motivazione della sentenza impugnata riassunta ai punti da 344 a 348 della presente sentenza, tale argomento deve essere respinto.

352    Per il resto, per quanto riguarda gli argomenti della Servier riassunti ai punti da 339 a 342 della presente sentenza, relativi ai presunti effetti favorevoli alla concorrenza dell’accordo Lupin, è sufficiente ricordare che, conformemente alla giurisprudenza citata ai punti 73, 76 e 77 della presente sentenza, tali effetti non sono rilevanti nell’ambito della valutazione dell’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto.

c)      Sullambito di applicazione dellaccordo Lupin

1)      Argomenti delle parti

353    La Servier contesta la valutazione del Tribunale, effettuata ai punti da 875 a 877 della sentenza impugnata, secondo cui la Commissione era legittimata a ritenere che la portata delle clausole restrittive della concorrenza previste dall’accordo Lupin si estendesse a prodotti diversi dal Perindopril composti dalla forma alfa-cristallina dell’erbumina coperta dal brevetto 947, oggetto delle controversie risolte in via stragiudiziale mediante tale accordo, e poteva quindi giustificare la qualificazione di tale accordo come restrizione della concorrenza per oggetto.

354    Aderendo così all’interpretazione dell’accordo Lupin più sfavorevole alla Servier, il Tribunale avrebbe violato il principio della presunzione di innocenza nonché la giurisprudenza secondo la quale l’esistenza di un dubbio nella mente del giudice deve andare a vantaggio dell’impresa destinataria della decisione che constata un’infrazione.

355    La Servier sostiene inoltre che la valutazione, al punto 877 della sentenza impugnata, secondo cui clausole di non commercializzazione e di non contestazione previste in un accordo transattivo di una controversia in materia di brevetti possono essere qualificate come restrizione della concorrenza per oggetto per il solo motivo che esse eccedono l’ambito di applicazione di un «brevetto identificato distintamente» è errata in diritto. Infatti, un accordo di questo tipo potrebbe legittimamente coprire un insieme di brevetti al fine di evitare future controversie. Nel caso di specie, l’accordo Lupin non avrebbe affatto impedito alla Lupin di commercializzare versioni del Perindopril che non costituivano contraffazioni del brevetto 947.

356    La Commissione contesta tale argomentazione.

2)      Giudizio della Corte

357    Al punto 877 della sentenza impugnata, il Tribunale ha osservato che la presenza, in un accordo transattivo di una controversia in materia di brevetti, di clausole di non contestazione e di non commercializzazione la cui portata si estende al di là dell’ambito di applicazione di tale brevetto «presenta chiaramente un grado di pregiudizio al corretto funzionamento della normale concorrenza sufficiente a far sì che l’inserimento di tali clausole possa essere qualificato come restrizione per oggetto, senza che sia necessario dimostrare, inoltre, l’esistenza di un incentivo».

358    Al punto 878 di tale sentenza, il Tribunale ha affermato che, anche supponendo che la Commissione sia incorsa in un errore nel ritenere che la portata dell’accordo Lupin si estendesse al di là dell’ambito di applicazione del brevetto 947, un siffatto errore non sarebbe idoneo a rimettere in discussione la constatazione, da parte della Commissione, di una restrizione della concorrenza per oggetto, in quanto tale constatazione si basa essenzialmente sull’esistenza di un’inversione contabile che aveva indotto la Lupin a rinunciare ad entrare nel mercato di cui trattasi. Da tale valutazione, nonché dal fatto che le censure della Servier che contestavano l’esistenza di una siffatta inversione contabile nel caso di specie sono state respinte ai punti da 329 a 336 della presente sentenza, risulta pertanto che le considerazioni esposte al punto 877 della sentenza impugnata sono superflue. Ne consegue che le censure della Servier dirette contro detto punto 877 sono inoperanti e devono essere respinte.

359    In considerazione di quanto precede, occorre respingere la seconda parte del quinto motivo.

3.      Sulla terza parte, relativa alla data di cessazione dellinfrazione

a)      Argomenti delle parti

360    Con la terza parte del quinto motivo, la Servier contesta al Tribunale di essere incorso in errori di diritto riguardo alla determinazione della data di cessazione dell’infrazione relativa all’accordo Lupin.

361    La Servier ricorda di aver contestato, nell’ambito del suo ricorso in primo grado, la determinazione di tale data deducendo l’incoerenza e l’assenza di motivazione della decisione controversa a tal riguardo. Per quanto riguarda la Francia, la Commissione avrebbe fissato la fine dell’infrazione alla data dell’ingresso di un altro produttore di medicinali generici, la Sandoz AG, in tale mercato nel mese di settembre del 2008. Per contro, trattandosi del Belgio, della Repubblica ceca, dell’Irlanda e dell’Ungheria, essa avrebbe escluso la data dell’ingresso della Sandoz in tali mercati e avrebbe ritenuto che tale infrazione fosse cessata con l’adozione della decisione dell’UEB del 6 maggio 2009.

362    Non censurando tale incoerenza e tale errore manifesto di valutazione, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto. Il Tribunale si sarebbe basato, al punto 898 della sentenza impugnata, sull’ambiguità della formulazione dell’accordo Lupin e, in particolare, ai punti 899 e 903 di tale sentenza, sulla circostanza che le parti avrebbero continuato ad applicare l’accordo Lupin dopo l’ingresso della Sandoz nel mercato del Perindopril. Orbene, tali motivi non figurerebbero nella decisione controversa. Il Tribunale avrebbe così sostituito i propri motivi a quelli della Commissione. Orbene, secondo la Servier, i motivi addotti dal Tribunale sono inesatti. Se la Lupin non è entrata sul mercato, ciò sarebbe dovuto al fatto che essa non avrebbe disposto delle autorizzazioni richieste a tal fine.

363    La Servier sostiene che, conformemente ai termini dell’accordo Lupin, l’ingresso della Sandoz nel mercato ha avuto l’effetto di liberare la Lupin dal suo obbligo di non commercializzazione, come risulta dal punto 2127 della decisione controversa per quanto riguarda il mercato in Francia. Per la stessa ragione, il Tribunale avrebbe dovuto riconoscere che l’ingresso della Sandoz aveva avuto anche l’effetto di porre fine all’infrazione relativa all’accordo Lupin in Belgio nel luglio 2008, nella Repubblica ceca nel gennaio 2009, in Irlanda nel giugno 2008 e in Ungheria nel dicembre 2008.

364    La Servier chiede al Tribunale di annullare l’articolo 7, paragrafo 5, lettera b), della decisione impugnata e di ridurre di conseguenza l’importo dell’ammenda inflittale da EUR 37 102 100 a EUR 34 745 100.

365    La Commissione contesta tale argomentazione.

366    Secondo tale istituzione, l’interpretazione della clausola di non commercializzazione prevista dall’accordo Lupin, esposta al punto 1039 della decisione controversa, si basa sulle dichiarazioni della Servier. Conformemente a tale interpretazione, tale clausola avrebbe continuato a produrre i suoi effetti dopo l’ingresso nei mercati in Belgio, nella Repubblica ceca, in Irlanda e in Ungheria di una versione generica del Perindopril prodotta dalla Sandoz.

367    Dopo il lancio, il 17 settembre 2008, da parte della Sandoz di tale medicinale, che non comprendeva alcuno dei cristalli protetti dal brevetto 947, la Lupin avrebbe chiesto alla Servier di confermare se potesse lanciare il suo medicinale generico. Nella sua risposta del 31 marzo 2009, la Servier non avrebbe risposto affermativamente a tale domanda. In tali circostanze, l’ingresso della Lupin nel mercato sarebbe divenuto possibile solo a partire dalla decisione dell’UEB del 6 maggio 2009.

b)      Giudizio della Corte

368    Con la sua argomentazione, la Servier sostiene, in sostanza, che, rifiutando di ritenere che l’infrazione relativa all’accordo Lupin fosse cessata nei mercati in Belgio, nella Repubblica ceca, in Irlanda e in Ungheria alla data di ingresso in tali mercati di una versione generica del Perindopril prodotta dalla Sandoz, così come aveva fatto per il mercato francese, la Commissione ha viziato la decisione controversa con una motivazione contraddittoria e un errore manifesto di valutazione che il Tribunale avrebbe dovuto censurare.

369    A tal proposito, dal punto 3136 della decisione controversa risulta che la Commissione ha ritenuto che le violazioni dell’articolo 101 TFUE siano iniziate alla data di conclusione degli accordi contestati e siano terminate «alla data a partire dalla quale i concorrenti generici [avevano] potuto adottare un comportamento concorrenziale». Secondo l’articolo 5 di questa decisione, la violazione relativa all’accordo Lupin è iniziata il 30 gennaio 2007 ed è terminata il 6 maggio 2009, data dell’adozione della decisione con cui l’UEB ha revocato il brevetto 947, ad eccezione di cinque mercati nazionali. Tra tali mercati figura il mercato francese per il quale la Commissione ha ritenuto che tale infrazione fosse cessata il 16 settembre 2008, data dell’ingresso in detto mercato di una versione generica del Perindopril prodotta dalla Sandoz.

370    Orbene, al punto 410 della decisione controversa, la Commissione ha rilevato che la Sandoz aveva lanciato il suo Perindopril generico in Belgio nel luglio 2008, nella Repubblica ceca nel gennaio 2009, in Irlanda nel giugno 2008 e in Ungheria nel dicembre 2008.

371    Nell’ambito di un motivo di primo grado relativo alle ammende che le erano state inflitte ai sensi dell’articolo 101 TFUE, la Servier ha contestato la durata dell’infrazione relativa all’accordo Lupin. Essa ha fatto valere che la Commissione, così come ha fatto per il mercato francese, avrebbe dovuto concludere che tale infrazione era cessata in Belgio, nella Repubblica ceca, in Irlanda e in Ungheria alla data dell’ingresso della Sandoz su tali mercati.

372    Il Tribunale ha ritenuto, al punto 894 della sentenza impugnata, che tale accordo potesse essere interpretato nel senso di consentire «alla Lupin di entrare sul mercato con i propri prodotti quando un "prodotto" generico non fabbricato dalla Servier è entrato sul mercato senza violare un’ingiunzione e senza che una domanda di ingiunzione presentata dalla Servier sia stata ancora respinta».

373    Tuttavia, a causa della formulazione ambigua della definizione del termine «prodotto» utilizzata nell’accordo Lupin, il Tribunale ha ritenuto che non esistesse una risposta chiara alla questione se l’ingresso della Sandoz in un mercato con un prodotto che non era composto dalla forma cristallina alfa dell’erbumina protetta dal brevetto 947 potesse avere l’effetto di porre fine agli effetti della clausola di non commercializzazione. Secondo il Tribunale, tali incertezze erano tali da dissuadere la Lupin dall’entrare nei mercati interessati, e ciò nonostante l’arrivo della versione generica del Perindopril della Sandoz su tali mercati.

374    Il Tribunale ha statuito, al punto 902 della sentenza impugnata, che «la circostanza che la clausola di non commercializzazione (…) sia rimasta in vigore, caratterizzando quindi il mantenimento di un accordo di volontà tra le parti - eventualmente in contrasto con l’interpretazione delle condizioni di applicazione della clausola, che, a posteriori, potrebbe essere rilevata, in particolare, dal giudice del contratto -,era sufficiente per consentire alla Commissione di accertare che l’accordo di volontà tra la Servier e la Lupin e, quindi, l’infrazione proseguivano nonostante gli ingressi nel mercato della Sandoz».

375    Infine, il Tribunale ha rilevato, al punto 903 della sentenza impugnata, che «[i]n ogni caso, (...) la clausola di non commercializzazione continuava ad essere applicata dalla Servier e dalla Lupin dopo gli ingressi successivi della Sandoz nei quattro mercati in questione». Orbene, dato che la continuazione di un’infrazione può essere riscontrata oltre il periodo in cui un accordo è formalmente in vigore, qualora le imprese interessate abbiano continuato a porre in essere comportamenti vietati, il Tribunale, per i motivi esposti ai punti 905 e 906 di tale sentenza, ha respinto l’argomento della Servier.

376    Nel caso di specie, come sottolineato al punto 369 della presente sentenza, nella decisione impugnata la Commissione ha assunto come criterio per determinare la fine del periodo di infrazione non la data di cessazione dei comportamenti illeciti in quanto tale, ma «la data a partire dalla quale i concorrenti generici sono stati in grado di adottare un comportamento concorrenziale». Di conseguenza, e in assenza di qualsiasi indicazione in senso contrario fornita nella motivazione della sentenza impugnata, si deve ritenere che la situazione risultante dall’arrivo nei mercati nazionali della versione generica del Perindopril prodotta dalla Sandoz sollevasse, in tutti i mercati interessati, la questione se la clausola di non commercializzazione di cui trattasi continuasse a produrre i suoi effetti.

377    Tuttavia, il Tribunale non ha fornito alcuna spiegazione, nella sentenza impugnata, delle ragioni per le quali il mercato francese era stato trattato in modo diverso, al punto 2127 della decisione controversa, rispetto ai mercati belga, ceco, irlandese e ungherese. È vero che il Tribunale ha menzionato, al punto 900 della sentenza impugnata, incertezze anche per quanto riguarda il mercato francese, quanto alla data in cui la Lupin era libera di entrare in tale mercato a causa dell’ingresso della Sandoz in quest’ultimo, ma non ne ha tratto alcuna conseguenza per quanto riguarda la data in cui l’infrazione è cessata in tale mercato. Pertanto, la sentenza impugnata non consente di comprendere perché la Commissione non avrebbe commesso alcun illecito, secondo il Tribunale, trattando il mercato francese diversamente dagli altri quattro mercati summenzionati.

378    Infatti, se tale questione, connessa alla situazione risultante dall’arrivo della Sandoz nel mercato, si poneva quindi in termini analoghi in Francia, in Belgio, nella Repubblica ceca, in Irlanda e in Ungheria, il Tribunale non ha accolto il motivo di annullamento della Servier vertente su una contraddizione di motivi della decisione controversa.

379    Alla luce di tali elementi, si deve constatare che la sentenza impugnata è viziata da un errore di diritto e che la terza parte del quinto motivo deve essere accolta.

F.      Sul settimo motivo, relativo alle ammende

380    Con il suo settimo motivo, la Servier contesta le valutazioni operate dal Tribunale sulle sue domande dirette all’annullamento delle ammende che le sono state inflitte nonché sul calcolo dei loro importi. Tale motivo di impugnazione è articolato in due parti.

1.      Sulla prima parte, relativa alla violazione del principio di legalità dei reati e delle pene

a)      Argomenti delle parti

381    Secondo la Servier, dichiarando, al punto 1660 della sentenza impugnata, che la Servier «avrebbe dovuto attendersi, se del caso dopo aver fatto ricorso a un illuminato parere legale, che il suo comportamento potesse essere dichiarato incompatibile con le norme in materia di concorrenza del diritto dell’Unione», il Tribunale avrebbe violato il principio di legalità dei reati e delle pene sancito all’articolo 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, sarebbe venuto meno al suo obbligo di motivazione e avrebbe statuito secondo un motivo contraddittorio rispetto a quello enunciato al punto 1666 di tale sentenza, secondo cui «la natura illecita [degli accordi oggetto della decisione controversa] [poteva] non risultare evidente ad un osservatore esterno come la Commissione o a giuristi specializzati nei settori di cui trattasi».

382    La Servier ritiene, infatti, che, in forza di tale principio, la Commissione non possa infliggere ammende in una situazione nuova, caratterizzata da un’assenza di decisioni o di giurisprudenza anteriori, e complessa. Orbene, la presente causa era, secondo la Servier, al contempo nuova e complessa. La novità di tale causa sarebbe attestata da una dichiarazione del capo unità responsabile dell’indagine della Commissione sfociata nell’adozione della decisione controversa, dai punti 3091, 3092 e 3107 di tale decisione, nonché dalle valutazioni effettuate dal Tribunale al punto 1660 della sentenza impugnata.

383    Quanto alla complessità delle questioni economiche e giuridiche sollevate, essa risulterebbe in particolare dalla lunghezza eccezionale della decisione controversa nonché dalle dichiarazioni in tal senso rese dalla Commissione al cancelliere del Tribunale nell’ambito del procedimento di primo grado. Tale complessità avrebbe indotto la Commissione, nel corso del 2014, a modificare gli orientamenti sugli accordi di trasferimento di tecnologia del 2004, al fine di precisare che gli accordi transattivi delle controversie potevano essere vietati ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

384    La Servier censura la sentenza impugnata poiché il Tribunale avrebbe travisato i fatti suggerendo che sarebbe stato sufficiente richiedere una consulenza specialistica per individuare la natura illecita del suo comportamento ai sensi dell’articolo 101 TFUE.

385    La Commissione contesta tale argomentazione.

b)      Giudizio della Corte

386    Secondo la giurisprudenza della Corte, il principio di legalità dei reati e delle pene esige che la legge definisca chiaramente le infrazioni e le pene che le reprimono. Tale condizione è soddisfatta qualora il soggetto sia in grado di sapere, sulla base del dettato della disposizione pertinente e con l’aiuto dell’interpretazione che ne è data dai giudici, quali atti e omissioni fanno sorgere la sua responsabilità penale (sentenza del 22 maggio 2008, Evonik Degussa/Commissione, C‑266/06 P, EU:C:2008:295, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

387    Il principio di legalità dei reati e delle pene, pertanto, non può essere interpretato nel senso che vieti il graduale chiarimento, da una causa all’altra, delle norme sulla responsabilità penale da parte dell’interpretazione giurisprudenziale, a condizione che il risultato sia ragionevolmente prevedibile al momento della commissione dell’infrazione, alla luce in particolare dell’interpretazione vigente a quell’epoca nella giurisprudenza relativa alla disposizione legale in questione (v. sentenza del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

388    La portata della nozione di prevedibilità dipende in larga misura dal contenuto della norma in questione, dal settore interessato, nonché dal numero e dalla qualità dei suoi destinatari. La prevedibilità della legge non impedisce che l’interessato sia portato a ricorrere al parere di uno specialista al fine di valutare, in una misura ragionevole in base alle circostanze della causa, le conseguenze che possono risultare da un atto determinato. Ciò vale in particolare per i professionisti, abituati a dover dare prova di grande prudenza nello svolgimento del loro lavoro. Da questi ultimi ci si può inoltre attendere una cura particolare nel valutare i rischi che esso comporta (sentenza del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

389    Nel caso di specie, ai punti da 1656 a 1658 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ricordato tali elementi derivanti da detta giurisprudenza della Corte. Ai punti da 1659 a 1665 di tale sentenza, esso ha sottolineato, in sostanza, che, tenuto conto della portata del divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, la Servier non poteva ignorare che, retribuendo i produttori di medicinali generici affinché non entrassero nel mercato del Perindopril, essa adottava un comportamento vietato da tale disposizione. A questo proposito, occorre sottolineare che, per le ragioni esposte al punto 144 della presente sentenza, il carattere asseritamente inedito dell’approccio consistente nel qualificare come restrizioni della concorrenza per oggetto i comportamenti all’origine delle infrazioni riscontrate non è tale da rimettere in questione tale qualificazione.

390    Peraltro, come sottolineato dal Tribunale ai punti 1666 e 1667 della sentenza impugnata, la circostanza che gli accordi controversi e il loro contesto fossero complessi e avessero potuto suscitare talune difficoltà durante il procedimento amministrativo, giustificando così la lunghezza di tale procedimento e della decisione controversa, non è tale da rimettere in discussione il fatto che le imprese coinvolte non potevano ignorare la natura illecita di tali accordi. Infatti, come risulta da una lettura complessiva della sentenza impugnata, l’oggetto stesso di tali accordi consisteva nell’escludere dal mercato del Perindopril i potenziali concorrenti della Servier, ossia i produttori di medicinali generici mediante il versamento di pagamenti invertiti, mezzo estraneo al libero gioco della concorrenza.

391    Ciò premesso, la prima parte del settimo motivo deve essere respinta.

2.      Sulla seconda parte, relativa alla violazione del principio di proporzionalità

a)      Argomenti delle parti

392    Con la seconda parte del suo settimo motivo, la Servier censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto il suo motivo dedotto in primo grado, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità, con il quale essa contestava la fissazione dell’importo di base dell’ammenda per l’infrazione all’articolo 101 TFUE all’11% del valore delle sue vendite.

393    Il Tribunale avrebbe omesso di prendere in considerazione la natura complessa e nuova della situazione di cui trattasi, nonché diversi altri elementi contestuali che avrebbero giustificato una riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla Servier.

394    Escludendo, al punto 1797 della sentenza impugnata, la pertinenza delle decisioni giudiziarie che hanno riconosciuto la validità del brevetto 947, il Tribunale non avrebbe tenuto conto del contesto relativo al brevetto della causa. La Servier sarebbe stata paradossalmente sanzionata più pesantemente a causa del fatto che la sua tesi era stata accolta nella decisione dell’UEB del 27 luglio 2006, prolungando così la durata del procedimento relativo alla validità del brevetto 947. La Servier ritiene che essa non avrebbe dovuto essere sanzionata con una severità che sarebbe stata giustificata se tale brevetto fosse stato fittizio.

395    Al fine di valutare la gravità delle infrazioni, la Commissione si sarebbe basata, al punto 3130 della decisione controversa, sull’importanza delle quote di mercato detenute dalla Servier, che essa ha stimato in oltre il 90%. Il Tribunale avrebbe dichiarato, al punto 1602 della sentenza impugnata, che tale stima, basata su una falsa definizione del mercato rilevante, era errata. Il Tribunale avrebbe tuttavia omesso di trarre le conseguenze di tale errore sul calcolo dell’importo dell’ammenda. Esso si sarebbe limitato, al punto 1954 di tale sentenza, ad effettuare un rinvio alla lettura dei punti da 1948 a 1953 di detta sentenza, senza tuttavia indicare le ragioni per le quali esso non aveva ridotto tale importo. Così facendo, il Tribunale avrebbe violato il principio di proporzionalità nonché il suo obbligo di motivazione.

396    Il Tribunale avrebbe altresì omesso di prendere in considerazione il fatto che gli accordi controversi non erano segreti. Orbene, in altre cause, tale circostanza avrebbe indotto la Commissione ad applicare un coefficiente che riflettesse la gravità dell’infrazione inferiore a quello utilizzato nel caso di specie.

397    Oltre al fatto che tali accordi non hanno ritardato l’ingresso di medicinali generici nel mercato, la Servier osserva che essi non potevano essere considerati, al punto 1883 della sentenza impugnata, come costituenti una forma estrema di ripartizione del mercato e di limitazione della produzione. Una siffatta valutazione sarebbe in contraddizione con quella di cui al punto 1666 di tale sentenza, secondo cui detti accordi potevano non apparire come chiaramente illeciti.

398     La Commissione contesta tale argomentazione.

b)      Giudizio della Corte

399    Anzitutto, occorre respingere a priori l’argomento secondo cui il Tribunale avrebbe omesso di prendere in considerazione, ai fini della valutazione della gravità delle infrazioni, il loro carattere asseritamente inedito. A tal riguardo, occorre ricordare che, per le ragioni esposte al punto 144 della presente sentenza, tale circostanza non incide sulla qualificazione degli accordi in questione come restrizione della concorrenza per oggetto. Inoltre, come sottolineato al punto 390 della presente sentenza, l’oggetto stesso di tali accordi era quello di escludere i potenziali concorrenti della Servier dal mercato.

400    Inoltre, invocando l’importanza dei diritti conferiti dai brevetti al fine di contestare il punto 1797 della sentenza impugnata, la Servier si limita a ribadire che il Tribunale avrebbe omesso di prendere in considerazione il presunto riconoscimento, ad opera delle parti, della validità del brevetto 947. Orbene, il Tribunale non ha commesso errori di diritto confermando l’analisi della Commissione secondo cui gli accordi controversi avevano ad oggetto, oltre alla composizione delle controversie in materia di brevetti, l’esclusione di concorrenti dal mercato, il che costituisce una forma estrema di ripartizione del mercato e di limitazione della produzione.

401    Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla Servier, e alla luce dell’oggetto degli accordi controversi, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto dichiarando, ai punti da 1786 a 1791 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva potuto ritenere, ai fini del calcolo dell’importo delle ammende, che la Servier avesse commesso intenzionalmente violazioni dell’articolo 101 TFUE.

402    Per quanto riguarda la valutazione delle quote di mercato detenute dalla Servier, è giocoforza rilevare che il Tribunale non ha commesso errori di diritto né ha snaturato la decisione controversa quando ha constatato, al punto 1951 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva tenuto conto del fatto che la Servier aveva commesso varie infrazioni relative a uno stesso prodotto, nelle stesse zone geografiche e negli stessi periodi. Al fine di evitare di giungere a una sanzione sproporzionata, tale istituzione decideva di limitare, per ciascuna infrazione, la proporzione del valore delle vendite realizzate dalla Servier presa in considerazione per determinare l’importo di base dell’ammenda. Tale correzione ha portato ad una riduzione media del 54,5% del totale dei valori delle vendite presi in considerazione a titolo delle diverse infrazioni all’articolo 101 TFUE.

403    Tenuto conto di tali riduzioni, il Tribunale ha potuto ritenere, al punto 1954 della sentenza impugnata, che gli importi delle ammende non fossero sproporzionati, sebbene la Commissione avesse ritenuto che la Servier disponesse di quote di mercato molto elevate, sulla base di una definizione del mercato rilevante considerata inesatta dal Tribunale.

404    Per quanto riguarda l’affermazione della Servier secondo cui l’importo delle ammende avrebbe dovuto essere ridotto tenuto conto del fatto che gli accordi controversi non erano segreti e non avevano ritardato l’ingresso nel mercato delle versioni generiche del Perindopril, è sufficiente rilevare che la Servier chiede in realtà alla Corte di procedere a una nuova valutazione degli elementi della controversia in primo grado. Una siffatta domanda non rientra nella competenza della Corte nell’ambito del procedimento di impugnazione. Infatti, non spetta alla Corte, quando si pronuncia su questioni di diritto nell’ambito di un’impugnazione, sostituire, per motivi di equità, la sua valutazione a quella del Tribunale che, nell’esercizio della sua competenza giurisdizionale estesa al merito, statuisce sull’importo delle ammende inflitte alle imprese in seguito alla violazione, da parte loro, del diritto dell’Unione (sentenza del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione, C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punto 125 e giurisprudenza ivi citata).

405    Tenuto conto di tali elementi, occorre respingere la seconda parte del settimo motivo e, di conseguenza, il settimo motivo nel suo insieme.

G.      Conclusioni sull’impugnazione

406    Poiché la terza parte del quinto motivo è stata accolta, occorre, conformemente alle conclusioni della Servier, annullare il punto 5 del dispositivo della sentenza impugnata, nella parte in cui respinge le censure del motivo dedotto in primo grado dalla Servier, sollevato in subordine, concernente la durata dell’asserita infrazione e il calcolo dell’importo dell’ammenda per l’infrazione relativa all’accordo Lupin. L’impugnazione è respinta quanto al resto.

VII. Sul ricorso dinanzi al Tribunale

407    Ai sensi dell’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta.

408    Come risulta dal punto 891 della sentenza impugnata, nell’ambito del suo ricorso in primo grado, la Servier ha sviluppato, nell’ambito di un motivo dedotto in subordine, censure dirette a contestare la durata dell’infrazione relativa all’accordo Lupin, con la motivazione che la Commissione avrebbe dovuto, come aveva fatto per il mercato francese, concludere che tale infrazione era cessata in Belgio, nella Repubblica ceca, in Irlanda e in Ungheria alla data dell’ingresso della Sandoz in tali mercati.

409    Tali censure sono state oggetto di un dibattito in contraddittorio dinanzi al Tribunale e il loro esame non richiede l’adozione di alcuna misura supplementare di organizzazione del procedimento o di istruzione. La Corte ritiene che lo stato degli atti consenta di statuire sul ricorso nella causa T‑691/14 per quanto riguarda tali censure e che occorra statuire definitivamente su di esse.

410    Per le ragioni esposte ai punti da 369 a 378 della presente sentenza, deve essere dichiarata fondata la censura secondo cui il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto non avendo ritenuto contraddittoria la motivazione relativa alla fine dell’infrazione derivante dall’accordo Lupin sul mercato francese, da un lato, e sui mercati belga, ceco, irlandese e ungherese, dall’altro.

411    Di conseguenza, occorre annullare l’articolo 5 della decisione controversa, nella parte in cui prevede che l’infrazione relativa all’accordo Lupin sia cessata il 6 maggio 2009, per quanto riguarda il Belgio, la Repubblica ceca, l’Irlanda e l’Ungheria. Occorre altresì annullare l’articolo 7, paragrafo 5, lettera b), di tale decisione, nella parte in cui fissa l’importo dell’ammenda della Servier per la sua partecipazione all’accordo Lupin in EUR 37 102 100.

412    Avendo constatato l’illegittimità della decisione controversa, la Corte può, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, sostituire la propria valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda. Tale competenza è esercitata tenendo conto di tutte le circostanze di fatto (sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione, C‑580/12 P, EU:C:2014:2363, punto 78 e giurisprudenza ivi citata).

413    Tenuto conto del fatto che la legittimità dell’articolo 5 della decisione controversa non è stata contestata dinanzi al giudice dell’Unione nella parte in cui esso aveva accertato che l’infrazione risultante dall’accordo Lupin era cessata il 16 settembre 2008 in Francia, a causa dell’ingresso della Sandoz nel mercato di tale Stato membro in tale data, si deve constatare che tale dato di fatto è definitivamente acquisito. Ne consegue che la contraddizione di motivi della sentenza impugnata che induce la Corte ad annullare l’articolo 5 di tale decisione, nella parte in cui prevede che l’infrazione da esso constatata sia cessata il 6 maggio 2009 per quanto riguarda il Belgio, la Repubblica ceca, l’Irlanda e l’Ungheria, può essere corretta solo applicando lo stesso ragionamento adottato per quanto riguarda la Francia, ai fini della fissazione dell’importo dell’ammenda relativa all’infrazione risultante dall’accordo Lupin.

414    Si deve quindi ritenere, ai fini della fissazione dell’importo di tale ammenda, conformemente alle indicazioni risultanti dal punto 410 della decisione controversa, che l’infrazione relativa all’accordo Lupin sia cessata in Belgio nel luglio 2008, nella Repubblica ceca nel gennaio 2009, in Irlanda nel giugno 2008 e in Ungheria nel dicembre 2008.

415    Da tale constatazione risulta che la durata da prendere in considerazione ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda deve essere fissata in anni 1,4 per il Belgio, 1,9 per la Repubblica ceca, 1,3 per l’Irlanda, e 1,8 per l’Ungheria.

416    Nell’ambito del presente procedimento, la Servier ha sottoposto alla Corte un calcolo sotto forma di tabella, che riprendeva ciascuna delle fasi del metodo seguito dalla Commissione per fissare l’importo dell’ammenda per l’infrazione relativa all’accordo Lupin. Tale calcolo include i periodi di infrazione riveduti menzionati al punto precedente della presente sentenza e si basa sui dati forniti dalla Commissione nell’ambito del procedimento di primo grado. Detto calcolo porta a fissare l’importo così corretto di tale ammenda in EUR 34 745 100.

417    Poiché la Commissione non ha contestato tale importo né tale metodo di calcolo, che corrisponde peraltro al metodo che essa stessa aveva adottato nella decisione controversa, occorre, alla luce di tutte le circostanze di fatto e di diritto del caso di specie, fissare l’importo dell’ammenda inflitta alla Servier all’articolo 7, paragrafo 5, lettera b), della decisione controversa nella somma di EUR 34 745 100.

 Sulle spese

418    Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è accolta e la Corte statuisce definitivamente sulla controversia, la Corte statuisce sulle spese.

419    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

420    A termini dell’articolo 138, paragrafo 3, di detto regolamento, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, qualora ciò appaia giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, la Corte può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese della controparte.

421    Nel caso di specie, la Servier ha chiesto la condanna della Commissione alle spese relative al procedimento di impugnazione e quest’ultima è rimasta parzialmente soccombente in sede di impugnazione nonché, in parte, nelle sue conclusioni in primo grado.

422    Poiché l’impugnazione della Servier è parzialmente accolta, ciascuna parte deve essere condannata a sopportare le proprie spese relative sia al procedimento di primo grado sia a quello della presente impugnazione.

423    A norma dell’articolo 184, paragrafo 4, del regolamento di procedura, quando non abbia proposto essa stessa l’impugnazione, una parte interveniente in primo grado può essere condannata alle spese del procedimento di impugnazione solo se ha partecipato alla fase scritta od orale del procedimento dinanzi alla Corte. In tal caso, la Corte può decidere che le spese da essa sostenute restino a suo carico.

424    Poiché L’EFPIA ha partecipato al procedimento dinanzi alla Corte, occorre decidere, nelle circostanze del caso di specie, che essa sopporterà le proprie spese.

425    L’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento stabilisce che le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico.

426    Nel caso di specie, il Regno Unito sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il punto 5 del dispositivo della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 12 dicembre 2018, Servier e a./Commissione (T-691/14, EU:T:2018:922), è annullato, nella parte in cui respinge le censure del motivo in primo grado della Servier SAS, della Servier Laboratories Ltd e della Les Laboratoires Servier SAS, invocato in subordine relativo alla durata del periodo dell’infrazione e al calcolo dell’importo dell’ammenda per l’infrazione di cui all’articolo 5 della decisione C(2014) 4955 final della Commissione, del 9 luglio 2014, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 102 [TFUE] [caso AT.39612 – Perindopril (Servier)].

2)      L’articolo 5 della decisione C(2014) 4955 final è annullato, nella parte in cui prevede che l’infrazione che esso accerta è cessata il 6 maggio 2009 per quanto riguarda il Belgio, la Repubblica ceca, l’Irlanda e l’Ungheria.

3)      L’articolo 7, paragrafo 5, lettera b), della decisione C(2014) 4955 final è annullato, ove fissa l’importo dell’ammenda inflitta alla Servier SAS e alla Les Laboratoires Servier SAS, responsabili in solido, in EUR 37 102 100.

4)      L’importo dell’ammenda inflitta alla Servier SAS e alla Les Laboratoires Servier SAS, responsabili in solido, per l’infrazione accertata all’articolo 5 della decisione C(2014) 4955 final è fissato nella somma di EUR 34 745 100.

5)      L’impugnazione è respinta quanto al resto.

6)      La Servier SAS, la Servier Laboratories Ltd e la Les Laboratoires Servier SAS sopportano le proprie spese relative sia al procedimento in primo grado sia a quello di impugnazione.

7)      La Commissione europea sopporta le proprie spese relative sia al procedimento in primo grado sia a quello di impugnazione.

8)      La European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations (EFPIA) sopporta le proprie spese relative sia al procedimento in primo grado sia a quello di impugnazione.

9)      Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporta le proprie spese.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.

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